10 Dicembre 2024

Trust e imposta di donazione: una nuova territorialità?

di Ennio Vial
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Il D.Lgs. 139/2024 ha innovato la disciplina dell’imposta di successione e donazione, prevedendo delle specifiche disposizioni in tema di trust.

Come ormai noto, la novità di maggior rilievo è rappresentata dal fatto che il legislatore ha finalmente statuito che l’imposta di donazione proporzionale viene applicata, non nel passaggio dei beni dal disponente al trustee, bensì al momento del passaggio finale dei beni al beneficiario.

È inoltre noto che il legislatore ha previsto anche la possibilità, sia per i trust di nuova istituzione sia per quelli già esistenti, di optare per la tassazione anticipata, ossia per l’applicazione dell’imposta di successione/donazione al momento della disposizione dei beni dal disponente al trustee.

Le previsioni, sul punto, sono oltremodo scarne e, oltre ai doverosi chiarimenti che ci si attende dall’Amministrazione finanziaria, si confida nel fatto che molte previsioni di dettaglio siano contenute nel Provvedimento che dovrà essere emanato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate previsto dal comma 4, dell’articolo 4 bis, D.Lgs. 346/1990.

Tutto ciò premesso, si vuole in questa sede fare una riflessione sul requisito di territorialità dell’imposta che viene ora disciplinato espressamente al comma 2 bis, dell’articolo 2, D.Lgs. 346/1990.

Si deve ricordare che, ora come allora, l’imposta di successione e donazione trova applicazione in relazione ai beni ovunque detenuti (principio di tassazione su base mondiale), qualora il de cuius o il donante sia residente in Italia al momento del decesso o della donazione. Diversamente, nel caso in cui il de cuius o il donante siano residenti all’estero al momento della morte o donazione, l’imposta si applica esclusivamente sui beni situati in Italia.

Prima della novella, la norma non regolamentava il principio di territorialità in caso di trust. Se, da un lato, si poteva ragionevolmente ritenere che il soggetto da considerare fosse il disponente, dall’altro sussistevano diversi dubbi in merito al momento in cui si doveva giudicare la territorialità dei beni.

La questione era stata risolta in modo pragmatico e coerente dell’Agenzia delle entrate al punto 4.4.4 della circolare n. 34/E/2022 ove si legge che “i requisiti della territorialità individuati dall’articolo 2 del d.lgs. n. 346 del 1990, ovvero la residenza del disponente e la localizzazione dei beni apportati, devono essere verificati all’atto di apporto dei beni al trust, momento in cui si verifica l’effettivo “spossessamento” dei beni da parte del disponente per effetto della segregazione”.

La soluzione adottata dall’Amministrazione finanziaria, ossia quella di considerare il momento dispositivo dei beni, appare la più coerente e ragionevole. Tale momento, pertanto, dovrà essere valutato sia per giudicare la residenza del disponente sia per valutare la territorialità dei beni.

Come poc’anzi segnalato, la territorialità in caso di trust è normata dal nuovo comma 2 bis, dell’articolo 2, che, per comodità, riportiamo nella successiva tabella per comodità del lettore.

Nuovo comma 2 bis, articolo 2, D.Lgs. 346/1990
2-bis.    Per i trust e gli altri vincoli di destinazione, l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari, qualora il disponente sia residente nello Stato al momento della separazione patrimoniale. In caso di disponente non residente, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato trasferiti al beneficiario.

Qualora il disponente sia residente nel territorio dello Stato, l’imposta trova applicazione in relazione a tutti i beni e i diritti (Tassazione su base mondiale).

Il momento in cui viene valutata la residenza del disponente è quello della separazione patrimoniale. Si tratta di un’indicazione che non è scevra da profili di criticità in quanto, ad esempio, ci si può chiedere se, in ipotesi di trust autodichiarato, la creazione del vincolo determini una separazione patrimoniale o se questa giunga effettivamente solo in un secondo momento, quando i beni passano ad un trustee diverso dal disponente.

Il dubbio sorge anche dal fatto che l’approccio all’Amministrazione finanziaria enunciato nella circolare n. 34/E/2022 e mai rivisto, è quello secondo cui il trust interposto è tale anche ai fini dell’imposizione indiretta, per cui si giunge quasi a negare l’intestazione dei beni al trust, in quanto si afferma che, in caso di morte dell’interponente, i beni rientrano nel suo attivo ereditario.

Senza voler approfondire questi aspetti in questa sede, possiamo ritenere che, in linea generale, il momento della separazione patrimoniale sia il passaggio dei beni dal disponente al trustee.

Più complessa, invece, è la gestione del caso in cui il disponente sia non residente, in quanto in questa situazione si deve determinare non solo il momento di valutazione della residenza dello stesso (che ovviamente non può che essere il momento della separazione patrimoniale), ma si deve valutare anche quale sia il momento in cui si giudica la territorialità dei beni oggetto di trasferimento.

Come abbiamo avuto modo di illustrare in precedenza, la circolare n. 34/E/2022 aveva adottato la soluzione ragionevole di considerare, comunque, anche ai fini della territorialità dei beni il momento in cui il disponente vincola i beni in trust. Abbiamo già avuto modo di segnalare come l’impostazione risponda a esigenze di ragionevolezza.

Ebbene, la nuova norma non brilla per chiarezza.

Infatti, se da un lato (e non poteva essere diversamente) la stessa stabilisce che l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato, la stessa conclude con l’espressione “trasferiti al beneficiario”.

A questo punto, si aprono due possibili interpretazioni. Secondo una prima, il “trasferito al beneficiario” serve ad indicare che l’imposta si applica sui beni territorialmente rilevanti, ma solo limitatamente a quelli che sono trasferiti al beneficiario e non ad esempio in relazione ai beni che il disponente ha vincolato in trust, ma che sono stati utilizzati dal trustee per sostenere le spese di mantenimento del trust o per garantire il tenore di vita del disponente.

Diversamente, con una seconda impostazione alternativa si potrebbe interpretare l’espressione “beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato trasferiti al beneficiario”, come una indicazione del momento in cui la territorialità deve essere valutata, ossia il momento del trasferimento al beneficiario.

Questa impostazione, ad avviso di chi scrive, appare poco convincente, anche se non si esclude che la lettera della norma possa essere compatibile. Infatti, questa interpretazione si presta a facili abusi.

Ben potrebbe, infatti, accadere che un trustee, appurato che il disponente era non residente al momento della separazione patrimoniale, trasferisca (ove possibile) i beni trasferibili all’estero prima di assegnarli ai beneficiari, escludendo quindi la tassazione ai fini dell’imposta di successione donazione.