Interessi personali e presenza fisica nella circolare n. 20/E/2024
di Ennio VialA partire dal 2024, è stato riscritto il comma 2, dell’articolo 2, Tuir, recante la disciplina relativa alla residenza fiscale delle persone fisiche. Tra gli aspetti di maggior rilievo si ricorda:
- l’abbandono del criterio della iscrizione all’anagrafe, che degrada a mera presunzione superabile con la stessa normativa interna;
- la conferma del criterio della residenza ai sensi del codice civile;
- la declinazione del criterio del domicilio esclusivamente in relazione ai profili di tipo personale e non professionale;
- l’introduzione del criterio della presenza fisica.
La circolare n. 20/E/2024 offre alcuni chiarimenti che destano nel lettore alcune perplessità. Partiamo dal domicilio inteso come centro di interessi personali. Al punto 2.1.1 (Parte I) emergono:
- il rapporto di coniugio;
- il rapporto di unione civile;
- Le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità (qual è il caso delle coppie conviventi);
- la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente qualora risultino da elementi certi, come ad esempio, l’iscrizione ad un circolo sportivo o culturale.
La circolare n. 20/E/2024 sembra non attribuire rilevanza ai rapporti con eventuali genitori, figli o amici e sembra dare rilievo ad una valutazione individualista degli interessi personali del soggetto. In effetti i parenti te li trovi, mentre il coniuge e gli amici te li scegli.
Lascia perplessi, in prima battuta, il mancato riferimento ai figli. Invero, la lista deve intendersi come meramente indicativa e, infatti, i figli entrano in gioco in un discutibile esempio proposto a pag. 11 della citata circolare n. 20/E/2024. L’Ufficio propone l’esempio di un soggetto (Tizio) che mantiene contemporaneamente un’abitazione di proprietà sia in Italia sia nello stato Beta.
Nell’abitazione italiana vivono i figli di Tizio, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa situata nello Stato Beta vive l’attuale coniuge di Tizio.
Tizio lavora ordinariamente in Italia, ma si reca frequentemente in vari Paesi per motivi professionali, nonché nello Stato Beta durante i fine settimana e nei periodi di astensione dal lavoro.
L’Agenzia ipotizza che durante l’anno Tizio permane mediamente 145 giorni in Italia, 120 giorni nello Stato Beta e 100 giorni in altri Paesi.
In modo assolutamente condivisibile, l’Agenzia delle entrate osserva come nel caso prospettato non sia immediatamente individuabile lo Stato in cui si concentrano le relazioni personali e familiari di Tizio, relazioni che potrebbero essere equivalenti sia in Italia, dove si trovano i figli, sia all’estero dove si trova la moglie.
Tuttavia, in modo alquanto discutibile, la circolare n. 20/E/2024 risolve la questione affermando che, nel caso di specie, un utile criterio può essere individuato nel periodo di permanenza fisica sul territorio dello Stato. Nella fattispecie in esame, quindi, Tizio risulterebbe residente in Italia.
Dall’esempio proposto sembrerebbe, quindi, quasi intendersi che i legami affettivi assumono rilevanza in caso di presenza fisica.
Ebbene, fermo restando che le conclusioni dell’Agenzia non sono definitive, in quanto la stessa usa il condizionale, chi scrive ritiene che non si possa far coincidere il “luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari” con il luogo in cui il contribuente è fisicamente presente.
Ben potrebbe, infatti, accadere che Tizio nei 145 giorni in cui permane in Italia, viva sotto lo stesso tetto dei figli, ma che i rapporti con essi siano pressoché nulli (in quanto gli stessi conducono la loro vita) e Tizio, durante i citati 145 giorni, passi le serate al telefono con la moglie che vive all’estero.
Anche in tema di dimora abituale (residenza ai sensi del codice civile) le cose non migliorano. A pagina 8, infatti, l’Agenzia propone il caso della persona già fiscalmente residente in Italia che, nel 2024, dimora abitualmente nel nostro Stato fino al 29 febbraio, il 1° marzo si trasferisce in uno Stato estero ove dimora abitualmente fino al 29 agosto, per ritornare il 30 agosto alla propria dimora abituale italiana e permanervi fino alla fine dell’anno.
L’Agenzia osserva che tale persona, avendo avuto la propria dimora abituale in Italia per complessivi 184 giorni nel corso dell’anno – seppur non consecutivi – manterrà la residenza fiscale nel nostro Stato per il periodo d’imposta 2024.
La perplessità discende dal fatto che la dimora abituale può difficilmente computarsi a giorni. Approcciato in questo modo, il criterio sembra confondersi con quello della presenza fisica.
Visto che lo abbiamo menzionato, veniamo, infine, al criterio della presenza fisica. Anche in questo caso le preoccupazioni non mancano, in considerazione del fatto che la norma stabilisce che si considerano anche le frazioni di giorno. Ciò che ne esce è che molti soggetti saranno considerati residenti in Italia in base alla normativa interna.
Un primo pensiero va agli studenti che risiedono vicino al confine e frequentano una università italiana. Il superamento dei 183 giorni è assolutamente possibile. In questi casi, volendo a questo stadio di analisi limitarci al momento alla norma interna, il problema può essere risolto constatando che spesso si tratta di persone fisiche che non percepiscono redditi. La cosa, tuttavia, non è affatto scontata e si pone inoltre il problema di monitorare eventuali investimenti detenuti all’estero come, ad esempio, un conto corrente con qualche regalia ricevuta dai genitori.
Più seria, a mio avviso, è la posizione dei frontalieri esteri che lavorano in Italia. La nuova disciplina stride, ovviamente, con la stessa natura del regime fiscale dei frontalieri che – secondo la regola generale – dovrebbero essere assoggettati a tassazione soltanto nel Paese di residenza che noi abbiamo considerato sempre essere quello dove dormono con la famiglia. Ebbene, anche un contratto di lavoro part time in territorio nazionale potrebbe finire col rendere il frontaliere residente in Italia. La tassazione esclusiva nel Paese estero verrebbe di primo acchito sostituita con una tassazione esclusiva italiana. Il problema dovrà, in questo caso, essere risolto con le convenzioni.
Che dire poi di chi è presente fisicamente in Italia contro la propria volontà in quanto ricoverato in lunga degenza in una clinica o in un istituto di pena? E chi entra in Italia a piedi o in auto ogni giorno per bere un caffè o fare la pausa pranzo. E quelli che sorvolano il nostro Paese in aereo?
L’Ufficio propone il caso di un contribuente che giunge in Italia con un aereo che atterra alle ore 23:00 del giorno 1.7.2024 (anno bisestile) per restare ininterrottamente nel territorio dello Stato fino alle ore 01:00 del giorno 31.12.2024.
Ebbene, l’Agenzia afferma che poiché la presenza fisica si protrae per 184 giorni il contribuente sarà considerato fiscalmente residente in Italia per tutto l’anno.
Invero, poiché spetta all’Amministrazione finanziaria provare la presenza fisica per 184 giorni, questa dovrà altresì dimostrare che il contribuente non ha mai soggiornato integralmente all’estero per alcuni giorni.
Questi aspetti e molti altri verranno approfonditi nel percorso fiscalità internazionale in pratica 2025 programmato a partire dal prossimo mese di gennaio 2025.