18 Dicembre 2024

La nuova disciplina della cessione di quote professionali

di Luciano SorgatoPaolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Tra le numerose modifiche che vengono introdotte dal Decreto Ires/Irpef n. 192/2024 (entrata in vigore il 31.12.2024) alla disciplina del reddito da lavoro autonomo, vi è anche un passaggio dedicato alla disciplina fiscale della cessione di quote di società semplici professionali o associazioni professionali, cioè soggetti di cui all’articolo 5, comma 3, lettera. c), Tuir. Lo scenario normativo, che prima del Decreto Ires/Irpef era notevolmente frammentario, è oggetto di un intervento di modifica radicale che riguarda l’articolo 17, lett. g ter), Tuir. La norma citata prevede la possibilità di optare per la tassazione separata delle somme incassate a seguito di cessione della clientela o elementi immateriali da parte del professionista, laddove l’incasso di dette somme avvenga in unica soluzione.

A fianco di tale opzione, viene introdotta ex novo una seconda ipotesi di scelta, ossia la possibilità di optare per la tassazione separata, laddove venga ceduta la partecipazione in associazione professionale o società semplice, ma nel solo caso in cui il corrispettivo della cessione venga percepito, anche in più rate, nel medesimo periodo d’imposta. La norma nella versione del Correttivo in bozza citava, in modo ampio, società o enti riferibili alla attività artistica o professionale e, quindi, sembrava comprendere anche partecipazioni in società commerciali costituite nella forma di Stp (o altre società similari per l’esercizio dell’attività professionale come, ad esempio, le Sta per esercizio di attività forense). Invece, nella versione definitiva, vi è una precisazione importante: il ricorso alla tassazione separata è possibile solo per la cessione di partecipazioni in associazioni o società che producono reddito da lavoro autonomo, e da ciò si può concludere che, per la cessione di partecipazioni in società commerciali che svolgono attività da lavoro autonomo, ma producono reddito d’impresa, non sia possibile accedere alla scelta della tassazione separata, ma sia applicabile solo l’ordinario capital gain. Diversamente, nel caso di cessione di quota di società semplice o associazione resta da capire se, oltre al regime di tassazione separata, sia applicabile anche il capital gain.

Ciò in quanto nell’attuale articolo 67, lett c) e c bis, Tuir, è venuta meno l’esclusione prima prevista per le associazioni e società semplici professionali. Quindi, letteralmente il capital gain, dopo le modifiche del Correttivo, si applica alla cessione di quote di società, di cui all’articolo 5, comma 3, lett. c), Tuir, che comprendono anche le associazioni professionali e le società semplici professionali.

Il dubbio è lecito, poiché l’abrogazione avvenuta nell’articolo 67, Tuir, della esclusione sopra citata potrebbe essere letta come una modifica normativa di semplice coordinamento, conseguente all’inclusione nel reddito da lavoro autonomo (a tassazione separata) della cessione delle partecipazioni in questione, e ciò anche in relazione alla nuova omnicomprensività del reddito da lavoro autonomo. Se si propende per la tesi della omnicomprensività del reddito da lavoro autonomo, allora si concluderà che anche il corrispettivo per la cessione di quota rientra nel reddito da lavoro autonomo (quando non si opti per la tassazione separata sia per scelta, sia per impossibilità, basti pensare al corrispettivo incassato in più anni).

Ora, fermo restando che dagli atti accompagnatori del Decreto (Relazione Illustrativa e Analisi tecnica delle modifiche), appare chiara la volontà di ricomprendere nel reddito da lavoro autonomo il corrispettivo per la cessione di quote di società semplici ed associazioni professionali, occorre segnalare le incongruenze che, a parere di chi scrive, si generano con questa scelta normativa.  Anzitutto, vi è un primo argomento di carattere strettamente giuridico :  cedendo una quota di partecipazione in società viene incassata una somma che è strettamente correlata al titolo (partecipazione in società), quindi ad un bene immateriale detenuto da un certo soggetto; ebbene, quest’ultimo,  cedendo la partecipazione, cede una serie di diritti e di doveri correlati intrinsecamente al titolo stesso e come tali produttivi di un reddito che ha più le sembianze di un realizzo patrimoniale (quindi finanziario da capital gain) che di un reddito professionale.

Tutto ciò specie nella ipotesi di cessione di quote di SS Stp eseguita da socio non professionista. Inoltre, inserendo le somme in questione nel reddito da lavoro autonomo ordinario (pensiamo sempre all’ipotesi di un incasso diluito in più anni che rende impossibile la tassazione separata) avremmo un reddito pari al corrispettivo lordo; conclusione che sembra del tutto irrazionale, specie per un cedente che ha acquistato la quota a titolo oneroso, per il quale sarebbe lecito attendersi una tassazione sul differenziale costo/prezzo di cessione e non una tassazione sulla somma integrale. Va sottolineato che non è prevista una disciplina transitoria che in qualche modo tuteli chi ha acquistato la partecipazione in tempi recenti e questo aspetto, se si aggiungono le incertezze sul fronte della decorrenza della nuova disposizione, delinea un quadro generale non molto razionale.

Inoltre, se bisogna  considerare compreso nel reddito da lavoro autonomo il corrispettivo per la cessione della quota, occorre, poi,  accettare che  per chi acquista la quota il costo è spesabile e deducibile per cassa, il che creerebbe una iniqua differenza con l’ipotesi di acquisto dello studio professionale che nella versione finale del correttivo può essere dedotto solo in 5 anni, a meno di non considerare deducibile in 5 anni anche l’acquisto della quota, il che, però, non appare scritto da nessuna parte.

Infine, va sottolineato che il reddito professionale, nel caso di attività condotta da uno Studio associato (società semplice) è prodotto dalla società ed assegnato per trasparenza ai soci. Se un socio privo di partita Iva cede la quota, come potrà dichiarare un proprio reddito professionale non avendo titolo per compilare il quadro RE ( sempre nella ipotesi di impossibile ricorso alla tassazione separata) e non potendo comparire nel quadro RH per reddito assegnati dalla società , dato che egli potrebbe non essere più socio al fine esercizio ? ed Anche se fosse socio la società dovrebbe attribuirgli un reddito “ speciale” e diverso da quello che a lui deriverebbe dalla quota di partecipazione residua, il che appare veramente strano. Per tacere della posizione di chi acquista la quota e che vede attribuito dalla società un quadro RH che dovrà essere integrato per inserire il costo (o la quota annuale dello stesso), a meno di non considerare il costo come deducibile dalla società, il che costituirebbe un assurdo giuridico, cioè un soggetto societario che deduce il costo di acquisto “di azioni proprie” con un esborso finanziario eseguito dal socio e non dalla stessa società.

Uno scenario veramente poco razionale che sarebbe risolto considerando che la cessione delle quote professionali come un reddito “diverso” da capital gain; ipotesi, dal punto di vista strettamente letterale, tutt’altro che fuori luogo. Del resto, il principio di omnicomprensività si applica anche nel reddito d’impresa, ma ciò non toglie che cedendo una partecipazione in una snc, il reddito ritratto tenga conto del fatto che è ceduto un titolo e, quindi, viene ricondotto alla tassazione da capital gain. Un simile approccio dovrebbe essere statuito anche per la cessione di quote di società semplici, per cui è auspicabile (anche se ahimè poco probabile) un ripensamento del legislatore.