Nell’anno 2016, la holding ha sostenuto spese considerevoli, tra cui investimenti a lungo termine, che hanno superato i ricavi derivanti dall’attività di gestione delle controllate.
La holding ha detratto integralmente l’Iva assolta a monte, mentre le controllate hanno esercitato la detrazione in misura ridotta, in base al pro rata.
Nella misura in cui il prezzo di acquisto e il prezzo di rivendita di servizi sono identici, la transazione è neutrale ai fini dell’Iva all’interno del gruppo. Se, invece, il prezzo di rivendita addebitato alle controllate è inferiore al prezzo di acquisto pagato dalla holding, il gruppo beneficia di un vantaggio Iva.
Le Autorità fiscali hanno preteso dalla holding il versamento della maggiore imposta, calcolata assumendo, come base imponibile delle prestazioni rese alle controllate, l’articolo 80, § 1, lettera a), Direttiva 2006/112/CE, secondo cui, allo scopo di prevenire l’elusione o l’evasione fiscale, gli Stati membri possono prevedere che, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi infragruppo, la base imponibile è pari al valore normale, se il corrispettivo è inferiore al valore normale e il cessionario/committente non ha interamente diritto alla detrazione.
La fattispecie descritta rientra senza dubbio nell’ambito applicativo della norma in esame, ma le Autorità fiscali hanno ritenuto che il valore normale, come definito dall’articolo 72, Direttiva 2006/112/CE, deve essere determinato in funzione del prezzo di costo della holding e che, siccome quest’ultima ha integralmente detratto l’Iva sui costi sostenuti, la base imponibile delle prestazioni rese alle controllate sia pari all’importo totale degli acquisti della holding.
La questione sollevata dal giudice del rinvio è, quindi, relativa alla possibilità di ritenere che tutte le spese sostenute dalla holding siano incluse nel calcolo del valore normale, nel presupposto, in particolare, che i servizi di gestione resi alle controllate configurino un servizio unico il cui valore normale non può essere determinato in base all’articolo 72, Direttiva 2006/112/CE.
Ad avviso dell’avvocato UE, la holding, nel caso di specie, non ha fornito un singolo (unico) servizio, ma più servizi di natura diversa, che devono essere valutati separatamente anche se le controllate hanno pagato un unico corrispettivo.
Riguardo alla determinazione del valore normale, per tale s’intende, secondo il comma 1, dell’articolo 72, Direttiva 2006/112/CE, l’intero importo che il cessionario/committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione o la prestazione, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente/prestatore indipendente nel territorio dello Stato membro in cui l’operazione è imponibile per ottenere i beni o servizi in questione al momento della cessione o prestazione.
Ne discende che il fattore determinante per l’applicazione di questo criterio è dato dalla possibilità di accertare una cessione o prestazione comparabile a quella presa in considerazione.
Infatti, è solo in caso contrario che il valore normale deve essere determinato in base al secondo comma del citato articolo 72, Direttiva 2006/112/CE, ossia assumendo, nella specifica ipotesi delle prestazioni di servizi, un importo non inferiore alle spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione del servizio.
Alla luce delle considerazioni che precedono, secondo l’avvocato UE, spetta al giudice del rinvio stabilire se i prezzi di confronto per i servizi resi dalla holding possano essere accertati sul libero mercato e, in caso affermativo, il loro rispettivo importo.
In ogni caso, dato che i servizi forniti dalla holding devono essere valutati separatamente, sembra probabile che i prezzi di confronto possano essere accertati.
Nella misura in cui la holding ha acquistato i servizi forniti alle controllate da terze parti indipendenti, non vi è alcuna prova apparente che induca a ritenere che il corrispettivo pagato dalla holding non debba essere considerato un prezzo di confronto. Si presume, infatti, che il prezzo pagato tra terze parti che trattano a condizioni di libera concorrenza corrisponda al valore di mercato.
In subordine, nel caso in cui la Corte di Giustizia UE ritenesse che i servizi resi dalla holding costituiscano un insieme indivisibile di servizi per i quali non esiste un prezzo di confronto, si pone la questione se il valore normale sia pari all’importo totale degli acquisti effettuati dalla holding.
In base all’analisi compiuta dall’avvocato UE, per determinare il valore normale devono essere prese in considerazione solo le spese soggette a Iva, da imputate ai rispettivi servizi resi alle controllate. Di conseguenza, i costi per i beni strumentali possono, al massimo, essere assunti per la quota-parte imputabile all’anno in cui sono sostenuti.