Il Supremo Collegio già in passato aveva ritenuto che l’avviso di presa in carico rientrasse tra gli atti amministrativi privi di valenza procedimentale, in quanto carenti di forza cogente e unilateralmente modificativa della situazione giuridica del destinatario (si veda sentenza Cassazione n. 21254/2023).
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 6589/2025, ha risolto il dubbio sull’impugnabilità dell’avviso di presa in carico, chiarendo che lo stesso è reclamabile dinanzi alla Giurisdizione Tributaria “quando costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene messo al corrente del debito tributario perché il Fisco ha omesso di notificare l’avviso di accertamento immediatamente esecutivo”.
Più nel dettaglio, il Supremo Collegio ha dato atto che, in relazione all’impugnabilità dell’avviso di presa in carico, si registrano due orientamenti interpretativi antitetici; il primo – più formalistico – che ritiene l’avviso di presa in carico non contestabile dinanzi al Giudice Tributario, in quanto non ricompreso tra gli atti impugnabili indicati nell’articolo 19, D.Lgs. 546/1992; il secondo orientamento ermeneutico, invece, opposto al precedente ed ancorato ad un criterio maggiormente sostanzialistico, ritiene che i predetti atti debbano essere considerati autonomamente impugnabili dinanzi alla Giurisdizione tributaria, in quanto gli stessi non avrebbero solo un contenuto informativo, ma anche una funzione contestativa e sollecitatoria paragonabile sul piano sostanziale ad una intimazione di pagamento.
I Giudici di legittimità, nel risolvere la questione posta al loro esame, hanno adottato un’interpretazione intermedia tra le due descritte, ritenendo che l’avviso di presa in carico non sarebbe impugnabile in sé, ma esclusivamente nel caso di mancata notifica dell’atto presupposto e nell’ipotesi di vizi propri; richiamando un precedente arresto (sopra citato) hanno riaffermato che “in tema di giustizia tributaria, possono essere oggetto di ricorso gli atti iscritti nell’elenco di cui all’art. 19 DLgs. n. 546 del 1992 e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive del contribuente, modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori; non possono, invece, essere oggetto di ricorso gli atti privi della predetta natura, sebbene promananti dall’amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione o da organismi a questi ancillari, salvo che costituiscano la prima comunicazione di esistenza di un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, di non aver avuto notizia”.
Nel caso esaminato, la Suprema Corte ha, tuttavia, ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente, poiché l’azione non poteva essere iniziata ai sensi dell’articolo 382, comma 3, c.p.c., in quanto dagli atti di causa risultava provato che il contribuente avesse regolarmente ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento presupposto dell’avviso di presa in carico impugnato; per l’effetto, la Corte non ha riconosciuto all’avviso di presa in carico un’autonoma impugnabilità dinanzi alla Giurisdizione tributaria, avendo avuto esclusivamente una funzione comunicativa e ricognitiva di un debito ben conosciuto dal contribuente.
I Supremi Giudici, in via incidentale, hanno ribadito un secondo importante principio processuale, ricordando che l’omessa pronuncia su una questione puramente processuale non integra il caso di nullità della sentenza deducibile in Cassazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c., vedendosi configurata questa fattispecie soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma non, quindi, di quelle strettamente processuali (si veda ordinanza Cassazione n. 26913/2024).