Rassegna di giurisprudenza tributaria sulle associazioni sportive
di Guido MartinelliI molteplici accertamenti avvenuti negli ultimi anni da parte della Agenzia delle entrate a carico delle associazioni e società sportive dilettantistiche hanno provocato un rilevante aumento delle decisioni delle commissione tributarie. Analizziamone alcune, tra le più recenti, di secondo grado.
La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con propria sentenza n. 1173 del 11.05.2016, assunta dalla sez. XIII, affronta un interessante questione relativa alla deducibilità dei costi di sponsorizzazione di una squadra di pallavolo da parte di uno studio professionale (commercialista).
In primo grado il ricorso del contribuente era stato accolto; tuttavia, l’Agenzia aveva presentato appello dolendosi, in particolare, dell’assenza di prova della correlazione tra costo della sponsorizzazione e ricavi.
Il Giudicante ha respinto, sul punto, l’appello della Agenzia ritenendo che: “la sponsorizzazione che sotto il profilo concernente lo sponsorizzato si concreta nella commercializzazione del nome e della immagine personale del soggetto, si traduce, al contempo, per lo sponsor, in una forma di pubblicità indiretta, consistente nella promozione del marchio o del prodotto che si intende lanciare sul mercato. È di chiara evidenza che la pubblicizzazione si traduce innegabilmente in un potenziale vantaggi economico diretto per il soggetto sponsorizzante, potendone derivare in conseguenza un incremento della propria attività. E, in tale prospettiva va tenuto altresì conto ai fini tributari, del fatto che la deducibilità di un costo dal reddito non postula che esso sia stato necessariamente sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di reddito essendo sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all’attività professionale in quanto tale, ossia che tale costo sia stato sostenuto al fine di svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili”.
Va segnalata, poi, la decisione della Commissione Tributaria Regionale Veneto, sex. XXIV, n. 470 del 06.04.2016, la quale, pur respingendo il ricorso della associazione sportiva, già soccombente anche in primo grado, contrariamente ad un recente orientamento della giurisprudenza di Cassazione, di cui si è già data notizia (https://www.ecnews.it/fisco-lavoro/no-scorporo-iva-proventi-istituzionali-riqualificati), ha riconosciuto al contribuente, a cui era stata disconosciuta la detassazione in assenza di riconoscimento come associazione sportiva, il diritto allo scorporo dell’Iva dagli incassi lordi accertati.
Gli elementi su cui si è fondata la decisione negativa sul riconoscimento come sportiva dell’attività svolta appaiono essere i consueti: la gestione riconducibile esclusivamente ad una coppia di coniugi, la mancata democraticità nella gestione della associazione (per irregolare tenuta dei verbali e sulla base dei questionari inviati agli utilizzatori dei servizi sportivi), il mancato svolgimento di una attività agonistica.
In un altro caso, la stessa sezione della CTR Veneto, con propria decisione n. 480 del 13.04.2016, invece, “bacchetta” l’Agenzia condannandola anche a 4.000 euro di spese di giudizio. Analoga la materia del contendere: decadenza dal regime fiscale previsto per le associazioni sportive dilettantistiche. In primo grado, su ricorso del contribuente viene confermato l’accertamento effettuato dalla Agenzia, ricorso che la sportiva ripresenta in secondo grado.
Il Giudicante di appello, dopo aver constatato che il ricorrente “risulta affiliato al Coni che ne ha riconosciuto e certificato il possesso dei requisiti di associazione sportiva dilettantistica”, presupposto per poter applicare la legge 398/1991, ritiene irrilevante la tesi dell’Ufficio che evidenzia la scarsa partecipazione alla vita associativa, la “non conoscenza” dello statuto, la mancata spendita, in alcune fatture, della natura di associazione sportiva.
Il Collegio ha valutato che andava prioritariamente definito se l’associazione potesse definirsi come sportiva dilettantistica; verificato la conformità dello statuto e la regolare iscrizione al registro Coni.
“Ciò che appare rilevante al fine di definire se l’associazione possa avvalersi del regime fiscale è la natura sportiva e senza fini di lucro dell’attività svolta, elemento questo che deve presumersi in conseguenza della affiliazione al Coni e l’assenza di cause che possano determinarne la decadenza”. Non essendo quindi stata data prova circa l’esistenza di attività commerciali da parte della associazione, la commissione ha riformato la sentenza di primo grado annullando gli avvisi così impugnati.