Limiti alla tassazione delle attività agricole per connessione
di Luigi ScappiniSi avvicina la scadenza per il versamento delle imposte relative ai redditi prodotti nel corso del periodo 2015 e, in alcuni casi, si possono porre alcuni dubbi interpretativi su quale sia la corretta disciplina fiscale da applicare, soprattutto quando ci troviamo di fronte a fattispecie reddituali particolari, quali possono essere, ad esempio, quelle che si originano dall’esercizio delle attività agricole.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8128/2016, offre lo spunto per analizzare la corretta tassazione per le attività connesse.
In particolare la Suprema Corte giunge alla conclusione, condivisibile, per cui la produzione di beni ottenuti da una seconda lavorazione, se non sono ricompresi tra quelli di cui al decreto ministeriale emanato con cadenza biennale come previsto dall’articolo 32, Tuir, si considerano produttivi di un reddito di impresa determinato analiticamente quale contrapposizione costi-ricavi, non potendo confluire nell’articolo 56-bis¸Tuir.
In sede di analisi è necessario tenere sempre in considerazione la natura delle attività connesse, che rivestono sempre e comunque natura commerciale a prescindere da chi le esercita, e la ratio che nella pratica operativa ha portato il Legislatore a introdurre una fictio iuris per cui, nel momento in cui queste attività vengono esercitare da un imprenditore agricolo nel rispetto del parametro della prevalenza, determinata in termini quantitativi, assumono la natura agricola con, sul piano tributario, il riconoscimento di un regime impositivo di favore.
Il trattamento di favore viene concesso in quanto le attività connesse devono rappresentare una forma di supporto alle attività principali (coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali) esercitate dall’imprenditore.
Con la riforma del 2001, che ha portato alla riscrittura integrale dell’articolo 2135, cod. civ., si è assistito a un’evoluzione in chiave più moderna del nostro imprenditore che adesso non è visto più come un soggetto dedito esclusivamente a un’attività che preveda l’utilizzo del fondo, ma un imprenditore dinamico che svolge un ciclo biologico o parte rilevante di esso, nonché attività quali le prestazioni di servizi, l’accoglienza e l’erogazione di pasti.
In connessione con tale evoluzione, si è assistito a un allargamento delle attività connesse di prodotto, ossia quelle di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione e commercializzazione di beni, per le quali viene riconosciuto un regime fiscale di assoluto vantaggio in quanto la loro redditualità si considera inglobata in quella dell’attività principale.
Di tale ampliamento ne è testimonianza da ultimo il D.M. 13 febbraio 2015 con cui vengono individuati quali sono le attività che consentono tale regime di favore e quindi la possibilità di dichiarare il solo reddito agrario ai sensi dell’articolo 32, Tuir.
Attenzione che il D.M. comprende prodotti di prima come di seconda lavorazione (ad esempio pane e pasta che si ottengono utilizzando il grano e la farina) con la precisazione che questi ultimi rappresentano una indubbia eccezione, di talché, come affermato nella sentenza n. 8128/2016 richiamata, ove non ricompresi in tale elenco, rimangono spogliati della fictio iuris e svelano la loro reale natura commerciale con conseguente produzione di un reddito di impresa.
Queste affermazioni portano quindi ad affermare come, nel momento in cui le seconde lavorazioni non siano contemplate nella deroga di cui al D.M., non possono nemmeno confluire tra quelle di cui all’articolo 56-bis, comma 2 Tuir e quindi ricevere una tassazione tramite applicazione, al volume delle vendite, di un coefficiente reddituale in misura pari al 15%.
Se così non fosse si andrebbe a perdere il carattere della peculiarità della connessione e si allargherebbe, perdendone il controllo, a dismisura il perimetro applicativo delle norme agevolative che, si ricorda ancora, sono state introdotte dal Legislatore per rappresentare una fonte alternativa concessa all’imprenditore agricolo.
Ecco che allora, in conclusione, per quanto attiene le attività connesse di prodotto, è possibile delineare il seguente quadro di sintesi:
- reddito agrario per le attività connesse di cui all’articolo 32, comma 2, lettera c), Tuir che rispettano il requisito dell’unisoggettività e della prevalenza e che sono ricomprese nel D.M. di emanazione biennale;
- reddito di impresa determinato forfettariamente ai sensi dell’articolo 56-bis, comma 2, Tuir per le attività connesse di prima lavorazione e
- reddito di impresa determinato quale contrapposizione costi-ricavi per tutte le attività di seconda lavorazione, non ricomprese nel D.M. previsto dall’articolo 32, Tuir.
A chiusura si precisa come, l’Agenzia delle entrate, riprendendo quanto affermato nella Relazione di accompagnamento al D.M. 19 marzo 2004, nella circolare n. 44/E/2004, ha correttamente evidenziato come l’accesso alla tassazione secondo le regole di cui all’articolo 32 Tuir, presuppone obbligatoriamente l’esercizio di almeno una fase consistente nella manipolazione o nella trasformazione dei prodotti.
Si ricorda, inoltre, come si abbia manipolazione tutte le volte in cui il prodotto, al termine della lavorazione ha mantenuto le caratteristiche organolettiche di partenza, mentre si è in presenza di una trasformazione quando al termine le caratteristiche sono cambiate.
Quest’ultimo è il caso, ad esempio, della trasformazione del latte in formaggio, delle olive in olio e dell’uva in vino.