Niente plusvalenze per le cessioni post-trasformazione agevolata
di Fabrizio G. PoggianiConfermata l’assenza di materia imponibile (plusvalenza) per la cessione dei beni, destinatari della disciplina agevolata, in pancia alla società commerciale trasformata in società semplice. Ma attenzione alle caratteristiche di questa società personale, ai plusvalori latenti dei beni non agevolati, alla presenza di riserve in sospensione e, soprattutto, alla necessaria tassazione delle riserve che si sono formate nel corso della gestione in regime d’impresa.
La circolare 26/E dello scorso 1° giugno dell’Agenzia delle entrate è intervenuta sulle novità introdotte dalla Stabilità 2016 e, in particolare, su quelle inerenti l’assegnazione (o cessione) e trasformazione agevolata, di cui ai commi da 115 a 120 dell’articolo 1 (legge 208/2015).
Nel paragrafo dedicato alla trasformazione (capitolo III), l’Agenzia delle entrate ha, come anticipato, confermato che la trasformazione è possibile esclusivamente per le società che hanno, per oggetto esclusivo o principale, la gestione dei beni “assegnabili” (immobili o mobili registrati), dovendo intendere tale quella essenziale per realizzare gli scopi indicati dalla legge e/o dallo statuto sociale.
Il documento di prassi nulla dice su quando tale oggetto sociale deve essere presente, confermando le indicazioni già fornite dalla dottrina, che ritengono possibile la presenza di tale attività anche pochi minuti prima della stipula dell’atto di assegnazione agevolata; la circolare conferma che il regime agevolativo è applicabile anche per le società che gestiscono “terreni agricoli” o nei casi in cui la società risulti titolare di un diritto reale, ancorché parziale, sui beni (nuda proprietà, diritto di abitazione, usufrutto e quant’altro).
Stante il fatto che la norma ha, quale obiettivo prioritario, la circolazione degli immobili che possono essere così immessi nuovamente sul mercato, l’Agenzia delle entrate conferma che “ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’articolo 67, comma 1, lett. b) del T.U.I.R., che prevede l’imponibilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti da non più di cinque anni, l’operazione di trasformazione in società semplice non interrompe il termine di decorrenza del quinquennio”.
Ciò sta semplicemente a significare che se il bene è detenuto da sei anni dalla società trasformanda e viene, nell’immediatezza (qualche giorno dopo) della trasformazione, ceduto, non emerge alcuna base imponibile, giacché la società semplice “eredita” il periodo di possesso della società in regime d’impresa.
La situazione, però, non può essere solo analizzata limitatamente a questa positiva indicazione, ma anche in relazione ad altri effetti che la trasformazione si porta dietro.
Preliminarmente, si ricorda che la società semplice è una società che non può essere destinata all’esercizio di attività commerciali o artigianali o industriali ma soltanto ad attività di diversa natura (la gestione immobiliare, limitatamente al mantenimento dei beni e all’incasso delle locazioni e/o le attività agricole, di cui all’articolo 2135 cod. civ.); inoltre, essa non gode di una propria autonomia patrimoniale, nemmeno “imperfetta”, giacché per le obbligazioni sociali rispondono direttamente i soci senza che il creditore sociale debba tener conto della capienza del patrimonio sociale, fatto salvo il caso dell’esternazione dell’assenza della rappresentanza per alcuni soci (responsabilità limitata), con iscrizione nel Registro delle imprese.
Occorre poi considerare che, come indicato nel documento di prassi, ai fini tributari, “non” possono godere dell’agevolazione i beni che non possiedono le caratteristiche di quelli agevolati, con la conseguenza che se emergono dei “plusvalori” latenti, gli stessi devono essere tassati in ossequio alle disposizioni contenute negli articoli 85 (ricavi), comma 2, e 86 (plusvalenze patrimoniali), comma 1, lettera c), del TUIR utilizzando il cosiddetto “valore normale”, per “destinazione dei beni a finalità estranee dall’esercizio d’impresa” (Agenzia delle entrate, circolare n. 27/E/2007).
In terzo luogo, posto ancora il dubbio, non sedato dalla circolare, sul trattamento delle riserve in sospensione, le Entrate hanno precisato in modo inequivocabile che, con particolare riferimento alle riserve presenti alla data di trasformazione, le stesse devono essere imputate ai soci (ovverosia devono essere considerate come distribuite) nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione, mutuando le disposizioni contenute nella lettera b), comma 4, dell’articolo 170 del Tuir che contempla il caso della trasformazione “regressiva” (tra una società di capitali e una società di persone).
Di conseguenza, non essendo molto chiara la precisazione, si potrebbe ritenere che le riserve non devono mai essere tassate se la trasformazione avviene da società personale (snc e sas) in società semplice, mentre dovrebbero essere tassate, senza alcuna possibilità di ottenere una “sospensione”, e, peraltro, per l’intero ammontare (100%), in luogo del 40% (o del 49,72%), in caso di trasformazione “regressiva” da una società di capitali a una società semplice.
Infine, non essendo presente alcuna agevolazione ai fini dell’applicazione dell’Iva, la seconda parte del capitolo dedicato alla trasformazione, della circolare in commento, si limita a confermare che l’operazione ne “realizza” il presupposto oggettivo, se la società ha detratto il tributo all’atto di acquisto dei beni assegnati, con il necessario assoggettamento alle regole sull’”autoconsumo”, sempre per gli effetti derivanti della destinazione dei beni a finalità estranee dall’esercizio dell’impresa commerciale, utilizzando il “valore normale”, di cui alla lett. c), comma 2, articolo 13, D.P.R. 633/1972, e tenendo anche conto della procedura inerente alla rettifica della detrazione, di cui all’articolo 19-bis2 del medesimo decreto.