Attività “preparatorie” e “ausiliarie”: una definizione in cambiamento
di Fabio LanduzziIn un precedente articolo abbiamo svolto alcuni commenti riguardo ai contenuti del Final Report dell’Action 7 del Beps (Base Erosion and Profit Shifting) pubblicato dall’Ocse il quale, come anticipato, propone diverse modifiche alla definizione di “stabile organizzazione” di cui all’articolo 5 del Modello di Convenzione Ocse contro le doppie imposizioni. Abbiamo detto che la ratio di questo intervento risiede nella avvertita necessità di aggiornare la definizione di stabile organizzazione e che questo approccio ha coinvolto anche la definizione di attività “preparatorie” e “ausiliarie” che, come sappiamo, riveste un’importanza assai rilevante poiché le attività così caratterizzate non integrano l’esistenza di una stabile organizzazione.
Nel Tuir, il comma 4 dell’articolo 162, contiene ben sei lettere i cui contenuti esemplificano attività che non determinano l’incorporazione di una stabile organizzazione; tuttavia, non è del tutto chiaro se tali attività siano automaticamente escluse dall’integrazione della stabile organizzazione, tesi che sarebbe da preferire, oppure se anche per esse si debba verificare di volta in volta la sussistenza del carattere “ausiliario” o “preparatorio”.
Il documento pubblicato dall’Ocse interviene su questo punto mediante una modifica dell’articolo 5 del Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni, e lo fa inserendo nel testo della norma una disposizione di chiusura la quale afferma nella sostanza che le attività indicate al paragrafo 4 dell’articolo 5, per poter escludere l’integrazione di una stabile organizzazione, devono avere un carattere “preparatorio” o “ausiliario”.
Cosa significa questo cambiamento? In dottrina, si è osservato che si passa da un approccio con cui la sottrazione dalla stabile organizzazione era automatica, per i casi elencati nel disposto normativo, ad un approccio per così dire “casistico”, dove la valutazione dovrà essere svolta caso per caso, e dove quindi l’elenco contenuto al citato paragrafo 4 conserva una portata più esemplificativa che altro.
È quindi evidente che per le imprese multinazionali si pone la questione di verificare, appunto caso per caso, se il modello organizzativo adottato in modo particolare per il funzionamento della propria supply chain, conserva i caratteri preparatori o ausiliari, oppure se invece esso rappresenta una parte essenziale del business della società estera svolto in un altro Stato.
Ciò che dovrebbe connotare il carattere “preparatorio” di un’attività dovrebbe essere il fatto che essa “precede” il core business ed è di durata breve.
Ciò che dovrebbe connotare il carattere “ausiliario” di un’attività dovrebbe essere il fatto che essa funge da supporto del core business di cui non è parte essenziale; quindi, un’attività ausiliaria, secondo l’Ocse, non dovrebbe richiede l’impiego di beni e di risorse consistenti.
Un ulteriore intervento rilevante compiuto dall’Ocse in materia di definizione di stabile organizzazione, riguarda anche la cd. “anti fragmentation rule”. Il significato di questo intervento è diretto a fare sì che nel valutare il carattere preparatorio e ausiliario dell’attività vengano considerate anche le attività che sono svolte dalle altre imprese dello stesso gruppo. In altri termini, la modifica inserita all’articolo 5, fa sì che non possa invocarsi l’esclusione da stabile organizzazione per via dell’assunto carattere ausiliario o preparatorio dell’attività svolta dall’impresa, quando altre imprese del medesimo gruppo svolgono altre attività o nello stesso spazio o comunque nello stesso Stato; la combinazione delle attività svolte può quindi comportare il superamento del carattere preparatorio o ausiliario, qualora le attività svolte siano comunque funzioni complementari e parti di una operazione unitaria.