23 Maggio 2016

Nella voluntary disclosure la trattazione dell’istanza segue il rischio

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nella recente circolare 16/E/2016 l’Amministrazione finanziaria afferma la necessità di procedere con tempestività alla trattazione delle istanze relative alla voluntary disclosure. Tale esame deve essere svolto utilizzando soluzioni organizzative e gestionali affinché la stessa abbia termine entro il 30 settembre 2016 e affinché le posizioni relative a tutte le annualità siano perfezionate entro il 31 dicembre 2016. Si noti che quest’ultimo è il termine fissato, a pena di decadenza per l’emissione degli atti di accertamento e di contestazione, dal decreto legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187. All’interno della circolare citata si fa riferimento alla direttiva protocollo n. 36709 del 9 marzo 2016, la quale, oltre a promuovere la tempestività, si esprime in ordine ad un miglioramento qualitativo dell’attività di prevenzione e contrasto. Proprio in merito a tale aspetto l’Amministrazione finanziaria intende privilegiare le reali concrete situazioni di rischio piuttosto che basarsi su contestazioni di natura essenzialmente formale o di esiguo ammontare. Secondo la stessa, per identificare le situazioni di rischio, è quindi necessario che venga operata una valutazione differenziata per macro-tipologia di contribuente e per contesto socio-economico di riferimento. Sulla scorta di tale affermazione il documento di prassi ritiene opportuna, in un’ottica di analisi del rischio, l’adozione di banche dati e l’utilizzo di applicazioni in ausilio a disposizione.

La raccolta digitale di dati durante la fase istruttoria delle pratiche di voluntary disclosure e le informazioni reperite nelle medesime istanze sono necessarie per agevolare successive analisi ed elaborazioni relative ad attività anti-evasione. Si noti che, secondo l’Amministrazione finanziaria, la strumentalità di tale procedura si riscontra:

  • nell’individuazione dei fenomeni ad alta pericolosità fiscale;
  • nel monitoraggio delle attività che hanno formato oggetto di emersione;
  • nella rilevazione statistica delle condotte evasive più diffuse, tra le quali quelle riguardanti l’allocazione all’estero di risorse e investimenti.

In ordine a quest’ultimo punto risulteranno rilevanti le informazioni pervenute a vario titolo dalle autorità fiscali estere, nel caso di specie lo scambio automatico e massivo di informazioni su soggetti residenti in Italia con redditi di fonte estera.

La procedura che si configura nella raccolta digitale di dati è ritenuta favorevole dall’Agenzia delle entrate per quanto riguarda aspetti migliorativi in termini di efficacia e di invasività dell’azione, in quanto la stessa utilizzerà l’incrocio dei dati. Al riguardo il documento di prassi illustra le possibili estensioni derivanti dalle analisi effettuate in sede di selezione e di ricostruzione sintetica della capacità contributiva del contribuente, in relazione alla capacità di spesa, ovverosia:

  • relative al contesto socio-familiare del contribuente;
  • riguardanti la reale disponibilità economica del soggetto.

Si noti che quest’ultimo dato verrà reperito in seguito alla ricostruzione del reddito complessivo, ovverosia attraverso la verifica del trend dichiarativo nell’ultimo triennio e del complesso degli investimenti/disinvestimenti realizzati nel quinquennio. Verrà altresì posta particolare attenzione all’identificazione di operazioni concernenti false fatturazioni o false indicazioni di componenti negativi.

La nota interna della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle entrate del 9 marzo 2016, in merito alle istanze di voluntary disclosure, si esprime sulle situazioni più a rischio che si configurano in:

  • trust esterovestiti;
  • attività detenute all’estero delle quali il soggetto non è il formale intestatario con presenza di interposizione di altri soggetti;
  • patrimoni movimentati in entrata e in uscita.