Distinzione tra locazioni e servizi diversi
di Comitato di redazioneIpotizzate il caso di un contribuente (operatore IVA) che possieda un fabbricato abitativo di un certo pregio, adatto ad ambientare cene di gala, meeting, raduni, rinfreschi, cerimonie e simili.
Ipotizzate ancora che i soggetti interessati ad utilizzare in modo saltuario e sporadico tale ambientazione non abbiano la possibilità di detrarre l’IVA.
Ove ci si accordi per la messa a disposizione del fabbricato per una o due giornate, verso il pagamento di un corrispettivo, quale dovrebbe essere il corretto trattamento ai fini IVA?
Dietro al quesito, ovviamente, si cela la seguente questione: l’accordo delineato può essere ascritto alla famiglia del contratto di locazione?
Ove la risposta fosse positiva, si dovrà applicare alla operazione il trattamento specificamente previsto dall’articolo 10 del DPR 633/1972; diversamente, ci troveremmo dinnanzi ad una generica prestazione di servizi, con la conseguenza che ci si dovrebbe allontanare dalla esenzione.
La tematica fu affrontata a livello di prassi all’indomani della drastica riforma apportata al sistema ad opera del D.L. 223/2006.
In particolare, con la circolare 12/E del 01.03.2007, si era giunti ad affermare che il contenuto tipico del contratto di locazione consiste nel conferire all’interessato, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, il diritto di occupare un immobile come se ne fosse il proprietario e di escludere qualsiasi altra persona dal beneficio di un tale diritto.
Per converso, non si può parlare di locazione qualora il contratto non abbia per oggetto la sola messa a disposizione passiva di una superficie o di uno spazio, con i servizi a ciò funzionali, bensì anche servizi aggiuntivi, come quelli postali, di segreteria, amministrativi/contabili.
Ovviamente le indicazioni erano particolarmente adatte alla distinzione della tipologia di operazione in relazione alla più tipiche operazioni di locazione e/o di servizi ad esse similari (all’occhio atecnico) ma profondamente differenti sul versante giuridico.
Pertanto, ne deriva che il regime previsto per le locazioni di immobili:
- si applica nel caso di semplice messa a disposizione dello spazio fisico;
- si applica nel caso di aggiunta, alla messa a disposizione dello spazio, delle cc.dd. prestazioni accessorie alla locazione, quali servizi di portierato e condominiali;
- non si applica qualora siano forniti dei servizi (non accessori e strettamente connessi alla locazione), quali tutti quelli aventi ad oggetto prestazioni più vicine al comparto organizzativo ed amministrativo. Tali ultime prestazioni sono connotate dal fine ultimo di agevolare e supportare una attività lavorativa, cosicché la connessa possibilità di occupare spazi fisici diviene esclusivamente “un mezzo” per rendere fruibile una prestazione più ampia e complessa (peraltro, normalmente vincolata al fatto che la fruizione degli altri – e più ampi – servizi può essere attuato solo con la presenza fisica del beneficiario in un determinato luogo fisico).
Anche la giurisprudenza comunitaria ha avuto modo di occuparsi della questione, come si evince – ad esempio – dalla lettura della sentenza relativa alla causa C-42/14. In tale occasione si è affermato che la fornitura di elettricità, di riscaldamento e di acqua, nonché la raccolta dei rifiuti, cui provvedano operatori terzi a favore del conduttore che utilizza direttamente tali beni e servizi, devono essere considerate prestate dal locatore che abbia concluso i relativi contratti di fornitura e si limiti a trasferirne i costi al conduttore.
Tali servizi aggiuntivi costituiscono – pertanto – prestazioni distinte e indipendenti, da valutarsi in modo indipendente sul versante IVA, tranne nel caso in cui vi siano elementi tra loro strettamente collegati da formare oggettivamente una sola prestazione economica, la cui scomposizione in più elementi risulterebbe artificiosa.
Quindi, in relazione alle utenze, potrebbero essere segnali evidenti l’esistenza di contatori autonomi che consentano il possibile riaddebito dei consumi specifici, ovvero la possibilità (effettivamente presente) per il conduttore di contrarre accordi autonomi con i fornitori, materialmente non attuati per questioni di pura semplicità.
Nel caso che ci occupa, come appare evidente, tale autonomia ed elasticità non appare realizzabile, stante il brevissimo lasso temporale per cui si intende concedere (da un lato) ed occupare (dall’altro) lo specifico immobile, con la conseguenza che eventuali somme forfetariamente intese a ristorare i consumi dovranno essere attratte al regime IVA della prestazione principale, vale a dire la locazione.
Concludendo, dunque, possiamo affermare che ove:
- l’accordo contrattuale (meglio esplicitato in forma scritta, non soggetta a registrazione obbligatoria) esplicitasse l’obbligazione a carico del proprietario di consentire il godimento temporaneo del fabbricato al conduttore, come se questi fosse il proprietario e
- non vi fossero prestazioni accessorie e specifiche, tali da rendere preminente il peso delle medesime rispetto alla facoltà di occupare temporaneamente l’immobile,
pare ragionevole applicare al corrispettivo pattuito il regime proprio della locazione di fabbricati abitativi, vale a dire quello dell’esenzione.
Ovviamente, il prodursi di tali operazioni in capo al proprietario del fabbricato potrebbe ingenerare problemi di pro rata, che dovranno essere gestiti secondo le usuali tecniche previste dal DPR 633/1972.