L’applicabilità del favor rei ai costi black list
di Fabrizio DominiciLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6651 depositata il 6 aprile 2016, si è, per la prima volta, espressa sul regime sanzionatorio connesso con la separata annotazione dei costi c.d. black list, stabilendo l’inefficacia della dichiarazione integrativa, postuma, rispetto all’avvio di accessi, ispezioni e verifiche.
La sentenza, che ha analizzato la legittimità delle dichiarazioni integrative presentate dopo l’avvio delle operazioni di verifica, dichiarazioni la cui legittimità era stata riconosciuta nei due gradi di merito, si è invero, per così dire, impropriamente allargata, anche a valutazioni al quanto discutibili circa l’inapplicabilità del favor rei alla intervenuta abrogazione del regime dei costi black list ad opera della L. 208/2015.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di comprendere il contenuto delle motivazioni e la legittimità delle considerazioni ivi svolte dalla Suprema Corte.
I giudici di legittimità, richiamando i loro precedenti specifici espressi nelle sentenze numero 5398/2012 e numero 24929/2013, hanno censurato la presentazione della dichiarazione integrativa (portante la regolarizzazione dell’omessa indicazione separata dei costi provenienti da paesi a fiscalità privilegiata), richiamando i principi di effettività della sanzione e di efficienza e buon andamento della pubblica Amministrazione. Secondo i Giudici, l’intervenuta abrogazione del regime dei costi black list non avrebbe effetto né sui tentativi del contribuente diretti a sanare le violazioni commesse, (mediante la presentazione della dichiarazione integrativa), né avrebbe efficacia “sanante” sulle sanzioni allora comminate.
L’inefficacia retroattiva degli effetti “benefici” dell’abrogazione dell’articolo 110 commi 10 del TUIR è stata “giustificata” dalla Corte ricorrendo all’articolo 11 delle preleggi, con il richiamo all’efficacia temporale della sua entrata in vigore e segnatamente con il fatto che l’articolo 1, comma 144, della L. 208/2015 ha previsto che la novella normativa esplicasse i suoi effetti “… dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”. A giudizio della Corte la possibilità di sanare le violazioni commesse, successivamente all’avvio di operazioni di verifica, vanificherebbe sia la portata (afflittiva) che il contenuto (risarcitorio) della sanzione. Ma non solo, la Corte, in quella sede e con rilevante discutibilità, ha anche affermato che la sopravvenuta abrogazione del regime dei c.d. costi black list non produrrebbe effetti sulle violazioni pregresse, che, lo ricordiamo, comportavano la sanzione del 10% relativamente all’omessa separata indicazione in dichiarazione dei costi (articolo 8, comma 3-bis D.Lgs. 471/1997), rinnegando così l’esistenza del principio del favor rei e resuscitando il principio di ultrattività delle sanzioni tributarie, espressamente abrogato dal legislatore della riforma.
Ricordiamo, infatti, che l’articolo 3 del D.Lgs. 472/1997, stabilisce un principio in base al quale, l’abolizione della condotta censurabile, comporta anche l’estinzione della sanzione con essa connessa. In base a detto principio, al contribuente deve sempre essere applicata la legge più favorevole e la deroga a tale principio (favor rei) può operare solo “… salva diversa disposizione di legge”, non rinvenibile nella novella normativa oggetto di analisi, a meno che non si voglia interpretare tale locuzione del legislatore con la disposizione transitoria introdotta e chiaramente diretta all’adempimento dell’obbligazione e non di certo alla deroga del disposto normativo. Ma allora se la disciplina transitoria riguarda l’adempimento e non i suoi risvolti sanzionatori, la conclusione è che in ogni caso si è in presenza dell’estinzione del debito sanzionatorio, sebbene, formalmente, la L. 208/2015 non abbia abrogato l’articolo 8, comma 3-bis, del D.Lgs. 471/1997, e che questa è convinzione anche della stessa Agenzia delle Entrate che con la circolare n. 4/E/2016 ha ribadito i principi in precedenza espressi nella circolare ministeriale n. 180/1998, stabilendo che l’applicabilità del favor rei “riguarda tanto le ipotesi in cui la legge sopravvenuta si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, quanto quelle in cui venga eliminato un obbligo strumentale e quindi, solo indirettamente, la previsione sanzionatoria”.