23 Aprile 2016

Arriva il piano triennale di sostegno per l’apicultura

di Luigi Scappini
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L’articolo 2, L. 313/2004 definisce l’apicoltura come la conduzione zootecnica delle api e la riconduce, a tutti gli effetti, tra le attività agricole di cui all’articolo 2135 cod. civ., anche quando non è correlata alla gestione del terreno.

Il successivo comma 2, considera prodotti agricoli: il miele, la cera d’api, la pappa reale o gelatina reale, il polline, il propoli, il veleno d’api, le api e le api regine, l’idromele e l’aceto di miele.

L’attività, per espressa previsione normativa di cui all’articolo 3, può essere esercitata con maggiore o minore intensità, infatti, alternativamente si può essere:

  • apicoltore quando ci si limita a detenere e condurre alveari;
  • imprenditore apistico ai sensi dell’articolo 2135 cod. civ. e
  • apicoltore professionista quando l’attività è quella principale.

L’allevamento delle api rappresenta un’attività da incentivare e da tutelare alla luce anche dell’indiscusso valore in termini di ecosistema che questi animali hanno, ed è a tal fine che con l’articolo 5 L. 313/2004 viene prevista l’emanazione di un piano programmatico con cadenza triennale.

Il Mipaaf, con decreto n.2173 del 25 marzo 2016, ha attuato il Regolamento (UE) n.1308/2013, per quanto concerne il piano triennale previsto per il settore dell’apicoltura, prevendendo l’erogazione di contributi, a carico, per il 50% al FEAGA (Fondo europeo agricolo di garanzia) e per la restante parte al Fondo di Rotazione di cui alla L. 183/1987.

L’Allegato I al decreto individua la tipologia di interventi ammessi e il relativo contributo previsto in termini percentuali, suddividendo le misure a seconda del soggetto beneficiario; infatti, sono interessati non solo i singoli apicoltori come sopra definiti, ma anche gli istituti di ricerca, gli enti e le forme associative come individuate e definite all’articolo 2.

Per quanto attiene le forme associate, esse sono individuate rispettivamente nelle organizzazioni di produttori del settore apistico, associazioni di apicoltori e loro unioni, federazioni, società, cooperative e consorzi di tutela del settore apistico.

Tra le misure ammesse al contributo si segnalano:

  • l’acquisto di attrezzature per la conduzione dell’apiario, per la lavorazione, il confezionamento e la conservazione dei prodotti derivanti dall’apicoltura;
  • l’acquisto di arnie con fondo a rete o la modifica di arnie già esistenti;
  • l’acquisto dei farmaci necessari;
  • i costi necessari per la sterilizzazione delle arnie esistenti nonché
  • l’acquisto di tutta l’attrezzatura che si rende necessaria per praticare l’apicoltura in forma nomade e quindi, ad esempio, l’autocarro.

Ovviamente risultano compresi tra gli acquisti agevolati quelli relativi all’acquisto di sciami, nuclei, pacchi d’api e api regine.

L’articolo 2 del decreto, sul punto, si occupa di offrirne una definizione compiuta, di talché si considera:

  • sciame naturale: l’insieme di api che migrano con una regina da un alveare troppo popoloso per costituire una nuova colonia;
  • nucleo o sciame artificiale: una nuova colonia di api costituita dall’apicoltore e che, a pieno sviluppo, è composto solitamente da cinque favi, di cui: tre favi con covata di diversa età, due favi con riserve alimentari (miele e polline), una regina dell’anno di formazione del nucleo o sciame artificiale e da una quantità di api tale da coprire completamente tutti i cinque favi su entrambe le facce;
  • colonia o famiglia di api: una unità composta da una regina feconda, da alcune migliaia di api operaie (70.000-80.000) e da alcune centinaia di fuchi, già sviluppata su 10/12 telaini, pronta per l’immediata entrata in produzione;
  • pacco d’api: i gruppi di api da 1kg -1,5kg con o senza ape regina, contenuti in una scatola adattata al trasporto.

L’articolo 5, comma 2, nell’ammettere anche gli acquisti messi in atto da parte delle forme associate, precisa come detti soggetti, in sede di distribuzione agli associati dei beni “agevolati” non possano chiedere un importo superiore alla differenza tra la spesa fatturata e il contributo ottenuto per il suo acquisto.

Il comma 9 del medesimo articolo, prevede una presunzione assoluta di non accesso per determinate spese, la cui compiuta individuazione è devoluta all’Allegato III, ai sensi del quale, non sono spesabili, a titolo di esempio:

  • l’acquisto di elaboratori elettronici;
  • le spese di manutenzione e riparazione delle attrezzature, nonché quelle di trasporto per la consegna di materiali;
  • l’acquisto terreni, edifici e altri beni immobili e
  • l’Iva, a eccezione di quella non recuperabile quando essa sia effettivamente e definitivamente a carico dei beneficiari, come dimostrato da attestazione rilasciata da un esperto contabile certificato o un revisore dei conti.

La domanda di accesso ai contributi deve essere presentata nei termini previsti dai singoli provvedimenti regionali e, comunque, nel termine massimo del 15 marzo di ogni anno, utilizzando i modelli predisposti dagli Organismi pagatori.