Liste di Paesi esteri in evoluzione per il monitoraggio fiscale
di Nicola FasanoCon la stagione dichiarativa oramai alle porte, torna alla ribalta il quadro RW e il monitoraggio fiscale. Un aspetto preliminare spesso dirimente in ordine alla corretta compilazione del quadro (e alla documentazione da acquisire) è quello relativo al Paese estero in cui sono detenute le attività.
Ciò in quanto sotto il profilo compilativo la detenzione degli investimenti in un Paese “non collaborativo” da parte, fra l’altro, di un soggetto che possa essere qualificato come “titolare effettivo” di una società (in linea di principio colui che detiene una partecipazione superiore al 25% da computarsi tenendo conto delle precisazioni dettate dalla C.M. 38/E/2013) fa scattare l’approccio del “look through” con l’obbligo di indicare non il valore nominale della partecipazione, ma il valore degli assets sottostanti.
Dal punto di vista accertativo e sanzionatorio, invece, scattano le misure penalizzanti (previste dall’art. 12 del D.L. 78/2009 e dall’art. 5, D.L. 167/1990) che prevedono il raddoppio dei termini di accertamento nonché delle sanzioni applicabili, qualora le attività siano detenute in Paesi inclusi nelle “Black list” del 1999 e del 2001.
In altre parole, mentre per valutare l’applicazione o meno del principio “look through” si deve fare un ragionamento per esclusione in quanto il principio si applica con riferimento alla partecipazione in società detenute all’estero in Paesi diversi da quelli che accordano un effettivo scambio di informazioni con l’Italia, in relazione agli aspetti sanzionatori si fa un ragionamento “in positivo”, nel senso che il raddoppio di termini di accertamento e sanzioni scatta nel momento in cui le attività sono detenute in Paesi inclusi nelle citate Black list.
Per individuare i Paesi “non collaborativi” (o “non white list”) cui applicare il meccanismo della “titolarità effettiva” una buona base di partenza è rappresentata dall’elenco dettato dalla C.M. 38/E/2013 che in sostanza individua fra i Paesi “buoni”:
- tutti quelli inclusi nella “white list” del D.M. 4.9.1996, fra cui per esempio rientrano anche Lussemburgo e, dal 2014, San Marino alla luce della convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con tale Paese;
- nonché gli ulteriori Paesi con cui sono stipulati accordi internazionali (Convenzioni contro le doppie imposizioni o accordi specifici per lo scambio di informazioni, c.d. “Tax Information Exchange Agreement”) che prevedano un effettivo scambio di informazioni secondo gli standards Ocse (come per esempio Arabia Saudita o Qatar).
In questo secondo gruppo di Stati rientrano, a regime, anche quegli Stati che negli ultimi anni hanno sottoscritto con l’Italia accordi per lo scambio di informazioni purché gli stessi siano entrati in vigore e con riferimento al periodo di imposta a partire dal quale producono i relativi effetti.
Gli accordi più recenti entrati in vigore riguardano i seguenti Paesi.
PAESE |
TIPO ACCORDO |
DATA FIRMA |
DATA ENTRATA IN VIGORE |
ISOLE CAYMAN |
TIEA |
03/12/2012 |
13/09/2015 |
GIBILTERRA |
TIEA |
02/10/2012 |
12/06/2015 |
GURNSEY |
TIEA |
05/09/2012 |
10/06/2015 |
ISOLA DI MAN |
TIEA |
17/09/2013 |
10/06/2016 |
ISOLE COOK |
TIEA |
17/05/2011 |
17/02/2015 |
JERSEY |
TIEA |
13/03/2012 |
26/01/2015 |
HONG KONG |
DTC |
14/01/2013 |
10/08/2015 |
I suddetti accordi, tuttavia, prevedono la loro efficacia, per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, dal primo periodo di imposta successivo alla data della loro entrata in vigore. In linea di principio, pertanto, si tratterà del periodo di imposta 2016. Ciò vuol dire che tali Paesi, per quanto riguarda Unico 2016 con riferimento al periodo di imposta 2015, sono ancora da considerarsi non collaborativi e dunque, in caso di titolarità effettiva, obbligano alla compilazione “per trasparenza” del quadro RW.
Vi sono poi altri Paesi che hanno stipulato recentemente accordi con l’Italia che prevedono uno scambio di informazioni conforme agli standards Ocse ma che non sono ancora entrati in vigore, mancando le rispettive ratifiche. Tali Paesi, pertanto, non possono ancora considerarsi collaborativi. Di seguito si propone una tabella riassuntiva.
PAESE |
TIPO ACCORDO |
DATA FIRMA |
CILE |
DTC |
23/10/2015 |
ANDORRA |
TIEA |
22/09/2015 |
BARBADOS |
DTC |
24/08/2015 |
STATO DEL VATICANO |
TIEA |
01/04/2015 |
MONACO |
TIEA |
02/03/2015 |
LIECHTENSTEIN |
TIEA |
26/02/2015 |
SVIZZERA |
PROTOCOLLO DTC |
23/02/2015 |
Per quanto riguarda il raddoppio di termini di accertamento e sanzioni invece deve farsi riferimento, come detto, alla c.d. “black list persone fisiche” (D.M. 4.5.1999) e la “ex” black list CFC (D.M. 21.11.2001) che resta ancora attuale per quanto riguarda il quadro RW (mentre risulta oramai “superata”, a seguito delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016, L. 208/2015, per la disciplina delle controllate estere di cui all’art. 167, Tuir a partire però dal periodo di imposta 2016) e in cui è opportuno ricordare che non rientra più, fra l’altro, Lussemburgo, eliminato dal D.M. 16.12.2014. Il D.M. 30.03.2015, peraltro, in attuazione delle disposizioni della Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014), ha eliminato dalla Black list CFC Malesia, Filippine e Singapore (Paesi però tutt’ora presenti nella Black list “persone fisiche”), e ha abrogato l’art. 3 del D.M. 21.11.2001 che reca(va) l’elenco dei paradisi fiscali limitatamente a certe tipologie di imprese, in previsione dell’emanazione di un provvedimento con cui si sarebbero dovuti individuare i “regimi speciali” esteri passibili di scontare la disciplina CFC. Tale provvedimento, tuttavia, non è stato adottato e dunque se da un lato appare opportuno, in via prudenziale, ritenere l’art. 3 del D.M. del 2001 di fatto ancora operante nel periodo di imposta 2015 per quanto riguarda la disciplina CFC (se non altro come “bussola” per individuare regimi fiscalmente privilegiati), dall’altro ai fini accertativi e sanzionatori, dovrebbe ritenersi abrogato a tutti gli effetti (fermo restando però che alcuni Paesi, come ad esempio la Svizzera, sono comunque tutt’ora inclusi nella Black list persone fisiche).
Forse, vista anche la funzione del monitoraggio fiscale, sarebbe ora, anche ai fini dell’accertamento, considerare Paesi “cattivi” quelli non collaborativi per cui vale il meccanismo del “look through” evitando equivoci di sorta, anche perché dal 2016 il D.M. 21.11.2001 finisce di fatto su “un binario morto”, stante la sua irrilevanza nell’ambito della disciplina CFC (che trova applicazione, fra l’altro, alle società controllate in Paesi che hanno un livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello italiano). Attendiamo fiduciosi una presa di coscienza da parte del legislatore.