1 Aprile 2016

Rimborso IVA da furto nel corso del trasporto curato dal cliente UE

di Marco Peirolo
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3091 del 17 febbraio 2016, si è pronunciata sulla possibilità, per il cliente comunitario non residente, di chiedere il rimborso dell’IVA dovuta sui beni acquistati in Italia con clausola “franco fabbrica”.

Nel caso di specie, la società tedesca, durante il trasporto in Germania effettuato a sua cura e spese, è stata derubata; sicché l’operazione, originariamente fatturata come intracomunitaria, si è tramutata in una cessione interna soggetta a IVA.

La società tedesca ha chiesto il rimborso dell’imposta ai sensi dell’art. 38-ter del D.P.R. n. 633/1972 (ora art. 38-bis2 dello stesso decreto), ma l’Ufficio di Roma lo ha negato e, nel successivo contenzioso, il diniego è stato confermato in primo grado siccome il fatto illecito non può costituire presupposto per il rimborso: dato che il furto si è verificato nel territorio nazionale, i beni si considerano ceduti al suo interno e l’imposta non è più rimborsabile.

I giudici del riesame hanno respinto la tesi esposta, avuto riguardo alla posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria nella C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464 (§ B.3.2). Nel citato documento di prassi viene precisato che la scomparsa della merce durante il trasporto dall’Italia allo Stato comunitario di destinazione può dare luogo alle seguenti diverse ipotesi di trattamento fiscale, a seconda che:

  • i beni scompaiono durante il trasporto effettuato con mezzi propri del venditore;
  • i beni scompaiono durante il trasporto effettuato con mezzi propri dell’acquirente o tramite un vettore su incarico di uno dei due operatori.

Nella prima ipotesi (trasporto con mezzi del cedente), se:

  • i beni sono scomparsi in Italia, la cessione non risulta perfezionata, per cui non sorge il presupposto impositivo. In questo caso, il cedente non è tenuto ad alcun adempimento ai fini IVA, ma deve fornire la prova della perdita o della distruzione della merce secondo la procedura prevista dal D.P.R. n. 441/1997;
  • i beni sono scomparsi in altro Stato comunitario, la cessione risulta perfezionata e, in considerazione dell’effettivo trasporto della merce in altro Stato membro, la stessa assume natura intracomunitaria. In questo caso, il cedente deve emettere e registrare la fattura non imponibile ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993 e presentare il modello INTRA 1-bis, fermo restando per il cedente stesso l’adempimento degli obblighi previsti nel Paese membro di scomparsa dei beni.

Nella seconda ipotesi (trasporto con mezzi del cessionario o tramite un vettore incaricato da uno degli operatori), l’operazione, a prescindere dal Paese nel quale i beni sono scomparsi (Italia o altro Paese membro), si considera in ogni caso avvenuta, in quanto si è verificato in capo all’acquirente il trasferimento del potere di disporre dei beni.

Tuttavia, se i beni sono scomparsi:

  • in Italia, la cessione si qualifica come “interna”, non risultando integrato il requisito dell’effettivo trasporto dei beni in altro Stato membro. In questo caso, il cedente deve emettere e registrare la fattura con addebito dell’IVA;
  • in altro Stato comunitario, la cessione si qualifica come intracomunitaria in considerazione del fatto che i beni sono comunque usciti dal territorio nazionale. In questo caso, il cedente deve emettere e registrare la fattura non imponibile ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993 e presentare il modello INTRA 1-bis.

Nel caso in esame, in cui il trasporto è stato curato dal cliente comunitario non residente, si rientra nella seconda ipotesi in precedenza esposta, sicché – essendo i beni scomparsi in Italia – la cessione è stata correttamente riqualificata come interna e, conseguentemente, assoggettata a IVA.

Nel successivo ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha rilevato, a sostegno del divieto di rimborso dell’imposta, che il furto equivale ad immissione in consumo dei beni ed è, quindi, estranea alla fattispecie di rimborso a favore degli operatori non residenti disciplinata dall’art. 38-ter del D.P.R. n. 633/1972 (ora art. 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972).

La tesi erariale, che accorda il rimborso alle cessioni intracomunitarie e non alle cessioni interne, è stata respinta dalla Suprema Corte.

I giudici di legittimità hanno osservato che, all’epoca dei fatti, il momento di effettuazione delle cessioni intracomunitarie doveva essere individuato in funzione dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, per cui la cessione al cliente tedesco si era verificata con la consegna dei beni in Italia. Ebbene, come indicato dalla C.M. n. 13-VII-15-464/1993, nel caso di scomparsa dei beni durante il trasporto effettuato con mezzi propri del cessionario, l’operazione si considera in ogni caso avvenuta in quanto si è già verificato il trasferimento del potere di disposizione sui beni stessi, con la conseguenza che, se la scomparsa è avvenuta in Italia, l’operazione assume natura interna e non intracomunitaria.

L’IVA addebita al cliente tedesco può, pertanto, essere chiesta in restituzione al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 38-ter del D.P.R. n. 633/1972 (ora art. 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972), nel rispetto, in particolare, del divieto di effettuazione di operazioni attive in Italia, salvo quelle espressamente consentite.