26 Marzo 2016

La rilevanza fiscale delle valutazioni civilistiche di bilancio

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Sulla inclusione o meno delle valutazioni di bilancio nell’articolo 2621 del codice civile, rubricato “false comunicazioni sociali”, si stanno susseguendo interventi giurisprudenziali in forza anche e soprattutto del nuovo dettato normativo della Legge 69/2015, il quale ha modificato in maniera rilevante l’articolo sopra citato. Assirevi, nel recente quaderno numero 20, sostiene che esistono due tipi di tesi:

  • la restrittiva, nella quale si sostiene che il concetto di “fatti materiali” non possa includere le valutazioni, in quanto le stesse rappresentano dei dati autonomi e distinti rispetto agli stessi;
  • l’estensiva, nella quale viceversa si ritiene che le valutazioni rientrino nel novero di applicazione della fattispecie penale.

In relazione al filone di pensiero estensivo, giova riportare questa considerazione: “sotto un profilo tecnico ogni voce di bilancio è sostanzialmente frutto di un procedimento valutativo, la rappresentazione di fatti gestori nella sintesi espositiva di bilancio non può, in ultima istanza, prescindere da un’attività di valutazione e stima. Allo stesso modo, per effettuare una valutazione dovrà inevitabilmente esistere una realtà materiale da valutare”.

Non entrando nel merito di questioni prettamente civilistiche e di analisi di sentenze, in questa sede si rende opportuno approfondire i possibili collegamenti che le valutazioni civilistiche di bilancio detengono ai fini fiscali. Il presente intervento è finalizzato, pertanto, all’analisi della possibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria di sindacare, nell’attività di controllo, le valutazioni di bilancio, considerando che tale evenienza potrebbe verificarsi a prescindere dal fatto che il bilancio sia considerato falso da un punto di vista civilistico.

Interventi di prassi, nello specifico la circolare 1/2008 della Guardia di Finanza, affermano, nel paragrafo denominato “il riscontro delle modalità di contabilizzazione, classificazione e valutazione a fini civilistici”, che per i verificatori diventa problematico stabilire se ed in che termini gli sia consentito estendere l’attività ispettiva “a monte” delle variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione delle specifiche regole previste dalle singole disposizioni di carattere tributario, sottoponendo a controllo ed eventualmente sindacando le modalità di contabilizzazione, classificazione e valutazione adottate dall’impresa ai fini civilistici. Lo stesso documento precisa che in relazione alla problematica accennata, la questione non si pone in alcun modo nei casi in cui l’attività ispettiva riguardi:

  • il “fatto” od “evento materiale” che è alla base della contabilizzazione, classificazione o valutazione civilistica;
  • le concrete connotazioni fenomeniche;
  • gli effettivi aspetti di carattere quantitativo e qualitativo;
  • gli altri profili che attengono alla dimensione “materiale” della voce di bilancio.

In sostanza viene specificato, attraverso una lista di possibili controlli, che gli stessi rappresentano adempimenti di natura ispettiva che non si riferiscono alle modalità di rappresentazione contabile degli accadimenti aziendali e quelle di rilevazione di bilancio ovverosia le valutazioni estimative effettuate dal contribuente. Gli stessi, pertanto, riguardano solamente gli aspetti materiali del fatto o dell’evento di cui la voce di bilancio rappresenta la manifestazione contabile.

L’Amministrazione finanziaria controlla l’eventuale “incompletezza, falsità o inesattezza” dei dati di bilancio mediante le disposizioni in tema di accertamento analitico e analitico-induttivo. Nonostante ciò la circolare argomenta sulla possibilità o meno di entrare nel merito delle modalità di contabilizzazione, classificazione e valutazione operate ai fini civilistici e nello specifico se sia possibile sindacare le scelte operate dai redattori del bilancio nei casi in cui le disposizioni civilistiche e i principi contabili consentano margini di discrezionalità con riguardo alla stima, alla valutazione o alla classificazione di certe voci effettuate dai redattori stessi. Per il principio di derivazione del reddito d’impresa dall’utile o perdita risultante dal conto economico risultano esistere:

  • un influsso diretto delle modalità contabili sulle modalità di formazione della base imponibile;
  • delle conseguenze, da un punto di vista fiscale, diverse da quelle configurate per l’impresa, a seguito della circostanza in cui le modalità di cui sopra non risultino conformi alle regole della legislazione e della prassi contabile.

 

Si rende opportuno riportare quanto stabilito dalla circolare 73/E/1994: “la normativa fiscale nulla dispone riguardo ai poteri dell’Amministrazione finanziaria di sindacare le valutazioni civilistiche. Qualora l’impresa non si attenga alle previsioni civilistiche e non provveda ad operare le rivalutazioni si può affermare, in via di principio, che l’Amministrazione non è legittimata ad entrare nel merito delle valutazioni operate in sede civilistica e dovrà pertanto attenersi alle risultanze di bilancio. Tuttavia, se, successivamente all’approvazione, il bilancio viene riconosciuto falso in sede giudiziaria e dalla declaratoria del giudice emerge materia imponibile non si può escludere un’azione accertatrice di detto maggior reddito”.

A prescindere da tutto, l’Amministrazione finanziaria ha comunque la facoltà di sottoporre a sindacato di merito, ove vi siano delle norme che lo consentano, le scelte effettuate dall’impresa in ordine ai margini di valutazione e stima di alcune voci di bilancio. Si noti che, per la prassi citata, la disciplina che consente tali tipologie di verifica è nello specifico quella che detiene una finalità anti-elusiva e non anti-evasiva.