Leggi sullo sport: difficile comprenderle
di Guido MartinelliContinuiamo il nostro percorso teso a capire il “senso” di molte leggi che parlano di sport.
I sodalizi sportivi sono alle prese con il tema della adozione del defibrillatore introdotto con il decreto Balduzzi e il cui obbligo scatterà (si spera senza ulteriori proroghe) questa estate. Questo onere è posto in capo alle “società sportive” (termine che ha subito portato alcuni a sostenere che non si applicherebbe alle associazioni), ma (evidentemente in assenza di eventi che ne imporrebbero l’utilizzo) cosa rischia chi non lo possiede? Nulla. Infatti, a questo obbligo non è collegata alcuna sanzione in caso di inadempimento. Medesimo infortunio in cui era già caduto il legislatore della finanziaria del 2003. Il comma 18-bis del famoso articolo 90 della legge 289/2002 prevede il divieto agli amministratori dei sodalizi sportivi di ricoprire la medesima carica in altre associazioni o società sportive affiliate alla medesima federazione. A prescindere che non si comprende perché il presidente di una società che fa, ad esempio basket femminile, non possa ricoprire medesima carica in una società che fa la stessa attività maschile (sarà la sindrome del conflitto di interessi che impera), il problema è: qual è la sanzione? Cosa rischia chi incorre in questo divieto posto dal legislatore statale?
Fortunatamente la novella costituzionale recentemente approvata (e presto soggetta a conferma referendaria) ha eliminato, in materia di ordinamento sportivo, la competenza legislativa concorrente delle Regioni. Perché oggi, prevista dal vigente testo dell’articolo 117 della Costituzione, se l’avessero esercitata, non si sa come si sarebbe potuta conciliare con la previsione del comma due dell’articolo uno dello statuto del Coni che definisce l’ente: “autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive”.
I commi 17 e 18 del citato articolo 90 stabiliscono i requisiti precisi per poter essere definiti associazione e società sportive dilettantistiche. Il consiglio Nazionale del Coni, avendone i poteri, sta riconoscendo ai fini sportivi e provvedendo alla relativa iscrizione di soggetti che non rispettano detti principi, in deroga ai requisiti previsti dal legislatore (vedi, ad esempio, le sezioni di tiro a segno nazionale). Ciò in quanto il primo comma dell’articolo 29 dello statuto del Coni autorizza l’ente a tal fine. La domanda che ne consegue è: assodata la legittimità del comportamento dell’ente preposto al riconoscimento, le organizzazioni riconosciute ai fini sportivi nei “casi di deroga autorizzati dal Consiglio Nazionale” potranno godere delle agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive? Saranno da considerare, ad esempio, associazioni sportive dilettantistiche potenziali beneficiarie dei contributi del cinque per mille?
La legge 91/1981 sul professionismo sportivo prevede, all’ultimo comma del suo articolo 6, che il premio di addestramento e formazione tecnica che viene versato dalla società professionistica a quella dilettantistica nel caso in cui tesseri un atleta proveniente da quest’ultima: “dovrà essere reinvestito dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi”. Il dubbio è: non abbiamo capito nulla noi o i sodalizi sportivi dilettantistici sono comunque obbligati a reinvestire tutti i loro proventi nel perseguimento di fini sportivi?
Ancora, è noto che la legge 91/1981 elenca in maniera dettagliata le categorie che rientrano nella fattispecie degli “sportivi professionisti”. Sono menzionati atleti, tecnici, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici. Non vi figurano, quindi, gli ufficiali di gara. Ma qui si apre una curiosa e “onerosa” diversità di trattamento. L’Agenzia delle entrate, infatti, con la propria risoluzione n. 34 del 26.03.2001, dopo aver elencato i soggetti che avrebbero potuto godere del trattamento fiscale agevolato previsto per i compensi per attività sportiva dilettantistica, riporta che “i compensi corrisposti all’arbitro (dilettante) nel caso in cui diriga una gara professionistica” non possono godere del trattamento agevolato. Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria pur riconoscendo la natura di “dilettante” dell’arbitro, non lo ammette a godere i benefici di tale status. Ma proviamo a seguire il processo logico seguito dall’Agenzia delle entrate. Essendo la manifestazione sportiva (incontro di serie A maschile di pallacanestro) professionistica, tutti i protagonisti debbono avere tale status. Ma, allora, quale sarebbe la fattispecie applicabile a detti compensi alla luce del D.Lgs. 81/2015? Trattandosi di prestazioni a titolo personale, oneroso e continuativo, organizzate dal committente (Federazione) si corre il rischio della applicazione dell’articolo 2 e, quindi, delle norme del rapporto subordinato?
Il comma tre dell’articolo 90 della legge 289/2002 ha allargato l’applicabilità delle norme agevolate sui compensi per attività sportiva dilettantistica anche alle “collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo-gestionale”. La caratteristica richiesta, quindi, è la continuità nel tempo della prestazione. La conseguenza curiosa, pertanto, è che se tale forma di prestazione si prolunga, il compenso relativo gode dei vantaggi di cui agli articoli 67 e 69 Tuir. Se, invece, fosse occasionale, la medesima collaborazione non potrebbe godere di alcuna agevolazione.
Infine, il secondo comma dell’articolo 37 della legge 342/2000 ha stabilito che “per le associazioni sportive dilettantistiche in regime di legge 398/1991 non concorrono a formare il reddito imponibile i proventi realizzati nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali … se pur nei limiti di due eventi per anno e per un importo non superiore a”, oggi, euro 51.645,69. Questo significa che se io già applico la legge 398/1991 (quindi posseggo già dei proventi di natura commerciale) questi proventi sono “decommercializzati”, ma se dovessi, per caso, avere solo questi (e, quindi, non applicare la legge 398/1991 per assenza di altri proventi commerciali) dovrei per tali somme pagare le imposte.