2 Marzo 2016

La portata delle pronunce della Cassazione di fine 2015 sulla tassazione degli atti di dotazione dei trust

di Sergio Pellegrino
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Il tema della fiscalità indiretta degli atti di dotazione dei trust è da sempre molto controverso, con interpretazioni antitetiche tra Amministrazione finanziaria e dottrina e pronunce spesso confliggenti anche a livello giurisprudenziale.

In estrema sintesi, l’Agenzia ritiene che la disposizione di beni in trust debba scontare l’imposta di donazione in misura proporzionale, mentre la successiva attribuzione del patrimonio ai beneficiari non è soggetta ad ulteriore imposizione. Se l’atto di dotazione ha ad oggetto beni immobili, le imposte ipotecarie e catastali devono essere anch’esse corrisposte in misura proporzionale (ma in questo ambito impositivo sarebbe tassato anche il passaggio da trustee a beneficiari).

Dottrina, notariato e prevalente giurisprudenza di merito sostengono invece che l’imposizione indiretta si debba realizzare in modo proporzionale soltanto al momento di attribuzione del patrimonio in trust ai beneficiari.

Da questo punto di vista avevano suscitato interesse, e nel contempo grande preoccupazione, alcune ordinanze – le prime in materia -, emanate dalla Corte di Cassazione nei mesi di febbraio e marzo 2015: secondo quel collegio giudicante, agli atti di dotazione dei trust si renderebbe applicabile una “nuova” imposta, l’imposta sui vincoli di destinazione, anch’essa disciplinata dal comma 47 dell’articolo 2 del D.L. 262/2006,  ma in modo distinto rispetto all’imposta di successione e donazione “tradizionale”.

Sulla base della visione teorizzata in queste pronunce, l’imposizione graverebbe sulla costituzione dei vincoli di destinazione in quanto tali, senza necessitare né del trasferimento di beni, né dell’arricchimento di alcuno.

La Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la tematica con alcune pronunce emanate lo scorso 18 dicembre.

Va detto che i fatti esaminati dai giudici risalgono ad anni precedenti rispetto all’emanazione del D.L. 262/2006, e quindi alla re-introduzione dell’imposta di successione e donazione (con l’appendice del riferimento ai vincoli di destinazione), anni nei quali gli Uffici “pretendevano” di tassare gli atti di dotazione con l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale (con l’aliquota del 3%).

Nonostante questo aspetto, che pur va tenuto in debita considerazione, le conclusioni raggiunte dalla pronuncia della Suprema Corte, favorevole al contribuente, ritenendo l’atto di dotazione non soggetto ad alcuna imposizione proporzionale (neppure ai fini delle ipocatastali), contengono elementi che debbono essere valorizzati nello scenario normativo venutosi a creare a seguito dell’intervento realizzato con il D.L. 262/2006.

Secondo i giudici, innanzitutto, la costituzione del vincolo di destinazione non è in grado, in sé, di determinare il presupposto dell’obbligazione tributaria e l’atto di dotazione di un trust non può essere assoggetto ad imposizione indiretta proporzionale, mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario.

Queste considerazioni, assolutamente condivisibili, fanno sperare che le conclusioni raggiunte dalle ordinanze richiamate in precedenza possano considerarsi superate ed archiviate come un “infortunio” nel quale è incorso quel collegio giudicante.

Viene inoltre valorizzata la distinzione tra trust “liberali” e trust “onerosi”, che ha rilevanza ai fini impositivi.

Se nello scenario ante-D.L. 262/2006, l’applicazione dell’imposta di registro a trust liberali viene considerata “illogica” dai giudici, mancando il contenuto patrimoniale, in quello attuale si deve arrivare ad una conclusione analoga quanto all’applicabilità dell’imposta di donazione ai trust che non perseguono una finalità liberale (come, ad esempio, un trust di garanzia o commerciale).

In attesa di una nuova pronuncia della Suprema Corte che abbia ad oggetto atti di dotazione effettuati successivamente all’emanazione del D.L. 262/2006, va rimarcato come la giurisprudenza di merito, nel frattempo, continui a “sposare” in misura maggioritaria la tesi del differimento dell’imposizione indiretta proporzionale al momento di trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari, dando ragione alla difesa dei contribuenti in antitesi alla posizione degli Uffici.

 

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