Come si computa il limite dei 15.000 euro per i rimborsi IVA?
di Comitato di redazioneIn questi giorni ci stiamo occupando, nelle varie sedi del Master Breve, di analizzare le nuove disposizioni relative alla disciplina dei rimborsi IVA, alla luce delle innovazioni apportate con decreto legislativo 175/2014.
Uno dei caratteri portanti dell’intervento, come noto, è quello di consentire la richiesta del rimborso senza presentazione di alcuna garanzia né di apposizione del visto di conformità sulle istanze trimestrali o sulla dichiarazione annuale.
Il parametro dei 15.000 euro, come precisato dall’Agenzia delle entrate, va verificato con distinto doppio binario tra utilizzi in compensazione ed utilizzi in rimborso.
Peraltro, nel caso delle compensazioni, si evidenzia che la presentazione di istanze trimestrali sfugge ancora alla necessaria apposizione del visto di conformità, diversamente da quanto accade per i rimborsi.
Ciò significa che la compensazione, ancora oggi, risulta privilegiata in termini di adempimenti “formali” rispetto alla richiesta di rimborso del credito.
Detto ciò, e tornando alla richiesta di rimborso senza attivazione di garanzia o di visto, una domanda che spesso viene posta dei colleghi è la seguente: come materialmente devo verificare il superamento del tetto dei 15.000 euro?
In tal senso ci aiuta la circolare 32/E/2014 che, al paragrafo 2.1, propone alcune affermazioni che ci potrebbero instradare verso la soluzione al quesito.
Ai sensi del nuovo articolo 38-bis, comma 3, i rimborsi fino a 15.000 euro sono eseguiti in base alla sola presentazione della dichiarazione, per i rimborsi annuali o dell’istanza di rimborso, per quelli relativi a periodi inferiori all’anno.
Viene, quindi, estesa da 5.164,57 a 15.000 euro la soglia di esonero da ogni ulteriore adempimento, ad eccezione della presentazione della dichiarazione o dell’istanza.
Per quanto riguarda il calcolo di tale soglia, il limite è da intendersi riferito non alla singola richiesta, ma alla somma delle richieste di rimborso effettuate per l’intero periodo d’imposta (cfr risoluzione n. 165/E del 3 novembre 2000). Ciò si desume anche dalla relazione illustrativa che, limitandosi a rilevare l’innalzamento dell’ammontare dei rimborsi eseguibili senza alcun adempimento da 5.164,57 a 15.000 euro, non evidenzia alcuna ulteriore modifica rispetto alla previgente normativa che possa condurre ad una diversa interpretazione.
Attribuendo “peso” alle indicazioni del documento di prassi, si potrebbe affermare che, ove si indica che si deve avere riguardo alla somma delle richieste di rimborso effettuate “per l’intero periodo di imposta”, si vorrebbe intendere che rileva la “sommatoria” delle richieste relative, ad esempio, al periodo 2015, a prescindere dall’anno di presentazione (ad esempio, la richiesta annuale di rimborso verrà presentata durante l’anno 2016).
A maggior precisazione, successivamente si afferma che se, ad esempio, viene presentata un’istanza di rimborso infrannuale per un importo di 10.000 euro senza apposizione del visto e, successivamente, per il medesimo periodo d’imposta, viene presentata una nuova istanza o dichiarazione con importo chiesto a rimborso pari a ulteriori 6.000 euro, l’obbligo del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa, nonché della dichiarazione sostitutiva di atto notorio sorge in relazione a tale ultima richiesta.
Si potrebbe innanzitutto evidenziare, al riguardo, una piccola discrasia; infatti:
- da un lato si richiama il riferimento alle domande / istanze relative ad un anno;
- dall’altro si conferma che tale criterio non risulta mutato (se non per la variazione del limite quantitativo) rispetto al passato.
Bisogna infatti verificare se, quanto affermato nel passato, sia davvero coerente con quanto oggi ribadito.
Il dubbio insorge in quanto gli esempi pregressi evocavano una sequenza di documenti differenziata, vale a dire:
- dapprima la dichiarazione annuale;
- successivamente le istanze trimestrali.
Potrebbe apparire una vicenda di poco conto, se non fosse che tale cronologia sembrerebbe riferire le dichiarazioni / istanze all’anno solare di pura presentazione (nella sequenza logica della annuale, seguita dalle istanze) e non di riferimento al periodo solare di riferimento.
Stante questo disallineamento, unitamente alla affermazione che nulla è cambiato rispetto al passato, si potrebbe auspicare una conferma da parte dell’amministrazione, tesa a chiarire quale tra i due criteri evocati debba essere utilizzato (l’anno di presentazione, oppure l’anno di riferimento).
Il riferimento alla circolare 32 (documento più recente e peraltro riferito alle norme novellate) sembrerebbe confermare la seconda proposta, mentre i documenti di prassi del pregresso sembrerebbero riferirsi all’anno di presentazione.