Aspetti contabili della cessione del credito da parte del professionista
di Viviana GrippoLa questione di cui si occupa il presente elaborato riguarda la possibilità per il professionista di cedere un proprio credito.
Apparentemente la risposta potrebbe essere positiva ma occorre ricordare che, generalmente, il credito del professionista non è rappresentato da una fattura in quanto essa viene emessa solo all’incasso; pertanto, si tratterebbe sostanzialmente della cessione di un credito non ancora fatturato.
dell’art. 54 del Tuir che dispone: “
Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo “stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi”.In merito all’Iva, invece, il momento impositivo, trattandosi di una prestazioni di servizi, si manifesta all’atto del pagamento del corrispettivo, salvo il caso di emissione spontanea e precedente della fattura. Il
comma 3, dell’art. 6 del dpr 633/72 prevede che “
Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.
Non di meno è la problematica relativa alla ritenuta d’acconto ex art. 25 del D.P.R. 600/1973; a riguardo, si ricorda che l’obbligo si manifesta ogni qual volta un ente o società paghi ad un altro soggetto un compenso per prestazioni di lavoro autonomo.
Quindi è al momento dell’incasso che si realizza in capo al professionista la rilevanza dell’operazione:
- ai fini delle imposte dirette,
- ai fini Iva e
- ai fini dell’obbligo di operare da parte del cliente la ritenuta.
Come si sposa tutto questo con la cessione del credito tenuto anche conto che alla cessione corrisponderà un altro passaggio di denaro dal soggetto che acquista il credito a colui che lo cede? Occorre chiedersi se il professionista cedente al momento dell’incasso del corrispettivo di cessione deve o meno emettere fattura e che tipo di reddito produce in tale evenienza, allo stesso modo occorre capire se e quando si verifica il presupposto per l’applicazione della ritenuta d’acconto.
Si tratta di quesiti che impattano, ovviamente, anche sulle rilevazioni contabili.
Dal punto di vista reddituale ci viene in aiuto il comma 2 dell’art. 6 del Tuir, disposizione generale in merito all’Irpef, che chiarisce che “i proventi conseguiti in sostituzione dei redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti“, da cui si deriva che quanto il professionista cedente si vedrà pagato un corrispettivo in conseguenza della cessione del credito manterrà la natura di reddito di lavoro autonomo e come tale dovrà essere dichiarato.
In merito all’obbligo di ritenuta, posto che, come detto, esso si manifesta ogni qual volta un ente o società paghi ad un altro soggetto un compenso per prestazioni di lavoro autonomo, è chiaro che il cessionario del credito dovrà operare la ritenuta d’acconto su quanto versato a titolo di corrispettivo al professionista cedente.
Il problema semmai riguarda l’Iva. Occorre chiedersi se la cessione del credito, realizza o meno il presupposto dell’esigibilità dell’imposta. L’Agenzia delle Entrate si è fortunatamente espressa in merito chiarendo (c.m. 1/E/2013) che l’incasso del prezzo di cessione del credito non è equiparabile al pagamento del corrispettivo originario con la conseguenza che al suo verificarsi il professionista cedente non dovrà corrispondere l’imposta. Essa sarà dovuta solo al momento in cui il debitore ceduto pagherà il corrispettivo al cessionario. In tale momento si dovrà operare la fatturazione e la liquidazione dell’imposta.
Da parte sua, il debitore ceduto dovrà sostituire in contabilità il suo debito verso il professionista cedente con un debito verso il cessionario. Si ricorda che l’operazione dovrà essere eseguita all’atto della notifica della cessione del debito.