Costi black list semplificati
di Nicola FasanoLa Legge di stabilità 2016 (art. 1, c. 142, L. 208/2015) abroga il regime di deducibilità dei costi black list (dettato dai commi da 10 a 12bis dell’art. 110, Tuir, ora soppressi) a partire dal periodo di imposta, per i soggetti solari, 2016.
Si tratta di una novità da salutare, evidentemente, con estremo favore e, per certi versi, inattesa considerato che il regime dei costi black list era già stato di recente novellato dal decreto internazionalizzazione (D.Lgs. 147/2015) con lo scopo di semplificare i relativi adempimenti previsti per la deduzione a partire dal periodo di imposta 2015 (sempre considerando i soggetti “solari”).
In sostanza dal periodo di imposta 2014 al 2016 si sono succeduti tre differenti regimi così sintetizzabili.
Fino al 2014 è prevista l’indeducibilità dei costi o meglio di “qualunque componente negativo di reddito” (C.M. 51/E/2010 e 35/E/2015) derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e imprese domiciliate in Stati o territori rientranti nella black list, salva l’ipotesi in cui il contribuente residente sia in grado di fornire la prova all’Amministrazione finanziaria circa:
- l’effettivo svolgimento di un’attività commerciale da parte dell’impresa estera fornitrice;
- il fatto che le operazioni da cui derivavano i componenti negativi rispondessero ad un effettivo interesse economico per l’impresa residente e le stesse avessero avuto concreta attuazione.
È necessario inoltre monitorare tali operazioni tramite specifiche variazioni in aumento e in diminuzione nel Modello Unico. L’eventuale inadempimento di tale onere comporta l’applicazione della sanzione nella misura del 10% dell’importo complessivo dei costi non indicati separatamente, con un minimo di € 500 e un massimo di € 50.000, ferma restando, ricorrendone le condizioni, la deducibilità del relativo componente negativo di reddito (mentre in assenza delle esimenti di cui all’art. 110 Tuir, trovano applicazione anche le sanzioni per infedele dichiarazione oltre chiaramente alla maggiore imposta e relativi interessi).
Il decreto internazionalizzazione, invece, per il periodo di imposta 2015, ha previsto la deducibilità di tali costi nei limiti del loro valore normale, richiedendo, ai fini dell’integrale deducibilità, la dimostrazione dell’unica esimente residua ossia la prova che le operazioni rispondano ad un effettivo interesse economico e abbiano avuto concreta attuazione. In sostanza il decreto internazionalizzazione da un lato riconosce la deducibilità di tali costi nei limiti del valore normale (in luogo della precedente presunzione di non deducibilità) e dall’altro elimina quale possibile esimente ai fini del riconoscimento dell’intero costo (anche oltre il valore normale) la dimostrazione dell’effettivo svolgimento di un’attività commerciale da parte dell’impresa estera fornitrice, spesso di difficile concreta attuazione da parte del contribuente.
È comunque necessario monitorare tali operazioni tramite specifiche variazioni in aumento e in diminuzione nel Modello Unico, posto che in caso di eventuale inadempimento permane l’applicazione della sanzione nella misura del 10% dell’importo complessivo dei costi non indicati separatamente, con un minimo di € 500 e un massimo di € 50.000.
Tale novella, tuttavia, seppur migliorativa della disciplina previgente, poteva comunque creare ulteriore contenzioso con l’Amministrazione finanziaria in merito soprattutto alla quantificazione del corretto “valore normale” entro cui è ammessa la piena deducibilità del costo oltre a prevedere comunque l’applicazione della sanzione proporzionale (in caso di mancato monitoraggio dei costi in dichiarazione) la cui legittimità, peraltro, è stata talvolta sconfessata dalla giurisprudenza di legittimità, in presenza delle condizioni di deducibilità del costo (si veda Cass. 26298/2010).
La legge di stabilità, pertanto, abroga la disciplina in questione ancorando in pratica la deduzione dei costi black list ai criteri di carattere generale (primo fra tutti quello dell’inerenza) ed eliminando la separata indicazione di tali costi in dichiarazione (e, di conseguenza, la relativa sanzione in caso di inadempimento).
La norma è chiara nello stabilire che si applica dal 2016 (dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015 per i contribuenti “non solari”), il che potrebbe rappresentare un ostacolo all’applicazione del favor rei per le violazioni commesse in anni precedenti in quanto l’art. 3, co. 2 del D.Lgs. 472/97 prevede il principio secondo cui nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce violazione punibile, ma fa salve eventuali diverse previsioni di legge (il punto, ad ogni modo, è tutt’altro che pacifico). Ne deriva che anche in Unico 2016 relativo al periodo di imposta 2015 sarà bene indicare separatamente i costi black list, come previsto dalle istruzioni pubblicate in bozza, aggiornate alla luce delle disposizioni del decreto internazionalizzazione.