L’IVA sulle vendite di beni on line senza magazzino
di Marco PeiroloNell’ambito delle transazioni riconducibili al commercio elettronico “indiretto”, cioè con consegna fisica del prodotto, è assai frequente che l’operazione sia eseguita ricorrendo al modello del cd. “drop-shipping”.
In pratica, il bene ceduto non è materialmente presente nel magazzino del venditore, per cui quest’ultimo, una volta perfezionata la vendita, trasmette l’ordine di acquisto al fornitore (drop-shipper), che provvede alla spedizione al cliente finale.
Altrettanto tipico è che il fornitore non sia italiano, ma di altro Paese UE, nel qual caso, agli effetti dell’IVA, l’operazione complessivamente posta in essere è riconducibile allo schema della triangolazione in cui il primo cedente è stabilito/identificato in altro Paese UE, mentre il soggetto intermedio e il cliente finale sono entrambi italiani.
La Corte di giustizia ha, in più occasioni, fornito indicazioni sul trattamento IVA delle triangolazioni in esame.
Nella sentenza EMAG Handel Eder (causa C-245/04 del 6 aprile 2006), confermata dalla sentenza Euro Tyre Holding (causa C-430/09 del 16 dicembre 2010) e dalla sentenza VSTR (causa C-587/10 del 27 dicembre 2012), è stato affermato che, “quando due cessioni successive relative agli stessi beni, effettuate a titolo oneroso tra soggetti passivi che agiscono in quanto tali, danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di detti beni, tale spedizione o tale trasporto può essere imputato ad una sola delle due cessioni, che sarà l’unica esentata ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva [ora art. 138, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE]. Tale interpretazione vale indipendentemente da quale dei soggetti passivi – primo venditore, acquirente intermedio o secondo acquirente – possa disporre dei beni durante la detta spedizione o il detto trasporto”.
Dato, inoltre, che l’unico movimento intracomunitario dei beni può essere imputato ad una sola delle due cessioni successive, ai sensi dell’art. 8, par. 1, lett. a), della VI Direttiva (ora art. 32, comma 1, della Direttiva n. 2006/112/CE), “il luogo di tale cessione si considera situato nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni”, mentre il luogo dell’altra cessione, non comportando una spedizione o un trasporto, si considera situato, ai sensi dell’art. 8, par. 1, lett. b), della VI Direttiva (ora art. 31 della Direttiva n. 2006/112/CE), “nel luogo in cui i beni si trovano al momento della detta cessione”.
In pratica, ad avviso dei giudici comunitari, “(s)e la cessione che comporta una spedizione o un trasporto intracomunitario di beni, e che ha dunque come conseguenza un acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro d’arrivo di tale spedizione o di tale trasporto, è la prima delle due cessioni successive, la seconda cessione si considera avvenuta nel luogo dell’acquisto intracomunitario che l’ha preceduta, cioè nello Stato membro d’arrivo. Al contrario, se la cessione che dà luogo alla spedizione o al trasporto intracomunitario di beni è la seconda delle due cessioni successive, la prima cessione, avvenuta per definizione prima della spedizione o del trasporto dei beni, si considera avvenuta nello Stato membro di partenza di tale spedizione o trasporto”.
Nello schema del drop-shipping, in cui la spedizione è curata dal fornitore non residente, entrambe le cessioni (tra il drop-shipper e il venditore italiano e tra quest’ultimo e il cliente finale) sono “franco destino”.
Alla luce, pertanto, dei princìpi espressi dalla Corte di giustizia, è possibile ritenere che la prima cessione assume natura intracomunitaria, per cui il venditore italiano realizza un acquisto intracomunitario, imponibile IVA ai sensi dell’art. 38 del D.L. n. 331/1993. Di conseguenza, il drop-shipper deve emettere fattura in regime di esenzione di cui all’art. 138, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, con integrazione e registrazione da parte del venditore italiano secondo le modalità e nel rispetto dei termini previsti dagli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993.
In caso di mancato ricevimento della fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, cioè dell’acquisto intracomunitario, che si considera effettuato con l’inizio della spedizione dal Paese UE di provenienza dei beni (art. 39, comma 1, del D.L. n. 331/1993), è previsto l’obbligo di regolarizzazione da parte del venditore italiano, con emissione di autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo (art. 46, comma 5, del D.L. n. 331/1993).
La seconda cessione, posta in essere dal venditore italiano, soddisfa il presupposto territoriale e deve essere regolarmente assoggettata a IVA con emissione della fattura se il cliente finale, in sede di ordine, ha comunicato il proprio numero di partita IVA. In caso contrario (cliente finale “privato consumatore”), la cessione è ugualmente soggetta ad imposta, ma è previsto l’esonero:
- sia dell’obbligo di emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione (nella specie coincidente con il pagamento), come previsto dall’art. 22, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972;
- sia dell’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale, come previsto dall’art. 2, lett. oo), del D.P.R. n. 696/1996.
Per le vendite “B2C”, quindi, i corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’IVA, devono essere annotati nel registro di cui all’art. 24 del D.P.R. n. 633/1972 entro il giorno non festivo successivo e, in sede di liquidazione periodica, si provvederà ad operare lo scorporo dell’IVA con il “metodo matematico”, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.