Il “finto” comodato genera proventi da tassare
di Carmen MusuracaGuido MartinelliLa Commissione Tributaria Regionale di Genova con la sentenza n. 1147 del 3 novembre 2015, in materia di accertamenti alle realtà sportive dilettantistiche, conferma l’importanza della sostanza sulla forma dichiarando soggetti a tassazione gli oneri di rimborso spese pagati ad una associazione sportiva dilettantistica da parte di due società che detenevano alcuni locali nella disponibilità della stessa in ragione di un contratto di comodato gratuito che di fatto non era tale.
La vicenda prende le mosse da una verifica fiscale svolta dall’Agenzia delle entrate nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica, circolo golf, alla quale veniva notificato un avviso di accertamento di contestazione della natura commerciale di specifiche prestazioni che l’ente aveva invece considerato come non imponibili.
Il circolo impugnava l’avviso e la Commissione Tributaria Provinciale adìta confermava solo due dei sei rilievi sollevati dall’Agenzia ribadendo la natura commerciale e, dunque, imponibile dei proventi derivanti dalla locazione di immobili e della gestione delle attività di piscina, bar e ristorante.
Ricorreva avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate sostenendo il carattere commerciale non dell’ente verificato bensì delle singole attività da questo prestate, che non potevano in nessun modo considerarsi collegate agli scopi istituzionali come sostenuto dalla difesa del circolo in quanto non necessarie alla pratica del golf.
L’associazione controdeduceva con appello incidentale ritenendo acclarato il proprio status di ente non commerciale e confermando che per tutti i proventi da questo riscossi esisteva un nesso di strumentalità fra lo scopo dell’associazione e le modalità di esercizio dell’attività sportiva del golf stesso, pertanto, tutti dovevano essere considerati accessori e non imponibili.
In riferimento poi alla specifica attività di locazione di immobili la cui commercialità era stata confermata dalla sentenza di primo grado, l’associazione chiarisce che in realtà i proventi contestati non rappresentavano un corrispettivo da locazione bensì dei meri rimborsi spesa effettuati da parte delle due società che detenevano i locali in ragione di un accordo di comodato gratuito in essere, pertanto, era da considerarsi illegittimo il loro assoggettamento a tassazione.
La Commissione Regionale, valutati gli atti e le discussioni svolte in pubblica udienza, ha ritenuto di confermare la decisione impugnata.
Secondo i Giudici, infatti, in ragione della pronuncia della Corte Costituzionale n. 467/1992 e della Cassazione n. 16032/2005 non è sufficiente l’autoqualificazione operata dall’associazione nello statuto a legittimarla come tale ma c’è bisogno di una verifica in concreto dell’attività dalla stessa effettivamente esercitata.
Secondo i Giudici è, allora, indicativa e degna di valere anche nel caso in esame la posizione assunta dalla DRE della Lombardia con la nota n. 47792 del 1999 attraverso cui, in un caso analogo a quello in giudizio, si riconosceva che le attività di utilizzo di attrezzature a noleggio, il noleggio di golf car, il servizio di rimessaggio di golf car – e secondo la Commissione nel novero bisogna ricomprendere per forza anche quella dell’affitto degli armadietti – erano prestazioni di naturale completamento degli scopi specifici dell’associazione e quindi effettuate in diretta attuazione degli scopi istituzionali come voluto dal comma 3 dell’articolo 148 del TUIR.
In ragione di ciò la sentenza conferma l’annullamento dei rilievi in relazione ai proventi giudicati come prestazioni di natura non commerciale dalla stessa Agenzia delle entrate nella nota richiamata, mentre ribadisce, però, che non possono considerarsi rientranti nello scopo istituzionale del circolo golf le attività di bar, piscina e ristorante.
In particolare, poi, riguardo le attività di messa a disposizione di spazi in favore di alcune società di gestione la sentenza afferma che “devesi, infatti, rilevare che i contratti formalmente denominati “comodato gratuito” prevedono in realtà degli oneri di rimborso delle spese a carico dei gestori, mascherando corrispettivi versati i relazione a prestazioni di entità equivalente a quella che negli anni 2002 e 2003 quando si era in presenza di un contratto di azienda con canone annuo di simile entità”.
Il consiglio agli operatori sportivi è, dunque, ancora una volta, quello di non cimentarsi in fantasiose costruzioni di gratuità facilmente smascherabili perché mai come nel mondo delle realtà sportive la forma non fa sostanza e l’Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza continuano ormai costantemente a ricordarcelo.