Ancora dubbi sulla detrazione dell’Iva nell’attività di agriturismo
di Alberto RocchiPervengono a conclusioni diametralmente opposte due importanti sentenze della Corte di Cassazione che, recentemente, hanno affrontato la spinosa questione della detraibilità dell’Iva assolta sulla ristrutturazione dell’immobile destinato ad attività agrituristica. Il problema nasce quando l’azienda agricola, in regime speciale ai sensi dell’articolo 34 D.P.R. 633/1972, avvia un’attività agrituristica con sostenimento di costi per rendere l’immobile idoneo allo tale scopo.
Ci si è sempre chiesti se, in questi casi, l’opzione da parte dell’azienda per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari sull’attività agrituristica (Iva da Iva), ai sensi dell’articolo 5, terzo comma, L.413/1991, risulta sufficiente a garantire il recupero dell’imposta assolta sulle spese imputabili all’immobile, ferma restando l’applicazione del regime speciale sull’attività agricola di base con contestuale separazione delle due attività.
Da sempre, in materia, si fronteggiano due diverse impostazioni:
– Da un lato, partendo dalla considerazione che l’utilizzo delle costruzioni rurali per l’attività agrituristica non implica una distrazione degli immobili dalla natura agricola che gli è propria (come confermato da numerose Leggi speciali), si poteva pensare che la detrazione Iva per le ristrutturazioni di fabbricati dovesse essere operata nell’ambito dell’attività agricola: dunque, preclusa, se questa non fosse stata in regime ordinario previa opzione, a prescindere dalle scelte operate in capo all’agriturismo;
– Di contro, invece, muovendo dai principi generali che regolano l’applicazione dell’imposta, sembrava più corretta la soluzione opposta: infatti, l’immobile agricolo, una volta destinato all’attività agrituristica, era da considerare a questa “afferente”, con conseguente necessità di operare un passaggio interno, ancorché “reversibile”, dall’attività agricola a quella agrituristica per poi detrarre, in capo a quest’ultima, l’Iva sulle spese sostenute.
La stessa Agenzia delle entrate non aveva una posizione univoca. Alcuni Uffici locali, di fronte ai casi concreti, avevano mostrato di preferire la prima delle due tesi; tuttavia, la Risoluzione 65/E/2009, prendendo posizione sulla possibilità di detrarre l’Iva sulle spese sostenute per la realizzazione di una piscina all’interno della struttura agrituristica, chiariva che la piscina medesima doveva considerarsi come bene relativo all’attività agrituristica e che, pertanto, il relativo diritto alla detrazione dell’imposta sulle spese sostenute per la sua costruzione, dovesse maturare in capo a questa, ove, naturalmente, in regime ordinario per opzione. Da qui si poteva dedurre, sia pure indirettamente, che l’Agenzia avesse definitivamente sposato la seconda delle due tesi anche con riferimento agli altri immobili.
Di sicuro, l’intero corpo normativo dedicato all’agriturismo, sembra fortemente ispirato dalla necessità di tracciare un legame di accessorietà tra l’attività agricola e quella agrituristica e di mantenere un collegamento di tutte le dotazioni aziendali con il fondo e con la coltivazione, evitando che le strutture possano assumere caratteristiche tali da snaturare la vocazione agraria che le caratterizza.
La prima regolamentazione del settore era contenuta nella L.730/1985 la quale, nel definire le attività agrituristiche, precisava che potevano “essere utilizzati per attività agrituristiche i locali siti nell’abitazione dell’imprenditore agricolo ubicata sul fondo, nonché gli edifici o parte di essi esistenti nel fondo e non più necessari alla conduzione dello stesso” (articolo 3 L.730/1985). Successivamente, il D.Lgs.228/2001, nell’ambito di una riforma integrale dell’intera materia agricola, ampliava la nozione di agriturismo includendovi attività diverse quali pratica sportiva, escursionistiche, di ippoturismo e altre, mentre la Legge quadro (L. 96/2006), sostanzialmente riproduceva la norma sul patrimonio immobiliare disponendo che “possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti sul fondo”. Infine, l’articolo 9, comma 3-bis, D.L. 557/1993, riconosceva, a fini urbanistico catastali, “carattere rurale” alla generalità dei fabbricati destinati all’agriturismo.
Se, dunque, la volontà del legislatore sembra univocamente spingere verso una riconduzione del patrimonio immobiliare all’interno del perimetro “agricolo” anche quando destinato ad attività agrituristica, non resta che trarne le dovute conseguenze: il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sulle spese di ristrutturazione, afferisce al “ramo” agricolo in quanto l’incremento di valore che il fabbricato incamererà a seguito dei lavori, è a beneficio dell’attività agricola, vero fulcro aziendale e centro di gravità degli interessi economici dell’imprenditore. L’immobile, pur se temporaneamente “prestato” all’agriturismo, dovrà essere considerato di pertinenza dell’agricoltura e seguire il regime di detrazione che l’imprenditore avrà scelto in questo ambito: se avrà optato ai sensi dell’articolo 34, quinto comma, D.P.R. 633/1972 per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari, potrà detrarre l’imposta assolta anche sulle spese immobiliari; se, viceversa, si dovesse trovare in regime speciale, non potrà beneficiare di alcuna detrazione sull’Iva pagata ma soltanto di quella forfettizzata dalle percentuali di compensazione all’atto della vendita dei prodotti agricoli.
Questa tesi è stata recentemente ribadita dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6206/2015. Oggetto di contestazione era la detraibilità dell’imposta assolta sulle spese di ristrutturazione degli edifici che un contribuente, titolare di azienda agrituristica, deteneva in forza di contratto di affitto. La Suprema Corte, cassando il gravame, ha qui confermato la decisione dei Giudici della Commissione Regionale i quali avevano riconosciuto la spettanza del diritto alla detrazione dell’Iva ma, stante la volontà del contribuente di avvalersi del regime speciale Iva per l’attività agricola, desumibile dal contenuto delle dichiarazioni, mancavano i presupposti per il suo esercizio concreto.
La conclusione racchiusa nella sentenza è in linea con una lettura della normativa incentrata sul carattere “agrario” dell’immobile anche quando destinato all’attività ricettiva secondo i caratteri di accessorietà e connessione declinati dalla normativa generale e speciale. Tuttavia la prassi operativa e le stesse scarne istruzioni dell’Agenzia delle entrate, continuano a mostrarsi tutt’altro che uniformi; in questo quadro di incertezza, ad aumentare i dubbi degli operatori, il nuovo importante intervento giurisprudenziale contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 21965/2015. Una locale Agenzia delle entrate, aveva negato la detrazione dell’Iva sostenuta sulle spese di ristrutturazione di un fabbricato destinato ad attività agrituristica in quanto le spese stesse avrebbero dovuto essere imputate all’attività agricola per la quale però, mancando l’opzione per il regime ordinario, valeva la regola “speciale” che non ammette detrazione effettiva ma solo quella parametrata alle aliquote di compensazione. Dopo che la CTP aveva confermato le ragioni dell’Ufficio, i Giudici di secondo grado, con una impostazione alquanto singolare, disponevano che la mancata opzione per il regime ordinario in agricoltura, precludesse la possibilità di esercitare la stessa opzione anche sull’agriturismo, come se il regime scelto sull’attività agricola fosse vincolante anche per le altre attività connesse e complementari. Ovviamente il contribuente resisteva e la questione giungeva di fronte alla Suprema Corte la quale, dopo aver correttamente rilevato che, in presenza di valida opzione per il regime ordinario, le attività agrituristiche possono rimanere distinte da quelle agricole secondo le regole sulla separazione delle attività previste dalla normativa, affrontava il tema della concreta possibilità di detrazione dell’Iva afferente le spese di ristrutturazione. In proposito, i Giudici osservano che l’attività agrituristica include tipicamente organizzazione ed esecuzione del servizio di ospitalità e alloggio che non può essere fornito se non attraverso la realizzazione e messa a disposizione di immobili costruiti sul fondo e adibiti a uso abitativo in funzione del temporaneo soggiorno dei clienti. Ne consegue che anche le spese di ristrutturazione e manutenzione di tali immobili, la cui funzione riconosciuta dalla legge è “strumentale” all’esercizio dell’attività agrituristica, debbono godere dell’ordinario regime di detrazione Iva laddove la relativa opzione sia stata regolarmente esercitata. Quindi, le spese di ristrutturazione del fabbricato destinato all’esercizio dell’attività agrituristica, rilevano nell’ambito di quest’ultima attività ove, nel caso esaminato, in forza di regolare opzione, il contribuente aveva diritto a detrarre l’Iva relativa secondo le regole ordinarie.
Gli indirizzi opposti contenuti nelle due Sentenze, non fanno che acuire le incertezze degli operatori, già da tempo alla ricerca del bandolo della matassa. Non resta quindi che auspicare un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle entrate che dovrà però tenere conto in qualche modo anche di tutte quelle situazioni ormai cristallizzate in cui, per effetto di scelte operate in buona fede, si è adottata l’una o l’altra linea di condotta con le relative conseguenze economiche.