La mancata esecuzione dei conferimenti da parte dei soci
di Fabio PauselliQuando un socio di una s.r.l. non esegue il conferimento cui è obbligato nei termini indicati dagli Amministratori, questi devono attivare un procedimento disciplinato dall’articolo 2466 cod. civ. il quale prevede una diffida fino a culminare nella vendita o esclusione del socio moroso.
Il socio è considerato in mora nei versamenti quando scadono i termini previsti per il versamento di quanto conferito ma non ancora liberato oppure, in presenza di conferimento di opere o servizi, da quando la polizza assicurativa o garanzia fideiussoria è scaduta o divenuta inefficace. In quest’ultimo caso il socio può sempre sostituire la polizza o la fideiussione con un versamento di un corrispondente importo in denaro. La messa in mora del socio comporta per quest’ultimo l’impossibilità ad esercitare il suo diritto di voto nell’ambito delle decisioni assembleari. Parte della dottrina ritiene ammissibile un suo intervento in assemblea e il computo ai fini del quorum costitutivo. È evidente, tuttavia, che in alcuni casi, accogliere questa tesi potrebbe comportare una totale impasse a livello societario. Si pensi, ad esempio, al caso di una s.r.l. con 3 soci di cui uno titolare di una quota al 61%, uno al 20% ed uno al 19%, in cui il socio portatore del 61% del capitale sia moroso per l’intera partecipazione. In questi casi il socio moroso potrebbe benissimo impedire la costituzione dell’assemblea e che siano adottati gli opportuni provvedimenti in base al disposto del dettato normativo. Vista la delicatezza della questione potrebbe essere opportuno inserire un’apposita clausola statutaria volta a disciplinare la materia.
Gli amministratori, a pena di nullità degli atti successivi di vendita o esclusione, devono inviare una diffida al socio moroso ad eseguire i versamenti entro un termine di almeno 30 giorni; tale termine può essere ampliato, mai ridotto. Decorso inutilmente il termine indicato nella diffida, gli amministratori, ai sensi del comma 2 dell’articolo 2466 cod. civ., potranno scegliere se promuovere un’azione legale per ottenere l’esecuzione dei conferimenti oppure procedere con la vendita coattiva della quota del socio moroso.
Nel caso in cui gli amministratori scelgano di vendere la quota, tale vendita avrà per oggetto l’intera partecipazione e non una sua parte, il cui valore dovrà essere pari a quello risultante dall’ultimo bilancio approvato. La vendita sarà a rischio e pericolo del socio moroso, intendendosi con questa espressione il fatto che il socio sarà comunque tenuto a rimborsare la società dell’eventuale differenza tra quanto da questa recuperato e l’importo originario del debito. Gli amministratori devono offrire la quota prima agli altri soci quali titolari di un diritto di prelazione sull’acquisto proporzionale alle rispettive partecipazioni, successivamente, in mancanza di opzione da parte dei soci o in presenza di offerte ad un prezzo inferiore al valore minimo determinato, potranno procedere con la vendita ai terzi. Tale vendita avviene all’incanto ai sensi dell’articolo 534 c.p.c., salvo che l’atto costitutivo non lo consenta. Il ricavato dalla vendita dovrà coprire tutte le spese, gli interessi moratori e la somma capitale del quantum dovuto dal socio moroso. Se la somma è insufficiente, gli amministratori potranno agire contro il socio per il pagamento della differenza mentre nel caso in cui la somma fosse superiore, questi dovranno restituire l’eccedenza al socio. Nella vendita all’incanto l’amministratore opera come mandatario del socio moroso e, quindi, dovrà operare nel suo interesse massimizzando, ove possibile, il ricavato della cessione. Si è discusso in dottrina della possibilità che gli amministratori, nel caso fossero anche soci, possano vendere a sé stessi. In senso positivo si è espressa anche la massima I.I.8. del Triveneto pur raccomandando la massima trasparenza nel porre in essere l’intero procedimento.
In presenza di un aggiudicatario inadempiente, si dovrà agire nei confronti di quest’ultimo per la risoluzione del contratto o per l’esecuzione dello stesso, fermo restando il risarcimento del danno derivante da quanto la società dovrà sostenere per procedere ad un nuovo incanto. Nel caso in cui la vendita non ha avuto luogo per mancanza di compratori, gli amministratori dovranno necessariamente escludere il socio trattenendo le somme riscosse e riducendo il capitale sociale in misura corrispondente. È evidente che il socio moroso può sanare la sua posizione fintanto che la quota non viene venduta o sia pronunciata la sua esclusione, versando gli importi dovuti, comprensivi degli interessi, delle spese e degli eventuali danni.