Ma il comma 5 dell’articolo 102 del Tuir ha ancora una funzione?
di Sergio PellegrinoNell’ambito della normativa fiscale capita talora di imbatterci in disposizioni magari molto conosciute, ma che paiono non avere più una possibile applicazione pratica per effetto di altri interventi normativi che le hanno “svuotate” di significato.
Una di queste norme, quanto meno per i contribuenti in contabilità ordinaria, è il comma 5 dell’articolo 102 Tuir, che stabilisce che “Per i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro è consentita la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute”.
Nel momento in cui viene acquisito un bene che non supera la fatidica soglia del “vecchio” milione di lire, generalmente non ci poniamo problemi di alcun tipo e procediamo alla deduzione diretta ed integrale del costo, forse convinti di applicare proprio il comma 5 dell’articolo 102 Tuir.
Da un punto di vista contabile che cosa succede?
Come sappiamo, l’articolo 2426 codice civile stabilisce che “il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”.
Quindi, civilisticamente, la soluzione corretta sarebbe quella di effettuare la capitalizzazione e ammortizzare il costo sulla base della vita utile del bene.
Senonché, più o meno consciamente, il redattore del bilancio applica la deroga contenuta nel principio contabile OIC 16 che, dopo averci ricordato che “La procedura di ammortamento è prescritta per le immobilizzazioni materiali la cui utilizzazione è limitata nel tempo”, consente di non applicarla in relazione a quelle “… che, pur soggette a tale limitazione, per la loro modesta entità non vengono assoggettate all’ammortamento, ma direttamente imputate a spese nell’esercizio”.
Il costo sostenuto viene allora imputato alla voce B.6 del conto economico “Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci” e così spesato integralmente, senza conseguentemente transitare il bene nel libro cespiti.
Così facendo è evidente che la deduzione che si realizza integralmente nel periodo di imposta non avviene attraverso l’applicazione della previsione del quinto comma dell’articolo 102, ma sulla base del principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato economico dell’esercizio: il componente negativo è stato infatti già imputato integralmente a conto economico.
Se invece il bene di valore inferiore a 516,46 euro viene capitalizzato, in ossequio all’esigenza di redigere un bilancio civilisticamente ineccepibile o, più probabilmente, per ridurre i componenti negativi a conto economico, a questo punto nel conto economico dell’esercizio in cui viene acquisito il bene verrà imputata soltanto la quota di ammortamento, definita sulla base della vita utile attesa del bene.
E in questo caso che in passato scattava l’applicazione del quinto comma dell’articolo 102, che si concretizzava in una variazione in diminuzione in dichiarazione dei redditi, non più operabile da quando (periodo successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007) è stato soppresso il periodo della lettera b) del quarto comma dell’articolo 109 Tuir che consentiva la deduzione extracontabile per ammortamenti, rettifiche di valore e accantonamenti: questa si esplicitava nella compilazione del quadro EC nel modello Unico.
Venuta meno questa strada, la quota di ammortamento deducibile, naturalmente nel rispetto dei limiti derivanti dall’applicazione dei coefficienti fiscali stabiliti dal D.M. 31.12.1988, è quella imputata a conto economico, non essendovi più la possibilità di applicare la previsione dell’articolo 102 comma 5.
La disposizione rimane quindi nel Tuir, ma priva di significato concreto quanto meno per le imprese in contabilità ordinaria, mentre continua a svolgere una funzione per quelle “minori”, che si trovano in contabilità semplificata, atteso il richiamo all’articolo 102 nella sua interezza che opera l’articolo 66 Tuir.