23 Ottobre 2015

La rimessione in termini nel rito tributario

di Luigi Ferrajoli
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L’istituto della rimessione in termini, un tempo disciplinato dall’art. 184-bis c.p.c., a seguito della riforma operata dalla L. n.69/09 è regolato dall’art. 153, co.2, c.p.c. che prevede che “la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il Giudice provvede a norma dell’art. 294, secondo e terzo comma”.

Prima della riforma del 2009 l’orientamento giurisprudenziale prevalente riteneva che la rimessione in termini, per la sua collocazione nel libro II rubricato “Del processo di cognizione” riguardasse solo “…la fase istruttoria del procedimento e non la proposizione delle impugnazioni; ed è perciò applicabile a tutte le decadenze verificatesi in relazione alle attività che le parti debbono compiere entro la prima udienza di trattazione, ovvero a quella fissata a norma dell’art. 184 cod. proc. civ.: e, comunque alle sole decadenze dai poteri processuali della parte interni al giudizio di primo grado ma non anche alle decadenze relative ai poteri processuali esterni a tali giudizi” (Cass. Civ. n. 2946/08).

Il legislatore con la riforma del 2009 ha trasferito la disciplina della rimessione in termini nel libro I rubricato “Disposizioni generali”. Secondo la giurisprudenza più recente, tale nuova collocazione ha ampliato la portata del summenzionato istituto anche ai gradi del giudizio successivi al primo, oltre che   a situazioni diverse dallo svolgimento del processo civile, risultando pacificamente applicabile anche al rito tributario.

Con la sentenza n.8715/14 la Corte di Cassazione si è occupata di una vicenda in cui la Commissione Tributaria Regionale adita aveva dichiarato tardivo il ricorso in riassunzione proposto dal contribuente, per essere stato proposto oltre il termine annuale dalla pubblicazione, ex art. 392 c.p.c. (termine ante riforma L. 69/09, post riforma il termine è di tre mesi), della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione che aveva cassato con rinvio alla CTR, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata e l’estinzione del giudizio, ex art. 393 c.p.c..

Il contribuente aveva eccepito che la tardività della riassunzione avanti alla CTR era derivata dalla omessa comunicazione del deposito della sentenza da parte della cancelleria competente.

La CTR, nel rigettare l’impugnazione proposta, aveva evidenziato che la motivazione della tardività della proposizione del ricorso in riassunzione da parte del contribuente non poteva essere accolta in quanto il termine annuale aveva carattere perentorio ed una eventuale rimessione in termini “sarebbe contraria a quello scopo di semplificazione e di certezza del diritto che la norma vuole perseguire”.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione, eccependo che il giudice dell’appello aveva denegato la rimessione in termini per la proposizione del ricorso in riassunzione del grado di rinvio nonostante l’istituto della rimessione in termini avesse carattere generale e potesse applicarsi anche ai gradi successioni al primo.

Il Giudice relatore della Corte di Cassazione assegnatario del fascicolo, ribadendo un principio giurisprudenziale consolidato, ha ritenuto illegittimo tale motivo, osservando al riguardo che “la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto.” (Cass. Civ. n. 17704/10).

Nel caso di specie l’errore di diritto derivava dal fatto che il termine previsto dall’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria e non dalla comunicazione da parte del cancelliere, pertanto non si sarebbe trattato di un errore scusabile.

Il Collegio, tuttavia, non ritenendo condivisibile la proposta di decisione del relatore, alla luce anche della successiva evoluzione giurisprudenziale, riprendendo un principio già affermato ha statuito che “l’istituto della rimessione in termini, di cui all’art.184 bis c.p.c. (vigente nella fattispecie ratione temporis e quindi applicabile nel caso de quo), dovendo essere letto alla luce dei principi costituzionali di effettività del contraddittorio e delle garanzie difensive, trova applicazione non solo nel caso di decadenza dai poteri processuali di parte interni al giudizio di primo grado, ma anche nel caso di decadenza dall’impugnazione per incolpevole decorso del termine” (Cass. Civ. n.9792/12), e questo va inteso in senso lato, comprensivo, quindi, anche del diritto alla proposizione del ricorso avverso atti tributari.

Nel caso di specie, in applicazione del predetto principio, la Corte di Cassazione ha ritenuto di cassare la decisione impugnata e di rinviare alla CTR affinché accertasse in concreto se le ragioni prospettate nell’istanza finalizzata alla rimessione in termini integrassero le caratteristiche dalla causa non imputabile.