Il trust onlus
di Sergio PellegrinoTorniamo a ragionare sull’utilizzo del trust per realizzare finalità benefiche e sulla possibilità di ottenere la qualifica di Onlus.
Il trust, come abbiamo sempre cercato di evidenziare nella nostra rubrica, può realizzare molteplici finalità, assai eterogenee fra loro, ma dispiega indubbiamente una grande efficacia quando viene utilizzato per attuare finalità benefiche, rispondendo in particolare alle esigenze dei soggetti più deboli e che quindi necessitano di maggiore tutela.
Effettuando un confronto con gli istituti che nella nostra tradizione giuridica vengono abitualmente utilizzati per far fronte a questo tipo di finalità, in primis associazioni e fondazioni, emerge come il trust, grazie ad una serie di caratteristiche che sono precipue dell’istituto – la segregazione patrimoniale, la possibilità di definire un programma nell’atto istitutivo alla cui realizzazione è vincolata l’obbligazione fiduciaria del trustee, la funzione di controllo in capo al guardiano, la gestione dinamica del patrimonio in trust – si presenta “vincente” da molti punti di vista.
Come sempre però, fissati gli obiettivi che si intende perseguire, una variabile rilevante nel processo che porta a decidere il ricorso ad un istituto piuttosto che ad un altro è quella fiscale e qui si tratta di comprendere se anche il trust possa ottenere la qualifica di ONLUS e beneficiare delle agevolazioni fiscali che il legislatore ad esse riserva.
La questione è stata per lungo tempo dibattuta, ma ormai da anni è stata risolta in senso affermativo, atteso che vi sono documenti di prassi che lo hanno affermato in modo chiaro, così come esperienze concrete di trust che sono stati iscritti all’Anagrafe delle Onlus.
Per prima ha riconosciuto questa possibilità l’Agenzia per il Terzo Settore (in precedenza Agenzia Onlus, soppressa nel 2012), che, in un atto di indirizzo del 2011, partendo dalla soggettività tributaria attribuita al trust dal legislatore fiscale, è arrivata alla conclusione che esso possa entrare nell’alveo delle ONLUS venendo ricompreso fra gli “altri enti di carattere privato” cui fa riferimento il D.Lgs. 460/1997.
Naturalmente dovranno essere rispettati innanzitutto i requisiti sostanziali fissati dal legislatore, a partire dall’assenza del fine di lucro e dallo svolgimento dell’attività in uno dei settori di pubblica utilità individuati dalla norma.
L’atto istitutivo dovrà poi contenere espressamente le clausole di cui al comma 1 dell’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997.
Fra le altre, l’inserimento nella denominazione dell’acronimo ONLUS, l’obbligo in capo al trustee di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per lo svolgimento dell’attività istituzionale, la redazione del bilancio o rendiconto annuale, in caso di perdita della qualifica di Onlus la devoluzione del patrimonio ad altre Onlus o a fini di pubblica utilità.
Secondo la visione dell’Agenzia delle Entrate, espressa nella circolare 38/E del 2011, soltanto i trust opachi potrebbero legittimamente acquisire la qualifica di ONLUS, mentre così non sarebbe per quelli trasparenti.
Il riconoscimento dello status di ONLUS è, naturalmente, di grande importanza per il trust destinato a realizzare finalità benefiche: gli consente infatti di beneficiare di tutte le agevolazioni fiscali che il legislatore ha introdotto a favore di quegli organismi che perseguono scopi di solidarietà sociale.
Quello più immediato ed evidente è la possibilità da parte di chiunque di “alimentare” il patrimonio in trust senza che l’atto di dotazione sia soggetto all’applicazione dell’imposta di successione e donazione.
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28 Luglio 2016 a 8:48
Secondo me, sei stato fin troppo “buono”. Questa legge ha solo un pregio: tacitare certa ignorante giurisprudenza che continua ogni tanto a ipotizzare l’illegittimità oggettiva dell’istituto in Italia. Per il resto, mi pare solo un’accozzaglia di disposizioni buttate in un calderone senza un filo logico, al solo scopo di accontentare Tizio e Caio. In Italia ci si sveglia la mattina e si decide di essere esperti di questo o di quello: il risultato sono degli aborti normativi. Comunque, un ottimo pezzo (come sempre, del resto); complimenti, Sergio.
28 Luglio 2016 a 15:14
caro dott. pellegrino, è proprio così, il trust così com’è serve solo per i grandi patrimoni, ora le ipotesi sono due: 1- l’ignoranza crassa dei legislatori comunque provata da affermazioni pubbliche dell’on. miotto “che con il trust si mette al sicuro il patrimonio anche dai creditori”, la dilettante allo sbaraglio non sapeva neanche che ogni settimana vengono annullati dei trust che sottraggono beni a chi abbia il diritto di acquisirli 2- hanno in ballo qualche grosso patrimonio di cui impossessarsi e si sono fatti una legge per farlo gratis