Revisione della riscossione: salviamo contribuente ed Equitalia
di Giovanni ValcarenghiUno dei decreti legislativi approvati (in seconda battuta dopo il primo parere delle Commissioni parlamentari) attiene alla revisione del sistema della riscossione. Il provvedimento contiene vari interventi che avremo modo di dettagliare in prossimi articoli e nel corso delle giornate di studio di fine mese dedicate alla tematica. Ce n’è davvero per tutti i gusti: dalla ridenominazione degli aggi (che, pur cambiando nome) non perdono il loro carattere “velenoso” della proporzionalità rispetto all’importo da riscuotere (perseverando, dunque, nell’errore di fondo già presente), all’ulteriore ritocco delle regole della rateazione della cartelle esattoriali (divenuto oramai un evergreen), fino a giungere alla introduzione dell’inadempimento di scarsa rilevanza.
Si tratta della introduzione di un nuovo articolo 15-ter all’interno del DPR 602/1973 che interviene sul tema del mancato rispetto dei piani di rateazione con l’Agenzia delle entrate (su avvisi bonari e accertamenti con adesione).
Si affermano i seguenti principi, alcuni dei quali noti, altri innovativi.
- Per gli avvisi bonari: il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena.
- Per l’accertamento con adesione: il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima (infatti, se non si paga la prima nel termine non si perfeziona l’adesione) entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione del 45% (30% + 15%), applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.
- È esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:
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- insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
- tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.
Dopo avere affermato, dunque, la regola generale dell’obbligo di rispetto dei termini, si introduce un concetto di condivisibile tolleranza, sia pure ponendo ulteriori paletti di natura quantitativa e temporale.
Sul versante quantitativo, l’inadempimento è lieve se contenuto nel 3% del valore a debito, con un massimo di 10.000 euro; ci sarà da comprendere se il parametro quantitativo va misurato (come si crede) in relazione all’ammontare della singola rata, intesa come sommatoria tra capitale ed interessi. Se così fosse, appare evidente che su una rata da 1.000 euro si perdona la carenza, al massimo, di 30 euro. Per giungere al tetto dei 10.000 euro, invece, bisogna ragionare su rate di ammontare pari a circa 333.333.
In merito alla tolleranza temporale, ci si riferisce unicamente alla prima rata e genericamente a 7 giorni, che paiono da computarsi secondo calendario; qui si porrà il problema di correlare il principio con la scadenza in giorno festivo o non lavorativo (a parere di chi scrive i termini si cumulano).
La norma aggiunge, poi, che la disposizione sul ritardo lieve si applica anche ai casi:
- del versamento in unica soluzione delle somme dovute in relazione al pagamento da preavvisi automatici e da controllo formale;
- del versamento in unica soluzione (o della prima rata) delle somme dovute in connessione all’accertamento con adesione.
Pur essendo scusabile, il lieve inadempimento determina, comunque, l’addebito della sanzione per tardivo versamento (30%) con iscrizione a ruolo delle somme dovute; ovviamente, ciò non accadrà in caso di fruizione dei benefici del ravvedimento operoso.
Si precisa anche una questione che nel passato era dibattuta, tanto da essere oggetto anche di un caso controverso su questa stessa testata.
Poiché la precedente norma sulla decadenza individuava la violazione nel mancato pagamento del dovuto entro il termine di scadenza della rata successiva, si discuteva del caso relativo alla omissione o tardività della ultima rata del piano.
Poiché non esiste formalmente una scadenza successiva, poteva sostenersi che la decadenza non si producesse mai; diversamente, si è ritenuto di precisare nel testo che “l’iscrizione a ruolo di cui al comma 5 non è eseguita se il contribuente si avvale del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza”.
Sembrerebbe, allora, che sia stata introdotta una scadenza “di riserva” coincidente con i 90 giorni successivi all’unica o all’ultima rata del piano; poiché la scadenza è trimestrale, il termine utilizzato svolge proprio la funzione di sussidio per colmare un vuoto legislativo che avrebbe potuto dare adito a contestazioni.
Anche su tale aspetto, volendo operare una ricostruzione giuridica, se la norma è stata così variata oggi, si potrebbe legittimamente sostenere che nel passato tale termine “di riserva” non esisteva, con la conseguenza che forse non si produceva mai decadenza in caso di mancato versamento (o tardività) dell’ultima rata.
Vedremo se tali concetti saranno confermati nella versione definitiva, pur credendo che i giochi siano ormai fatti.