La notifica degli atti: è valido anche l’indirizzo indicato nel modello Unico
di Leonardo PietrobonLa notificazione è il meccanismo – le cui forme e modalità sono stabilite normativamente – che consente di portare a conoscenza di uno o più soggetti il contenuto di un atto, mediante consegna di una copia conforme all’originale. In altri termini, quindi, con la notificazione si trasferisce un atto dalla sfera giuridica di un soggetto a quella di un altro soggetto.
Con specifico riferimento alla notifica degli atti tributari, la disposizione normativa di riferimento è rappresentata dall’articolo 42, co. 1 D.P.R. n. 600/73, secondo cui “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.
Stante l’importanza della procedura di notifica, l’aspetto procedurale è normativamente previsto con riguardo a tutte le categorie di atti tributari. Ad esempio:
– l’articolo 21 D.Lgs. n. 546/92 stabilisce che il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, di conseguenza stabilire la corretta notifica, in base al citato art. 42 è fondamentale per rispettare al tempistica propedeutica alla proposizione del ricorso introduttivo;
– l’articolo 60 D.P.R. n. 600/73 stabilisce le regole per la notifica riguardante gli accertamenti delle imposte sui redditi;
– la disposizione speciale di cui all’articolo 3, comma 4 n. 261/1990 prevede che “Gli avvisi di accertamento parziale di cui all’articolo 41 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono essere notificati dall’ufficio delle imposte mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”;
– l’articolo 26 D.P.R. n. 602/73 riguarda, invece, in modo specifico la notifica delle cartelle di pagamento;
– in materia di imposta sul valore aggiunto, l’articolo 56 del D.P.R. n. 633/72, dispone che “le rettifiche e gli accertamenti sono notificati ai contribuenti…”;
– in materia di imposta di registro, l’articolo 52 del D.P.R. n. 131/86, recita: “l’avviso è notificato nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi…”.
Procedendo ad un coordinamento di quanto stabilito dall’articolo 60 D.P.R. n. 600/73 e le disposizioni del Codice di Procedura Civile, la notifica può avvenire:
- nelle mani proprie del contribuente,
- presso il suo domicilio fiscale,
- presso il domiciliatario eventualmente indicato,
- per mezzo del servizio postale.
Con riguardo alla modalità di notifica presso il domicilio fiscale il già citato articolo 60 D.P.R. n. 600/73 alla lettera c) afferma che “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”. In altri termini, quindi, viene messo in evidenza l’importanza del domicilio fiscale, quale luogo di destino corretto degli atti.
L’articolo 58 D.P.R. n. 600/1973, prevede che, agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, “ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato”, stabilendo poi che il domicilio fiscale coincide:
– per le persone fisiche residenti, con il Comune nella cui anagrafe sono iscritte; per quelle non residenti, con il Comune in cui è stato prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più Comuni, con il Comune in cui si è prodotto il reddito più elevato;
– per i soggetti diversi dalle persone fisiche, con il Comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la loro sede amministrativa; mentre, ove anche questa manchi, con il Comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e, in mancanza, con il Comune nel quale esercitano prevalentemente la loro attività.
Sulla questione della notifica presso il domicilio del contribuente è intervenuta recentemente ancora la Corte di Cassazione con la sentenza del 21.7.2015, n. 15258 secondo cui è valida la notifica dell’atto di accertamento effettuata presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, ancorché lo stesso sia diverso dalla residenza. In particolare, con la citata sentenza viene affermato che “il disposto del terzo comma dell’articolo 60 D.P.R. n. 600/73 (alla cui stregua le variazioni e modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici “hanno effetto” ai fini delle notifiche degli atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché soltanto del trentesimo giorno successivo alla variazione anagrafica) non autorizza la conclusione che – dovendo in ogni caso l’Ufficio, prima di notificare un atto al contribuente, controllare, mediante una verifica sui registri anagrafici, l’attualità dell’indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi – detta indicazione sia priva di effetti ai fini della notifica degli atti dell’Amministrazione finanziaria”.
Tale interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l’indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta nel quarto comma dell’articolo 58 D.P.R. n. 600/73 e contrasterebbe con il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello di residenza, ma nell’ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va effettuata in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (sul punto si vedano le sentenze della Corte di Cassazione nn. 5358/06, 11170/13, 26715/13).
Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di Cassazione con la citata sentenza afferma e conclude che altro è il caso di un cambio di residenza e altro è il caso di una originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi. In quest’ultimo caso, infatti, la notificazione che si sia perfezionata presso l’indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi (anche quando, come nella specie, il perfezionamento della notifica avvenga tramite il meccanismo della compiuta giacenza dell’atto in casa comunale) deve considerarsi valida, nonostante che tale indicazione sia difforme (non importa se per errore o per malizia) rispetto alle risultanze anagrafiche.