13 Luglio 2015

L’IVA all’importazione assolta con il reverse charge

di Marco Peirolo
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L’art. 70, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 dispone che l’IVA all’importazione è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione secondo le disposizioni doganali relative ai diritti di confine contenute nel D.P.R. n. 43/1973.

Ai fini della riscossione dell’imposta in dogana, il proprietario dei beni, ovvero chiunque sia in grado di rappresentarlo, direttamente o indirettamente, deve presentare la dichiarazione doganale, resa sul modello DAU (Documento Amministrativo Unico), di cui all’art. 205 del Reg. CEE n. 2454/1993.

In base all’art. 201 del Reg. CEE n. 2913/1992, è con l’accettazione della dichiarazione di importazione che sorge l’obbligazione doganale e, quindi, l’obbligo di assolvere l’imposta sul valore dei beni importati; quest’ultimo, secondo l’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, è determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’IVA, nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione riportato sul documento di trasporto.

A seguito del pagamento dei diritti doganali, IVA compresa, viene rilasciata la bolletta doganale di importazione, che ha natura equivalente alla fattura di vendita di cui all’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, la bolletta doganale deve essere numerata in ordine progressivo e annotata nel registro degli acquisti ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione (art. 25, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972).

Esistono alcune ipotesi (tassative) in cui l’IVA dovuta in sede di importazione, anziché essere riscossa in dogana, è applicata con le stesse modalità previste per le corrispondenti cessioni interne.

I casi in cui l’imposta è accertata e liquidata nella dichiarazione doganale, ma la riscossione è posticipata, sono disciplinati dall’art. 70, commi 5 e 6, del D.P.R. n. 633/1972. Si tratta delle importazioni di “oro industriale” e delle importazioni di rottami e altri materiali di recupero, per le quali il tributo è assolto in base alle disposizioni del Titolo II del D.P.R. n. 633/1972, rubricato “Obblighi dei contribuenti”.

Le operazioni in esame, ove interne, sono soggette a “reverse charge”, con la conseguente traslazione dell’obbligo d’imposta dal cedente al cessionario. In caso di importazione, invece, non si verifica alcuna inversione del soggetto considerato come debitore IVA, che resta infatti l’importatore; tuttavia, il sistema di applicazione dell’imposta è quello previsto per le corrispondenti cessioni interne, per cui la bolletta doganale deve essere annotata nei registri IVA nel rispetto dei termini univocamente dettati dagli artt. 17, comma 5, e 74, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, rispettivamente per le cessioni di “oro industriale” e per le cessioni di rottami e altri materiali di scarto.

In pratica, la bolletta doganale, che non deve essere integrata con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta siccome tali dati sono già contenuti nella medesima, va annotata:

  • sia nel registro delle fatture emesse, entro il mese di rilascio o anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal rilascio e con riferimento al relativo mese;
  • sia, ai fini della detrazione, nel registro degli acquisti, anteriormente alla liquidazione periodica ovvero alla dichiarazione annuale nella quale è esercitata la detrazione della relativa imposta.

Il descritto sistema impositivo presuppone che l’importatore sia un soggetto passivo IVA che agisca in quanto tale, cioè che introduce i beni nel territorio dello Stato nell’esercizio dell’attività economica. Se, quindi, l’importazione è effettuata da un “privato” o da un soggetto IVA che non opera in tale veste, il tributo è riscosso in dogana.

Come anticipato, l’imposta è assolta con il meccanismo dell’inversione contabile per le importazioni di “oro industriale”, ossia di materiale d’oro, nonché di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi. Ai sensi dell’art. 3, comma 10, della L. n. 7/2000, lo stesso regime si applica all’argento in lingotti o grani di purezza pari o superiore a 900 millesimi.

Le importazioni di “oro da investimento”, come definite dall’art. 10, comma 1, n. 11), del D.P.R. n. 633/1972, non sono invece soggette ad imposta. A tal fine, l’art. 68, comma 1, lett. c), dello stesso decreto dispone che “l’esenzione si applica allorché i requisiti ivi indicati risultino da conforme attestazione resa, in sede di dichiarazione doganale, dal soggetto che effettua l’operazione”.

Come chiarito dalla C.M. 15 febbraio 2000, n. 24/D, per beneficiare della detassazione, l’importatore deve rilasciare, su propria carta intestata, un’apposita attestazione relativa alla rispondenza, per forma, peso e purezza, ai requisiti di legge. Naturalmente, l’esenzione, in quanto oggettiva, si applica anche nell’ipotesi in cui l’importatore sia un “privato”.

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