7 Luglio 2015

I redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero

di Luca Mambrin
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I redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero sono sottoposti a specifiche regole di tassazione, a seconda che il contribuente abbia in Italia la residenza o sia stata trasferita nel Paese estero.

L’art. 3 del Tuir stabilisce infatti che l’imposta debba essere applicata sul reddito complessivo del soggetto, reddito formato:

  • per i soggetti residenti da tutti i redditi posseduti (e ovunque prodotti) al netto degli oneri deducibili;
  • per i soggetti non residenti invece soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello stato.

Quindi è fondamentale innanzitutto chiarire il concetto di
residenza fiscale che talvolta non è semplice da delineare; le stesse istruzioni alla compilazione del modello 730 definiscono quali sono le condizioni che devono essere soddisfatte per essere considerati soggetti residenti, ovvero sono considerati residenti:

  • i soggetti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta;
  • i soggetti non iscritti nelle anagrafi, che hanno nello Stato il domicilio per la maggior parte del periodo d’imposta (dove per domicilio di una persona si intende il luogo in cui ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, ai sensi dell’ art. 43 c.c.);
  • i soggetti non iscritti nelle anagrafi che hanno nello Stato la residenza per la maggior parte del periodo d’imposta (la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale, art. 43 c.c.).

Le condizioni si verificano per la maggior parte del periodo d’imposta se sussistono per oltre 183 giorni anche non continuativi o per oltre la metà del periodo intercorrente tra l’inizio dell’anno e il decesso o la nascita e la fine dell’anno. La C.M. 304/E/1997 ha anche precisato che il riferimento temporale all’iscrizione anagrafica, al domicilio o alla residenza del soggetto va verificato anche tenendo conto della sussistenza di un legame affettivo con il territorio italiano; tale legame sussiste qualora la persona abbia mantenuto in Italia i propri legami familiari o il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali.

Nel caso in cui un contribuente residente in Italia percepisca stipendi, pensioni o altri redditi assimilati prodotti in un Paese estero bisogna verificare poi se esiste una convenzione contro le doppie imposizioni e, nei casi in cui:

  • non esista una convenzione contro le doppie imposizioni o
  • esista una convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale tali redditi devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia sia nello Stato estero,

allora il contribuente ha diritto ad un credito per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo, ai sensi dell’art. 165 del Tuir. 

Nel caso invece in cui esista una convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale tali redditi devono essere assoggettati a tassazione esclusivamente in Italia, allora se gli stessi hanno subito un prelievo fiscale anche nello Stato estero il contri­buente ha diritto al rimborso delle imposte pagate nello Stato estero che deve essere chiesto all’autorità estera competente in base alle procedure da questa stabilite.

Generalmente per gli stipendi pagati da un datore di lavoro privato, in quasi tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni (Argentina, Australia, Belgio, Canada, Germania, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Stati Uniti) è previsto che il reddito venga tassato esclusi­vamente in Italia se:

  • il lavoratore risiede in Italia e presta la sua attività nel Paese estero per meno di 183 giorni;
  • le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro residente in Italia;
  • l’onere non è sostenuto da una stabile organizzazione o base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato

Inoltre i redditi conseguiti da lavoratori dipendenti, residenti in Italia, che nell’arco di 12 mesi soggiornano in uno Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni devono essere deter­minati sulla base di retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; si tratta di quei soggetti che pur avendo soggiornato all’estero per più di 183 giorni sono considerati residenti in Italia in quanto hanno mantenuto in Italia i propri lega­mi familiari ed il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali (art. 51 comma 8 bis del Tuir). Per l’anno 2014 si deve far riferimento al D.M. 23 dicembre 2013.

Sul tema la C.M. 20/E/2011 ha chiarito che:

  • la mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime previsto dall’art. 51 comma 8-bis del Tuir;
  • nel caso in cui il contratto di lavoro preveda che il rapporto di lavoro sia svolto a tempo parziale, la retribuzione convenzionale può essere ridotta proporzionalmente alla riduzione dell’orario di lavoro.

Infine l’Agenzia nella recente C.M. 17/E/2015 ha fornito alcune interessanti precisazioni in merito al trattamento dei contributi previdenziali obbligatori trattenuti dal datore di lavoro estero al dipendente specificando che il reddito estero debba essere dichiarato al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero.