Iva pagata a seguito di accertamento: rivalsa e detrazione
di Federica FurlaniL’art. 60, comma 7, DPR 633/1972, modificato dall’art. 93 del D.L. 1/2012 a seguito della procedura di infrazione n. 2011/4081 avviata contro l’Italia dalla Commissione europea, ha superato il divieto di rivalsa dell’Iva pagata a seguito di un accertamento.
L’art. 60, comma 7, dispone infatti che: “Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.
In sostanza, in caso di accertamento/rettifica da parte del fisco, il fornitore ha diritto di rivalersi dell’imposta reclamata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del proprio cliente, a condizione che provveda al pagamento oltre che dell’Iva accertata anche delle sanzioni e dei relativi interessi.
Il cliente destinatario della rivalsa, sulla base di una nota di addebito ai sensi dell’art. 26, comma 1, DPR 633/1972, ha diritto di portare in detrazione l’Iva addebitata entro il termine di presentazione della dichiarazione del secondo anno successivo a quello in cui l’addebito in parola viene eseguito.
I presupposti pertanto per rendere operativo il disposto dell’art. 60, comma 7, DPR 633/1972 sono:
- la definizione dell’atto di accertamento, anche attraverso il ricorso a strumenti deflattivi del contenzioso;
- il pagamento della maggior imposta, delle sanzioni e degli interessi maturati.
Di conseguenza consentono la rivalsa:
- l’accertamento con adesione,
- l’adesione ai contenuti dell’invito al contradditorio,
- l’adesione ai processi verbali di constatazione,
- l’acquiescenza,
- la conciliazione
- la mediazione giudiziale,
- la cristallizzazione della pretesa dell’Amministrazione finanziaria in caso di mancata impugnazione nei termini previsti dell’avviso di accertamento o di passaggio in giudicato della sentenza, a seguito di presentazione di ricorso in sede giudiziale.
Non è invece consentita la rivalsa, né l’esercizio del diritto alla detrazione, dell’imposta o della maggiore imposta versata a titolo provvisorio a seguito di atti non divenuti definitivi; se al termine del giudizio, le somme pagate nel corso del contenzioso vengono acquisite a titolo definitivo da parte dell’Erario, allora la rivalsa potrà essere esercitata.
Il diritto alla rivalsa non è limitato al solo caso di maggiore imposta, ovvero nel caso in cui un’operazione sia stata fatturata con aliquota inferiore rispetto a quella dovuta, ma riguarda anche i casi in cui l’Iva non sia stata addebitata considerando l’operazione esente o non imponibile o ancora nel caso in cui i trasferimenti di beni siano stati assoggettati ad imposta di registro, qualificando l’operazione come cessione d’azienda, e poi in sede di accertamento siano ritenuti da assoggettare ad Iva.
Esula invece dall’ambito di applicazione dell’articolo 60, comma 7, DPR 633/1972, l’accertamento della violazione del regime di inversione contabile. In questa ipotesi, in sede di accertamento, è operata la compensazione dell’imposta a debito e dell’imposta a credito.
La Circolare 35/E/2013 ha inoltre precisato che, nel caso di rateazione, il diritto alla rivalsa può essere esercitato progressivamente in relazione al pagamento delle singole rate.
L’Amministrazione finanziaria – ai fini dell’esercizio della rivalsa – richiede l’emissione di una fattura (o nota di variazione in aumento), che contenga, oltre agli altri dati previsti dalla legge, gli estremi identificativi dell’atto di accertamento.
La detrazione si esercita mediante annotazione del documento recante addebito in via di rivalsa dell’Iva accertata nel registro di cui all’articolo 25 DPR 633/1972.
Al committente/cessionario è richiesta l’osservanza degli ordinari doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità del documento emesso dal cedente/prestatore.
Nei casi di coincidenza tra debitore e creditore d’imposta (importazione, splafonamento, fusione e/o incorporazione), ai fini della detrazione, è necessaria la predisposizione di un documento, da registrare ai sensi dell’articolo 25 DPR 633/1972, dal quale si evinca l’ammontare dell’imposta versata a seguito di accertamento, nonché il titolo giustificativo della detrazione d’imposta, ovvero gli estremi identificativi dell’accertamento.