16 Giugno 2015

Il momento della vendita influisce sul regime IVA della lavorazione

di Marco PeiroloPaolo Centore
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Una recente pronuncia della Corte di giustizia, seppur trascurata dalla stampa specialistica in quanto relativa ad una normativa non più in vigore, fornisce indicazioni comunque utili per risolvere alcune situazioni che si presentano, anche con una certa frequenza, nella realtà operativa di molte imprese.

Si tratta della sentenza di cui alla causa C-97/14 del 30 aprile 2015 (SMK), avente per oggetto l’interpretazione dell’art. 55 della Direttiva n. 2006/112/CE.

Nel testo vigente fino a tutto il 2009, tale norma stabiliva – in deroga al criterio del luogo di esecuzione della prestazione previsto, per i servizi relativi ai beni mobili materiali, dall’art. 52, lett. c) – che il luogo impositivo “si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito al destinatario il numero di identificazione IVA con il quale gli è stato reso il servizio”, sempreché i beni siano “spediti o trasportati fuori dallo Stato membro in cui la prestazione è stata materialmente eseguita”.

Allo stesso modo, l’art. 40, comma 4-bis, del D.L. n. 331/1993, derogando la regola territoriale dell’art. 7, comma 4, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, prevedeva (sino al 31 dicembre 2009) che “le prestazioni di servizi relative a beni mobili, comprese le perizie, eseguite nel territorio di altro Stato membro e rese nei confronti di soggetti d’imposta residenti o domiciliati nel territorio dello Stato si considerano ivi effettuate, se i beni sono spediti o trasportati al di fuori dello Stato membro in cui le prestazioni sono state eseguite; le suddette prestazioni, qualora siano eseguite nel territorio dello Stato, non si considerano ivi effettuate se sono rese ad un committente soggetto passivo di imposta in altro Stato membro ed i beni sono spediti o trasportati al di fuori del territorio dello Stato”.

Dalle richiamate disposizioni si evince che la delocalizzazione della lavorazione nel Paese UE del committente opera alla duplice condizione che (i) il destinatario del servizio sia identificato ai fini IVA in uno Stato membro diverso da quello del prestatore e che (ii) i beni, al termine della prestazione, siano trasportati/spediti al di fuori dello Stato membro in cui è stato materialmente reso il servizio.

Sulla portata del suddetto criterio territoriale si è espressa, come detto, la Corte di giustizia.

Nel caso considerato, la SMK Ungheria ha assemblato i telecomandi di proprietà della SMK UK e, per conto di quest’ultima, li ha trasportati/spediti in altri Paesi (UE ed extra-UE) a seguito della rivendita operata dalla SMK alla SMK Europe e da quest’ultima agli acquirenti finali.

Dai fatti di causa è emerso che i beni, al termine dell’assemblaggio, sono rimasti in Ungheria in attesa della loro destinazione e, per questa ragione, le Autorità fiscali locali hanno negato alla SMK l’esenzione IVA applicata nella fattura emessa alla SMK UK.

Investita della questione, la Corte ha affermato che, “(p)oiché la determinazione del luogo della prestazione di servizi deve essere effettuata alla luce dei soli elementi di fatto relativi all’operazione imponibile di cui trattasi, la seconda condizione posta dall’articolo 55 della direttiva IVA per l’applicazione della deroga da esso prevista [vale a dire, che i beni, al termine della lavorazione, siano trasportati/spediti al di fuori dello Stato membro in cui è stato materialmente reso il servizio] deve essere valutata in funzione di tali soli elementi e non alla luce di eventuali operazioni successive. Di conseguenza, affinché sia applicabile l’articolo 55 della direttiva IVA, il trasporto o la spedizione dei beni deve essere effettuato nell’ambito dell’operazione relativa ai lavori relativi a tali beni, prima della realizzazione, eventualmente, di un’altra operazione riguardante tali beni assoggettata ad IVA” (punti 38 e 39).

Anche se la pronuncia si riferisce ad una disciplina superata a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche introdotte dalla Direttiva n. 2008/8/CE, è opportuno chiedersi se la conclusione raggiunta dai giudici europei possa valere anche ai fini dell’applicazione del regime sospensivo previsto dall’art. 38, comma 5, lett. a), del D.L. n. 331/1993, secondo cui non costituisce acquisto intracomunitario, imponibile in Italia, “l’introduzione nel territorio dello Stato di beni oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali (…), se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nello Stato membro di provenienza o per suo conto in altro Stato membro ovvero fuori del territorio della Comunità”.

È chiaro che il dubbio risulta “assorbito” dall’art. 17, par. 2, lett. f), della Direttiva n. 2006/112/CE, come esplicitato dalla sentenza Dresser-Rand (cause riunite C-606/12 e C-607/12 del 6 marzo 2014), con la quale è stata sancita l’incompatibilità della norma interna laddove riconosce la non imponibilità a prescindere dal Paese di destinazione dei beni lavorati.

In ogni caso, nelle more dell’intervento modificativo da parte del Governo – previsto dall’emendamento al disegno di legge europea 2014 su impulso della Commissione europea (EU Pilot 6286/14/TAXUD) – il regime sospensivo è applicabile alle condizioni indicate dalla giurisprudenza euro – unionale nel caso Dresser-Rand, cioè, alla condizione che i beni lavorati ritornino nello Stato membro dal quale sono stati originariamente spediti. Ed in più, quale effetto della sentenza SMK, occorre domandarsi se tale regime permanga quando i beni lavorati restino in Italia prima di essere trasportati/spediti, per conto del committente comunitario, in un Paese diverso da quello di origine in dipendenza della vendita nel frattempo posta in essere.

Ebbene, in coerenza peraltro con le indicazioni contenute nella sentenza Fonderie 2A (causa C-446/13 del 2 ottobre 2014), è possibile ritenere che la conclusione raggiunta dai giudici comunitari nel procedimento SMK sia idonea ad escludere il regime sospensivo nell’ipotesi di cui sopra. Per poterlo applicare, la vendita dovrebbe intervenire, al più, tra il momento del trasferimento intra-UE dei beni a scopo di lavorazione e l’ultimazione della lavorazione, ferma restando la destinazione territoriale “di origine”, seguendo le indicazioni della Corte di giustizia nel caso Dresser-Rand.