Ivafe non più dovuta per le attività finanziarie
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariA decorrere dal 2014, l’aliquota di imposta da applicare sul valore dei prodotti finanziari è pari allo 0,2% (per il 2012 si applicava l’aliquota dello 0,1% e per il 2013 lo 0,15%): il valore dei prodotti finanziari è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui essi sono detenuti, utilizzando, se del caso, la documentazione dell’intermediario estero di riferimento, ovvero dell’impresa di assicurazione estera.
L’imposta in argomento è dovuta, inoltre, in proporzione ai giorni di detenzione e alla quota di possesso in caso di prodotti finanziari cointestati: qualora le attività non siano più possedute alla data del 31 dicembre si dovrà fare riferimento, in dettaglio, al valore di mercato dei prodotti finanziari rilevato al termine del periodo di detenzione. Ancora, nel caso in cui siano ceduti prodotti finanziari appartenenti alla stessa categoria, acquistati a prezzi e in tempi diversi, si considerano ceduti per primi i prodotti finanziari acquisiti in data più recente (c.d. metodo “LIFO”).
Diverso è il trattamento impositivo previsto, invece, per i conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero da persone fisiche residenti nel territorio dello stato. Si ricorda che, con l’introduzione dell’art. 8 del DL 16/2012, è stato alleggerito il carico fiscale previsto per conti correnti e libretti di risparmio detenuti in Paesi dell’Unione Europea o in altri Paesi aderenti alla SEE: per tali conti correnti e libretti di risparmio, l’imposta è dovuta in misura fissa per un ammontare pari a quello previsto dall’art. 13 co. 2-bis lett. a) della Tariffa allegata al DPR 642/72 (attualmente pari ad euro 34,20). Su tale disciplina è intervenuta poi la L. 228/2012 ( legge di stabilità 2013) che ha espunto dalla norma il riferimento ai “Paesi dell’Unione Europea ed ai Paesi aderenti allo Spazio economico Europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia”: sicché dal 1 gennaio 2013 (data di entrata in vigore della L. 228/2012) l’Ivafe è dovuta per euro 34,20 per tutti i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello stato.
Secondo quanto precisato dall’Amministrazione finanziaria, l’imposta fissa di euro 34,20 deve essere calcolata con riferimento a ciascun conto corrente o libretto di risparmio detenuto all’estero dal contribuente: in caso di estinzione o di apertura di tali rapporti in corso d’anno, l’imposta in argomento deve essere rapportata al periodo di detenzione espresso in giorni. Peraltro, in presenza di conti correnti cointestati, la patrimoniale in discorso deve essere rapportata non solo in base al periodo, ma anche alla percentuale di possesso.
L’imposta in misura fissa non è dovuta qualora il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti sia non superiore ad euro 5.000,00. A tal fine, occorre tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal contribuente presso il medesimo intermediario, a nulla rilevando il periodo di detenzione del rapporto durante il periodo di imposta. Nel caso in cui il contribuente possieda rapporti cointestati, al fine della determinazione del predetto limite si tiene conto degli importi riferibili pro quota al medesimo contribuente. Infine, se il conto corrente ha una giacenza media annuale di valore negativo, tale conto non concorre a formare il valore medio di giacenza per l’esenzione.
Dall’imposta patrimoniale sui prodotti finanziari esteri (Ivafe) è possibile dedurre, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito di imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti detti prodotti. Il credito di imposta non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia: non spetta alcun credito di imposta, invece, per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero qualora sia in vigore, nel Paese nel quale è detenuto il prodotto finanziario, una Convenzione per evitare le doppie imposizioni che preveda, anche per le imposte di natura patrimoniale, l’imposizione esclusiva nel Paese di residenza del possessore. In quest’ultimo caso, l’unica strategia percorribile per non subire un duplice “balzello” sarà sostanzialmente quella di chiedere il rimborso delle imposte pagate all’estero, direttamente all’Amministrazione fiscale del Paese in cui le suddette imposte sono state applicate.
Si ricorda, infine, che per effetto delle modifiche apportate dalla L. 30.10.2014 n. 161, sono state escluse dall’ambito oggettivo di applicazione dell’Ivafe, le partecipazioni (qualora non costituiscano “valori mobiliari”), i finanziamenti, nonché i metalli preziosi allo stato grezzo o monetato. Peraltro, sempre a decorrere dal periodo d’imposta 2014, la lista di riferimento per individuare i prodotti finanziari assoggettabili ad Ivafe è quella contenuta nell’art. 1 del decreto legislativo n. 58/1998, a cui rinvia il Dm 24 maggio 2012 (relativo all’imposta di bollo): è da ritenersi superata, pertanto, la lista delle attività finanziarie estere contenuta nella richiamata circolare dell’Amministrazione finanziaria (C.M. 2.7.2012 n. 28).