A comprar vino dove si fece la storia
di Chicco Rossi
Passeggiare tra le rovine di quella che fu un’importante colonia fondata dai romani nonché fondamentale punto di snodo dell’imponente reticolo viario romano con cui è stato fatto l’Impero, per poi farsi accompagnare dall’Isonzo, fiume sacro della Patria, spettatore di ciò che purtroppo resterà per sempre nella storia dell’Italia, fino al Collio, terra generosa che offre grandi bianchi.
Aquileia rappresenta come detto punto di arrivo e di partenza per molte vie che collegavano l’Impero romano, in primis la consolare via Postumia, costruita nel 148 a.C, che prende il nome da Postumio Albino e che attraversa la Gallia Cisalpina (l’attuale pianura padana).
Meno note sono la via Popilia che collegava Rimini, ed Aquileia e la via Annia che univa Adria ad Aquileia. Da visitare assolutamente è la Basilica le cui origini risalgono al 313 per effetto dell’editto di Costantino e per volontà del Vescovo Teodoro e dove si resta incantati dallo straordinario, sia per stato di conservazione che per dimensioni pavimento a mosaico risalente a inizio del IV secolo, dove sono raffigurate scene dell’Antico Testamento.
A questo punto, prima di prendere la strada che ci porterà in una delle culle enologiche italiane, vi sono alcune soste d’obbligo. Infatti, non si può andare via senza aver acquistato un cesto di rosa di Gorizia, varietà di radicchio che si può vantare della PAT (prodotto agroalimentare tradizionale del Friuli Venezia Giulia) in attesa del riconoscimento della conclusione dell’iter per la DOP. A questo punto, consci che quello che ci aspetta è un vero e proprio tour de force tra Picolit, Pinot, Cabernet (rigorosamente franc) e Tocai (rectius: Friulano, quanto ingrata e ingiusta fosti Comunità europea) è d’obbligo una sosta ristoratrice, magari sulle rive dell’Isonzo fiume decantato da Ungaretti nella poesia I fiumi (L’Isonzo scorrendo mi levigava … mi sono accoccolato vicino ai miei panni sudici di guerra …) e ricordo purtroppo indelebile nella storia italiana (chi non ha mai sentito parlare dei ragazzi del ’99). In questi posti si fece la storia dell’Italia e per chi non lo ricorda, basta dire che il 26 ottobre 1921 fu scelta tra i militari non identificati caduti nella Grande Guerra 1915-1918 sepolti nel cimitero adiacente alla Basilica, la salma del Milite Ignoto, trasportata il successivo 4 novembre a Roma per essere deposta all’Altare della Patria.
Per riscaldare i nostri cuori cosa c’è di meglio di un buon piatto di jota, caratteristico minestrone triestino fatto con cappucci acidi, patate, fagioli e carne o cotenne di maiale che offre varie varianti a seconda della zona in cui si degusta, accompagnato da una Ribolla gialla, un’ottima Doc goriziana.
Dopo aver concluso il nostro pranzo con una generosa fetta di Gubana, torta simbolo di Gorizia che consiste in un rotolo di pasta sfoglia ripieno di frutta secca, uva passa, cedro candito, pinoli e noci (direttore quand’è che la porti in redazione?), è giunto il momento di andare in Località Villanova a trovare Silvio Jermann e il suo Vintage Tunina, bianco eccezionale che senza timore di smentita si colloca tra i grandi di Italia. È un vino che si ottiene dal sapiente dosaggio di uve sauvignon, chardonnay, ribolla gialla, malvasia istriana e picolit, dal colore paglierino brillante con riflessi dorati. All’olfatto intenso, ampio, di grande eleganza e persistenza, con sentori di miele e fiori di campo. Al gusto armonico e con persistenza eccezionale grazie alla pienezza del corpo.
Il tempo stringe e dobbiamo ancora fare visita a Livio Felluga, altro nome storico dell’enologia del Collio e quindi ci dirigiamo all’Abbazia di Rosazzo in quanto è a lui che è affidata a conduzione degli storici vigneti (sinonimo di qualità vedasi il Rosazzo Terre Alte 2009 premiato quale miglior bianco d’Italia). L’Abbazia si erge su di una collina dominando le vallate circostanti e deve ai monaci benedettini provenienti dall’Abbazia di Milstatt in Carinzia l’introduzione della cultura enologica in queste terre. Ma Fellluga non vuol dire solamente Rosazzo ma ad esempio un sorprendente Vertigo dall’ottimo rapporto qualità-prezzo. Si fa sera e dobbiamo ancora raggiungere Cormons, paese ai piedi del monte Quarin, vero “cuore” del Collio ed espressione genuina di quella che fu la Mitteleuropa tanto cara a Joyce. Qui siamo venuti per acquistare la marcundela – trito di fegato, milza, reni, polmoni, grassi teneri del ventre, conciato e salato ed appoggiato su un pianale cosparso di farina di polenta in maniera che non si attacchi – e il prosciutto di Cormons che nulla ha da invidiare ai più conosciuti San Daniele (meta di una prossima gita) e Parma. Fatti i doverosi acquisti, non resta che riprendere la strada del ritorno.