Abitazione principale ai fini Imu: considerazioni sulla recente evoluzione
di Fabio GarriniCome già abbiamo avuto modo di commentare in precedenti contributi, la definizione di abitazione principale ai fini Imu è stata oggetto di un acceso dibattito giurisprudenziale che aveva portato ad una interpretazione ormai consolidata da parte della Corte di Cassazione, volta ad evidenziare una natura restrittiva dell’agevolazione contenuta nell’articolo 1, comma 741, lett. b), L. 160/2019 nell’ambito della disciplina della nuova Imu in vigore dal 2020 (ma la definizione previgente contenuta nell’articolo 13 D.L. 201/2011 non era dissimile).
Per correggere tale assetto il Legislatore è intervenuto con l’articolo 5-decies introdotto in sede di conversione al Decreto fiscale, D.L. 146/2021, proponendo una nuova formulazione della norma che però non può certo definirsi una conferma della posizione precedentemente espressa dalla circolare 3/DF/2012.
Si tratta di una nuova definizione proposta per trovare un contemperamento dei contrapposti interessi:
- dei contribuenti, che potranno sempre e comunque beneficiare dell’esenzione anche quando i coniugi abitano in immobili diversi,
- dei comuni, che hanno uno strumento per arginare gli intenti elusivi volti a moltiplicare le esenzioni per abitazione principale.
L’abitazione principale e il coniuge
Sin dal 2012, l’agevolazione (oggi esenzione) concessa al fabbricato destinato ad abitazione principale e relative pertinenze, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, richiede un duplice requisito:
- che questo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare,
- sia destinato a dimora abituale e sia anche la residenza anagrafica.
In relazione a questo secondo requisito già da subito si pose un vincolo, che imponeva la verifica del requisito anagrafico e di utilizzo non solo in capo al possessore dell’immobile (da intendersi come soggetto passivo tenuto al pagamento del tributo) ma anche ai suoi familiari (da intendere come coniuge del contribuente).
L’ultimo periodo della richiamata lettera b) dell’articolo 1, comma 741, L. 160/2019 esprimeva però una specificazione: “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
Tale specificazione venne letta dalla circolare 3/DF/2012 come una limitazione di tale vincolo, di fatto prevedendone l’applicazione al solo caso in cui gli immobili per i quali veniva invocata l’agevolazione dai coniugi si trovavano nello stesso comune.
Così interpretato, il vincolo risultava ben poca cosa.
La Cassazione (tra le molte si ricordano le sentenze n. 20130/2020, n. 2191/2021 e n. 17408/2021) però non si è dimostrata del medesimo avviso, preferendo una interpretazione più letterale della disposizione: il riferimento agli immobili ubicati nello stesso comune non doveva essere letta come una specificazione ma come una deroga.
In altre parole, secondo i giudici della Suprema Corte, quando i coniugi dimorano e risiedono in immobili diversi viene perso il diritto all’esenzione; il fatto che le due abitazioni fossero ubicate nel medesimo comune risultava appunto una deroga che permetteva, almeno ad una delle due abitazioni, di ottenere l’esenzione.
L’ultima sentenza richiamata, la n. 17408/2021, aveva portato un atteggiamento leggermente più permissivo, consentendo comunque di fruire dell’esenzione in relazione ad una delle abitazioni utilizzate separatamente dai coniugi in comuni diversi, quando tale situazione fosse giustificabile, ad esempio per motivi di lavoro.
Per dirimere la questione, il Decreto fiscale ha innovato la disciplina introducendo una nuova definizione di abitazione principale. Il richiamato articolo 1, comma 741, lett. b), L. 160/2019 oggi prevede quanto segue: “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare”.
La specificazione dell’ultimo periodo, che ammette l’esenzione per abitazione principale verificando il requisito della dimora e della residenza del contribuente senza osservare il coniuge, oggi permette sempre e comunque di agevolare una delle due abitazioni, anche se gli immobili destinati ad abitazione principale dai due coniugi sono ubicati in comuni diversi.
Letteralmente l’agevolazione pare prescindere dalle quote di proprietà; in particolare, se entrambi gli immobili fossero posseduti dai due coniugi al 50% e uno dei due fosse designato come abitazione principale ai fini Imu, questo sarebbe agevolato anche per il coniuge che in tale immobile non ha dimora e residenza.
Almeno questo pare di poter concludere dal tenore letterale della norma e nel rispetto della ratio dell’intervento normativo.
Inoltre, nell’applicare l’esenzione, saranno i contribuenti a scegliere quale dei due immobili potenzialmente esentabili fruirà effettivamente dell’agevolazione; al riguardo vi sarà la necessità di indicare al Comune di ubicazione quale sia l’immobile prescelto, tramite la presentazione della dichiarazione Imu.
Da evidenziare che tale scelta è del tutto slegata dalla disciplina prevista nell’ambito di altri settori impositivi; non rileva infatti quale immobile sia agevolato come abitazione principale ai fini delle imposte dirette, né rileva il fatto che uno degli immobili abitati possa aver fruito dell’agevolazione prima casa ai fini dell’imposta sui trasferimenti (registro o Iva).