Alla luce delle disposizioni richiamate, lo scostamento tra i ricavi o compensi stimati dallo studio di settore e quelli dichiarati dal contribuente costituisce elemento idoneo a fondare un accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, primo comma, lettera d-ter), D.P.R. 600/1973.
Il quadro sopra delineato è stato profondamente modificato dalla Corte di Cassazione che, con le storiche “sentenze gemelle” a Sezioni Unite, nn. 26635, 26636, 26637 e26638 del 18 dicembre 2009, è opportunamente intervenuta in tema di accertamento da studi settore per precisare come “la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata in relazione ai soli standards in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento con il contribuente”. Sotto il profilo normativo, la posizione espressa dalla Suprema Corte si fonda sul disposto dell’articolo 10, comma 3 bis, L. 146/1998 ai sensi del quale “nelle ipotesi di cui al comma 1 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
Peraltro, che lo scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi stimati dallo studio di settore non fosse di per sé stesso un elemento passibile di utilizzazione “automatica” in sede di controllo è stato evidenziato dalla stessa Amministrazione finanziaria la quale, in più occasioni, ha invitato gli uffici a valutare la posizione complessiva del contribuente, valorizzando adeguatamente gli ulteriori elementi, desumibili dalle banche dati a disposizione, che consentano di corroborare le presunzioni circa la non congruità dei ricavi dichiarati.
L’attività accertativa, pertanto, non può risolversi in un mero invito rivolto al contribuente affinché giustifichi lo scostamento rilevato dallo studio di settore, ma proprio da tale scostamento deve prendere le mosse per giungere ad individuare – attraverso l’adeguata valorizzazione di altri elementi informativi a disposizione dell’ufficio e grazie all’espletamento di ulteriore attività istruttoria (come, ad esempio, le indagini finanziarie, l’effettuazione di accessi, l’esecuzione di ricostruzioni analitico-induttive, ecc.) – l’eventuale materia imponibile sottratta a tassazione. In quest’ottica si è soliti sottolineare come gli studi di settore si siano radicalmente trasformati nel corso degli anni, passando da strumenti di accertamento a strumenti di analisi e selezione delle posizioni da sottoporre a controllo.
Nel processo istruttorio come sopra delineato un ruolo centrale è riservato al contraddittorio, nel corso del quale il contribuente avrà l’occasione di confutare le pretese avanzate dall’ufficio, producendo tutti gli elementi in proprio possesso che consentano di contrastare il quadro risultante dall’attività istruttoria espletata dall’ufficio.
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