Accertamento induttivo puro in caso di inventario con rimanenze non distinte per categorie omogenee
di Angelo GinexIn tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, in violazione dell’articolo 15, comma 2, D.P.R. 600/1973, si determina un ostacolo nell’analisi contabile dell’amministrazione finanziaria, sicché ne discendono l’incompletezza e l’inattendibilità delle scritture contabili, che giustificano anche l’accertamento induttivo puro ex articolo 39, comma 2, lett. d), D.P.R. 600/1973, ed il ricorso anche alle presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 17244, depositata ieri 17 giugno.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di vertice trae origine dalla notifica ad un contribuente di un avviso di accertamento e di irrogazione di sanzioni, con riferimento all’esercizio 2006. Con tale atto veniva rideterminato quanto dovuto ai fini Irpef, Iva ed Irap e dunque venivano accertati maggiori ricavi in quanto il contribuente era risultato non coerente per il ricarico in relazione allo studio di settore di riferimento. Dunque, l’Ufficio aveva proceduto ad accertamento induttivo puro, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, in seguito all’applicazione del metodo del “costo del venduto”.
L’avviso veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale rigettava il ricorso. Anche i giudici di appello respingevano la doglianza deducente l’illegittimità del provvedimento impositivo e ritenevano corretta la valutazione del primo giudice circa i presupposti per l’accertamento induttivo.
Pertanto, il contribuente proponeva ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la violazione degli articoli 39 e 15, comma 2, D.P.R. 600/1973, in relazione all’articolo 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ. Egli si doleva, in particolare, della ritenuta correttezza del ricorso al metodo di accertamento induttivo puro, a cagione delle modalità di indicazione (indistinta) delle rimanenze iniziali e finali, non avendogli mai l’Ufficio contestato di non aver tenuto l’inventario e le distinte inventariali, ovvero di non aver messo dette distinte a disposizione degli accertatori. Secondo il ricorrente, infatti, in mancanza di ciò, l’Agenzia non avrebbe potuto ricorrere all’accertamento con metodo induttivo puro non potendosi giustificare alcun giudizio di inattendibilità delle scritture contabili.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile la suddetta doglianza osservando preliminarmente che il ricorso al metodo induttivo è stato correttamente ritenuto legittimo dai giudici di secondo grado, in conseguenza della valutazione di inattendibilità delle scritture contabili operata dall’Ufficio.
In particolare, secondo la Corte, i giudici dei precedenti gradi di giudizio hanno correttamente rilevato che il contribuente, essendosi limitato a predisporre l’inventario per valore e natura delle merci, non aveva negato di non aver effettuato i raggruppamenti per categorie omogenee (senza peraltro indicare il valore di ciascun gruppo). Così facendo, era fondato il giudizio di totale inattendibilità delle scritture contabili e il ricorso al metodo induttivo, realizzandosi la violazione dell’articolo 15, comma 2, D.P.R. 600/1973 nella parte in cui prevede che: «l’inventario (…) deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo».
A nulla rilevava quindi quanto dedotto dal ricorrente, secondo cui l’Ufficio non gli avesse mai contestato di non aver messo a disposizione le schede inventariali e che ciò potesse solo sorreggere la valutazione di inattendibilità delle scritture contabili.
La Corte ha evidenziato invece che ciò non deve necessariamente essere oggetto di una “pretesa” da parte dell’Ufficio, costituendo «un vero e proprio onere per il contribuente»: egli deve esibire le distinte inventariali o in sede amministrativa o in sede contenziosa ed in tale ultimo caso proprio per contrastare le risultanze dell’accertamento sintetico, al fine di consentire al giudice di merito di procedere alle conseguenti valutazioni sull’attendibilità dell’inventario (cfr., Cass. sent. 23694/2007).
Conclude infatti la Cassazione che: «Pertanto, ove il contribuente non abbia assolto – già in sede di accesso, ispezione o verifica – l’onere di mettere a disposizione degli accertatori le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario, egli è tenuto ad esibirle, al più tardi, in sede contenziosa, onde consentire al giudice del merito, ferma la legittimità del metodo dell’accertamento, di effettuare le conseguenti valutazioni sulla attendibilità dell’inventario dedotta dallo stesso contribuente».
Ciò detto, i giudici di vertice hanno concluso che la sentenza impugnata fosse conforme a legge, affermando il principio di diritto su esposto.