Accise: il deposito fiscale non è responsabile in caso di apposizione di “visti uscire” falsi
di Francesca BeniniLa Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, con la sentenza n. 460/03/2022 depositata in data 16.06.2022, si è espressa in merito alla responsabilità del titolare di un deposito fiscale autorizzato per il pagamento di accise a seguito di uno svincolo irregolare di prodotti alcolici, agevolato dall’apposizione da parte di un funzionario delle dogane di “visti uscire” ideologicamente falsi.
In particolare, i giudici bolognesi si sono pronunciati in merito alla legittimità o meno della richiesta di pagamento di accise avanzata dall’Agenzia delle Dogane al titolare di un deposito fiscale in relazione a 11 operazioni che avevano formato oggetto di dichiarazioni di esportazione da parte della società proprietaria della merce.
Tali prodotti alcolici, secondo la ricostruzione operata dall’Agenzia delle Dogane, non avrebbero mai lasciato il territorio dell’UE, integrando la fattispecie dell’immissione in consumo dei prodotti e, quindi, la fattispecie dell’esigibilità delle relative accise in Italia.
Tuttavia, nel corso di alcune indagini di polizia giudiziaria, i verificatori avevano accertato che lo svincolo irregolare dei prodotti era stato agevolato dall’apposizione da parte dell’ufficio doganale competente di “visti uscire” ideologicamente falsi per infedeltà del pubblico ufficiale.
Nonostante l’esito di tali indagini, l’Agenzia delle Dogane aveva comunque ritenuto di procedere con la notifica al titolare del deposito fiscale di un avviso di pagamento per mezzo del quale aveva contestato al contribuente l’omesso versamento delle accise relative ai prodotti alcolici, per i quali lo stesso titolare del deposito fiscale aveva prestato garanzia.
Tale contestazione era stata avanzata ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 504/1995, ossia ai sensi dell’articolo secondo il quale è ritenuto responsabile del pagamento delle accise la persona fisica o giuridica che ne ha garantito il versamento conformemente all’articolo 6, comma 4, D.Lgs. 504/1995, e, in solido, da qualsiasi altra persona che abbia partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della natura irregolare dello svincolo.
In altre parole, secondo l’Agenzia delle Dogane, in caso di svincolo irregolare della merce, graverebbe sul titolare del deposito fiscale una responsabilità oggettiva per il pagamento delle accise.
Il contribuente aveva impugnato l’avviso di pagamento evidenziando che il titolare del deposito fiscale può essere ritenuto responsabile solo ed esclusivamente fino al momento in cui le operazioni vengono appurate (chiusura del regime sospensivo) e la garanzia viene svincolata.
Il contribuente, inoltre, aveva evidenziato di aver agito in buona fede, avendo adottato tutte le cautele ragionevoli in suo potere per evitare lo svincolo irregolare delle merci.
Tutti prodotti, infatti, avevano viaggiato in regime di sospensione di imposta ed erano stati accompagnati dalla documentazione necessaria all’esportazione, ivi inclusi i documenti e-AD.
Il contribuente, inoltre, aveva dimostrato che tutte le operazioni oggetto di causa erano state appurate con apposizione dei visti uscire dal competente ufficio doganale: la circostanza che tali visti, nel corso di indagini di polizia giudiziaria, poi, fossero risultati falsi non poteva certo far sorgere in capo al titolare del deposito fiscale alcun tipo di responsabilità oggettiva.
Sulla base di quanto sopra, la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna ha accolto il ricorso presentato dal contribuente, dichiarando l’illegittimità della richiesta di pagamento delle accise avanzata dall’Agenzia delle Dogane al titolare del deposito fiscale.
In particolare, i giudici di primo grado, richiamando i principi sanciti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 34487/2019, hanno ritenuto di dover escludere la responsabilità del titolare del deposito fiscale in tutti i casi in cui “lo svincolo irregolare dei prodotti sia avvenuto […] mediante falsa attestazione da parte dei funzionari doganali dell’uscita della merce dal territorio comunitario e fraudolenta immissione in consumo del territorio nazionale del prodotto da parte della società acquirente”.
In particolare, i giudici bolognesi hanno affermato che “non può – quindi – condividersi l’assunto dell’Ufficio quando deduce […] una sorta di assoluta responsabilità oggettiva in capo alla società odierna ricorrente”.
In altre parole, i giudici bolognesi, con la sentenza oggetto di esame, sembrano aver abbracciato la tesi secondo la quale il deposito fiscale deve essere chiamato al pagamento delle accise esclusivamente nell’ipotesi in cui non sia in buona fede.
Più nello specifico, secondo i giudici bolognesi, il titolare del deposito fiscale non può essere dichiarato solidalmente responsabile per i fatti posti in essere da terzi, laddove egli abbia utilizzato tutta la diligenza di un operatore avveduto, adottando misure ragionevoli per evitare la sua partecipazione alla frode fiscale.
L’interpretazione fornita dai giudici bolognesi deve essere accolta con favore dal momento che risulta essere quella più conforme al principio comunitario di proporzionalità.