Acconto Imu/Tasi 2019: gli immobili locati a canone concordato
di Alessandro BonuzziIl prossimo 17 giugno – il 16 giugno cade di domenica – scade il termine per il versamento dell’acconto dell’Imu e Tasi relative all’anno 2019. Per il calcolo delle imposte dovute va considerato quanto deliberato per l’anno 2018, anche se “nulla vieta … che, nel caso in cui il Comune abbia già deliberato in materia di aliquote e detrazioni Imu e Tasi, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto” all’anno precedente, “il contribuente possa fa riferimento alle delibere relative” all’anno in corso “anche per il pagamento dell’acconto” (precisazione IFEL del 8.5.2015).
Si ricorda che, dal 2019, non opera più il blocco degli aumenti che ha trovato applicazione dal 2016 al 2018, in virtù del quale i Comuni (salvo quelli in dissesto o derivanti da fusione) negli ultimi 3 anni non hanno potuto incrementare il carico fiscale complessivo dato dai tributi locali rispetto a quello in vigore nel 2015.
L’effetto della novella recata dalla Legge di Stabilità 2019 avrà, però, effetto nella determinazione del saldo 2019, atteso che, come detto, per il prossimo acconto valgono, in generale, le delibere del 2018.
Per il resto, fatto salvo che per i fabbricati di categoria D non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, per i quali sono variati i coefficienti da utilizzare per il calcolo della base imponibile Imu (si veda il D.M. 6.5.2019), la disciplina dei due tributi risulta confermata.
Particolare rilevanza assumono gli immobili locati a canone concordato, poiché, sulla base di quanto previsto dall’articolo 13, comma 6-bis, D.L. 201/2011, per essi trova applicazione la riduzione del 25% dell’Imu e Tasi “ordinariamente” dovute.
È bene chiarire che il beneficio deriva da una disposizione di legge non derogabile dalla delibera del comune, la quale invece può – non deve – prevedere in aggiunta aliquote ridotte dedicate a tale fattispecie.
Per poter beneficiare dello sconto del 25%, tuttavia, è necessaria la “certificazione” di conformità del contratto rispetto all’Accordo Territoriale di riferimento rilasciata da almeno una delle Organizzazioni firmatarie degli Accordi Territoriali.
Al riguardo, l’articolo 1, comma 8, D.M. 16.1.2017 stabilisce, infatti, che “Le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali”.
Sul tema, la risoluzione AdE 31/E/2018 ha confermato che per i contratti di locazione a canone concordato “non assistiti”, l’attestazione rilasciata dall’organizzazione firmataria esplica effetti anche ai fini del conseguimento di tutte le agevolazioni fiscali.
Si deve, però, tener conto che l’obbligo dell’attestazione di conformità non riguarda i contratti non assistiti:
- stipulati prima dell’entrata in vigore del D.M. 16.1.2017, quindi stipulati fino al 14.3.2017, atteso che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto è avvenuta in data 15.3.2017;
- stipulati anche dal 15.3.2017, qualora non risultino in essere Accordi Territoriali che abbiano recepito le disposizioni recate dal D.M. 16.1.2017.
Pertanto, in questi casi è sempre possibile beneficiare della riduzione del 25% dei tributi, fermo restando il rispetto dei parametri per la determinazione del canone annuo di locazione.
All’eventuale carente versamento è applicabile la sanzione del 30%; è tuttavia possibile fruire dell’istituto del ravvedimento operoso.
In quest’ultimo caso la misura della sanzione applicabile all’importo non versato ammonta:
- allo 0,1% per un giorno di ritardo, allo 0,2% per 2 giorni di ritardo, allo 0,3% per 3 giorni di ritardo, e così via fino al 14° giorno di ritardo con riferimento al quale la riduzione è pari all’1,4%;
- all’1,5% in caso di regolarizzazione dal 15° al 30° giorno successivo alla scadenza;
- all’1,67% in caso di regolarizzazione dal 31° al 90° giorno successivo alla scadenza;
- al 3,75% in caso di regolarizzazione dal 91° successivo alla scadenza fino al termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione.