Accordo per ristrutturazione debiti e sequestro per equivalente
di Luigi Ferrajoli
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.24875 del 12/6/2014, è tornata ad occuparsi del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nel caso di specie con riferimento ad una ipotesi di accordo per ristrutturazione del debito fiscale. In particolare, il Giudice di legittimità è stato chiamato a pronunciarsi relativamente ad un ricorso presentato ai fini della richiesta di revoca del sequestro preventivo disposto in relazione a reati tributari non meglio specificati.
Nella relativa impugnazione, il ricorrente aveva eccepito di avere concluso con l’Agenzia delle entrate e con Equitalia un accordo di ristrutturazione dei debiti, secondo quanto disposto dall’art. 182 bis della Legge Fallimentare, nel quale erano stati inclusi tutti i debiti di natura fiscale, chiedendo dunque la revoca della misura cautelare “anche per la intervenuta sospensione della esecutività di tutti i crediti, anche fiscali, e quindi anche quello per IVA di cui è causa”.
La Cassazione, dopo avere individuato nel caso in esame la fattispecie di omesso versamento IVA, reato previsto e punito dall’art. 10 ter del D.Lgs. 74/2000, ha rigettato il motivo di ricorso, ritenendo corretta la motivazione addotta dal Tribunale del riesame ove aveva ritenuto irrilevante l’istanza di ristrutturazione avanzata dal ricorrente.
In particolare, il Tribunale del Riesame aveva considerato che la procedura invocata, pur essendo idonea a bloccare le azioni di natura civilistica, non sortisse la stessa efficacia verso quelle di natura penale. Richiamando la sentenza n. 257484 del 14/5/2013 emessa dalla Sezione Terza della Corte di Cassazione con riferimento all’art. 182 ter della Legge Fallimentare, il Giudice aveva quindi affermato che, anche in ipotesi di ristrutturazione del debito fiscale, devono comunque applicarsi i principi enunciati in riferimento al concordato preventivo relativamente ai debiti tributari per il pagamento dell’IVA.
In sostanza, i principi affermati in passato dalla Corte di Cassazione e ripresi dal Tribunale del Riesame, sono stati nuovamente avvalorati con la sentenza in esame e sono i seguenti:
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in tema di omesso versamento IVA, l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche se
antecedente alla scadenza del termine previsto per il versamento dell’imposta,
non esclude il reato di cui all’art. 10
ter del D.Lgs. 74/2000, -
tale principio, enunciato per l’ipotesi di concordato preventivo, è valevole anche per la
ristrutturazione del debito; -
nel concordato preventivo (e nella ristrutturazione del debito, per
analogia) il debito IVA deve sempre essere pagato
per intero, indipendentemente dalla presenza o meno di una
transazione fiscale, in quanto la norma che lo stabilisce è da considerarsi
inderogabile e di ordine pubblico economico internazionale.
Sempre con riferimento all’ipotesi di concordato, a cui pure la ristrutturazione dei debiti è stata equiparata ai fini che qui ci interessano, viene dunque considerato “diritto vivente” il principio secondo cui in presenza di omologazione del concordato preventivo con transazione fiscale, la proposta può solamente configurare la dilazione del pagamento, essendo il debito di imposta in oggetto, in ogni caso, intangibile. Questo anche in ragione del fatto che le entrate che derivano dall’applicazione di un’aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, “costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione Europea”. Il credito relativo, pertanto, non può essere oggetto di accordo per un pagamento parziale.
A ulteriore sostegno della tesi, la Corte di Cassazione ha evidenziato che, essendo il concordato preventivo una procedura che sfocia in un patto con i creditori e una scelta tutta interna alla volontà del debitore, non può elidere gli obblighi giuridici di rilievo pubblicistico quali appunto il versamento dell’IVA alle scadenze previste dalla legge. Il debito IVA, che si ricorda essere di rango privilegiato, deve comunque essere soddisfatto in via prioritaria.
Conseguentemente, nel caso in esame la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha concluso che “non può attribuirsi alcun rilievo, ai fini del disposto sequestro per equivalente in relazione al mancato pagamento dell’IVA, alla istanza di ristrutturazione dei debiti ed alla sua pubblicazione nel registro delle imprese”.
Dall’analisi della richiamata sentenza, che in ambito di omesso versamento IVA ritiene applicabili i principi elaborati in tema di concordato preventivo anche all’accordo per la ristrutturazione dei debiti, si deve osservare come la risposta della Suprema Corte in relazione a tale fattispecie si sia attestata su maglie molto strette.