Addio alla ritenuta in ingresso sui flussi esteri
di Nicola Fasano
Il Decreto Renzi (articolo 4, comma 2 del D.L. 66/2014) abroga definitivamente la ritenuta generalizzata del 20% sui flussi provenienti dall’estero introdotta dalla legge europea n. 97/2013 che ha completamente riformulato il D.L. 167/1990 in materia di monitoraggio fiscale
Come si ricorderà, Il primo periodo del comma 2 del “nuovo” articolo 4 del D.L. 167/1990 stabiliva, come principio di carattere generale, che tutti i redditi derivanti dagli investimenti detenuti all’estero e dalle attività estere di natura finanziaria dovevano in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo le norme vigenti, dagli intermediari residenti che intervenivano nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi, oltre che nei casi in cui detti investimenti ed attività fossero ad essi affidati in custodia, amministrazione o gestione.
Inoltre, il secondo e terzo periodo del comma 2 dell’articolo 4 del D.L. 167/1990 avevano introdotto una nuova ritenuta d’ingresso, a titolo di acconto, su determinate tipologie di redditi di capitale e di redditi diversi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, derivanti da investimenti detenuti all’estero o da attività estere di natura finanziaria.
Secondo quanto chiarito dalla circolare 38/E/2013, tale prelievo doveva essere effettuato dagli intermediari finanziari su tutti i flussi lordi provenienti dall’estero percepiti da soggetti tenuti alla compilazione del quadro RW, salvo differente comunicazione da parte del cliente.
Con Provvedimento prot. 2014/24663 del 19 Febbraio 2014, l’Agenzia delle entrate, alla luce delle notevoli criticità riscontrate per l’applicazione di tale disposizione da parte degli operatori, e su imbeccata del Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva rinviato l’entrata in vigore della novità in esame, originariamente prevista per il 1 gennaio 2014, al 1 luglio 2014.
Ora il Decreto-Renzi ne sancisce la definitiva abolizione.
In particolare le fattispecie interessate dalla disposizione in esame sono rappresentate da una serie di redditi di capitale e redditi diversi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente. Si tratta in particolare delle seguenti tipologie reddituali:
- interessi ed altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti, diversi da quelli bancari;
- rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue;
- compensi per prestazione di fideiussione o altra garanzia;
- interessi ed altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto;
- plusvalenze derivanti dalla cessioni di immobili situati all’estero;
- plusvalenze realizzate a seguito della cessione a titolo oneroso di terreni detenuti all’estero suscettibili di utilizzazione edificatoria;
- redditi derivanti dalla locazione di immobili situati all’estero;
- redditi derivanti dall’affitto, locazione, noleggio di beni mobili, veicoli, macchine e altri beni situati all’estero nonché di aziende aventi sede all’estero;
- plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni qualificate in società non residenti e fattispecie assimilate.
L’abrogazione della ritenuta, da salutare sicuramente con favore (in caso contrario peraltro l’Italia sarebbe stata sicuramente esposta a censure in sede europea), pone tuttavia alcune complicazioni dal punto di vista dichiarativo. Ciò in quanto resta in vigore il comma 3 dell’art. 4 del D.L. 167/1990, come modificato dalla legge 97/2013, ai sensi del quale gli obblighi di indicazione ai fini del monitoraggio fiscale non sussistono per le sole attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi. Rispetto alla disciplina previgente, in sostanza, non è più sufficiente il mero intervento nella riscossione dei flussi esteri da parte dell’intermediario finanziario, ma è necessaria la effettiva applicazione della ritenuta che ora, per le citate categorie reddituali, è stata definitivamente soppressa. Diretta conseguenza di tale eliminazione, pertanto, è che, a regime, gli investimenti esteri i cui redditi non sono assoggettati a ritenuta, pur se affidati in gestione o amministrazione a un intermediario residente, devono essere comunque indicati in RW ai fini del monitoraggio fiscale (mentre in questi casi l’IVIE è assolta dall’intermediario e l’IVAFE invece non è dovuta, poiché in linea di principio è applicato dalla fiduciaria italiana il “bollo interno”). Tale situazione, comunque, si è già concretizzata in Unico 2014, in quanto, come ribadito nelle istruzioni del quadro RW, il più ristretto perimetro di esonero dalla compilazione dell’RW (che richiede l’applicazione della ritenuta) si applica già a partire dal periodo di imposta 2013, mentre la “nuova” ritenuta, ora abrogata e di fatto mai applicata, avrebbe dovuto riguardare i flussi percepiti dal 2014 in poi (semplificando, in teoria, la compilazione dell’RW da Unico 2015).
Nulla cambia dal punto di vista reddituale: i redditi in esame continuano, come in passato, a dover essere riportati negli appositi quadri della dichiarazione, trattandosi di redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente.