10 Dicembre 2014

AdE: obbligo di motivazione degli atti a tutela del contribuente

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24793/2014, ha statuito che attraverso un’adeguata motivazione dell’atto impositivo il contribuente deve essere posto in condizione di conoscere effettivamente la pretesa avanzata dall’Ente impositore, ciò al fine di potere debitamente valutare l’opportunità di adire la via giudiziale per contestarne l’an ed il quantum debeatur.

Il carattere dell’adeguatezza, che necessariamente deve contraddistinguere la motivazione propria dell’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria rivolge pretese di natura tributaria nei confronti dei contribuenti, è difatti valutato come imprescindibile direttamente dal Legislatore.

L’ordinanza in esame, dunque, ribadisce con fermezza questo aspetto.

La vicenda processuale trae origine dalla pronuncia resa dalla C.T.P. di Terni, che con sentenza n. 32/3/2009 aveva accolto il ricorso presentato da due contribuenti avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni relativo ad imposte di registro, ipotecarie e catastali emanato in loro danno dall’Agenzia delle Entrate.

A detta dell’A.d.E. gli importi richiesti erano dovuti in virtù della revoca dei c.d. “benefici prima casa” dei quali avrebbero beneficiato i ricorrenti relativamente all’acquisto di un immobile (per una quota parte del 50% ciascuno).

Parte ricorrente aveva dunque provveduto ad impugnare l’avviso de quo, tacciandolo (oltre che di infondatezza) anche di carenza motivazionale, in quanto il medesimo sarebbe stato adottato sul mero presupposto che l’immobile in questione risultasse ascrivibile al novero di quelli “di lusso” secondo il disposto dell’art. 5 del D.M. 02.08.1969.

A fronte dell’accoglimento del ricorso introduttivo, l’A.d.E. aveva promosso appello innanzi la C.T.R. Perugia, che, con sentenza n. 208/1/2011 del 19.10.2011, aveva accolto le doglianze così presentate.

Tale decisione (che nel prosieguo sarebbe stata clamorosamente “smentita” dall’ordinanza della Corte di Cassazione in esame) si fondava sull’assunto che l’avviso impugnato motivasse in maniera sufficiente la pretesa impositiva contestata dai contribuenti, come avrebbe peraltro attestato il fatto stesso che i soggetti interessati avessero proposto istanza di annullamento in autotutela prima e ricorso innanzi il Giudice Tributario poi.

I contribuenti adivano dunque la Suprema Corte, denunciando, tra le altre cose, che l’avviso de quo si limitasse (una volta definito l’immobile oggetto di attenzione quale “di lusso”) ad operare un mero rinvio alle disposizioni normative di riferimento ed ai risultati dei controlli operati dall’Agenzia del Territorio (controlli che, peraltro, a loro volta sottolineavano il profilo tecnicamente “lussuoso” dell’immobile astenendosi al contempo dal fornire maggior dettagli in merito).

Inoltre, a detta dei ricorrenti, la sentenza della C.T.R. di Perugia avrebbe erroneamente dedotto la sussistenza della motivazione dell’atto impositivo impugnato dal fatto che gli stessi avessero esperito la via dell’annullamento in autotutela e successivamente del ricorso innanzi l’autorità giurisdizionale proponendo le relative eccezioni sul merito della controversia, anziché evidenziare la lacunosità della motivazione del medesimo.

Questo aveva infatti operato un richiamo apodittico a testi normativi asseritamente violati ed ai dati catastali relativi all’immobile oggetto della controversia, allorquando, nell’opinione dei ricorrenti, avrebbe dovuto cogliere le carenze nella motivazione che avevano effettivamente impedito agli stessi i difendersi adeguatamente.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso così proposto, smentisce recisamente quanto statuito dal Giudice dell’appello in merito alla (asserita) sussistenza della controversa motivazione.

Sottolinea infatti la Corte come tale valutazione non possa né debba operarsi ex post utilizzando quale parametro il comportamento concretamente assunto dai contribuenti interessati in sede preprocessuale o processuale.

Il giudizio sulla sussistenza (o l’insussistenza) dell’adeguata motivazione deve, al contrario, essere effettuato preventivamente dal giudice a ciò deputato e deve vertere sull’effettiva capacità di quest’ultima di porre il contribuente nella condizione di difendersi dalla pretesa fiscale avanzata nei suoi riguardi.

In forza del rispetto delle previsioni di legge a ciò appositamente dedicate, la motivazione, nel delineare la materia del contendere, deve dunque non ostare all’esercizio del diritto di difesa, specificando gli aspetti che suffragano le pretese dell’Amministrazione finanziaria a discapito delle ragioni fatte valere dei contribuenti (cui certamente gioverà la portata garantista dell’esaminata ordinanza, che chi scrive ritiene assolutamente condivisibile).