Adempimento collaborativo: il punto della situazione
di Alberto Fontana – Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di VicenzaIl regime dell’adempimento collaborativo, introdotto con il D.Lgs. 128/2015, è un istituto che si pone l’obiettivo di un costruttivo rapporto di fiducia tra l’Amministrazione e il contribuente, al fine di raggiungere maggiori livelli di certezza sulle questioni fiscali. La volontà del legislatore è quella di prevedere nuove modalità di interlocuzione costante e preventiva con l’Agenzia delle entrate, dando al contribuente la possibilità di prevenire e di valutare congiuntamente con l’Amministrazione le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o del decorso delle relative scadenze fiscali.
Al ricorrere dei requisiti soggettivi, di cui si ricorda il principale di natura dimensionale, ovverosia essere soggetti residenti o non residenti (con stabile organizzazione in Italia) con un volume d’affari o di ricavi non inferiore a:
- euro 750.000.000 per gli anni 2024 e 2025;
- euro 500.000.000 per gli anni 2026 e 2027;
- euro 100.000.000 a partire dal 2028.
E al ricorrere dei requisiti oggettivi rappresentati sostanzialmente dall’adozione di un sistema di controllo del rischio fiscale o “Tax Control Framework”, per aderire al regime basta inoltrare la domanda, con apposito modello ministeriale, in via telematica. Verificata la sussistenza dei requisiti, l’Agenzia delle entrate comunica l’ammissione al regime entro i successivi 120 giorni.
Al fine di definire le linee guida contenenti le indicazioni per la costruzione e l’aggiornamento del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (Tax control framework), è stata instaurata una collaborazione tra l’Organismo italiano di Contabilità (OIC) e l’Agenzia delle Entrate. Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia n. 383481/2024 ha, infatti, voluto insediare un tavolo tecnico per definire le apposite linee guida, di cui all’articolo 4, comma1-quater, D.Lgs. 128/2015, per costituire il Tax control framework, di cui devono dotarsi i contribuenti che vogliono aderire al regime dell’adempimento collaborativo.
Il Legislatore vorrebbe favorire la transizione da un “Modello aperto” ad un “Modello Certificato” e maggiormente “standardizzato” e la sinergia tra O.i.c. ed Agenzia dovrebbe servire proprio alla stesura di specifiche istruzioni in ordine alla mappatura e alla gestione dei rischi derivanti dai principi contabili adottati dal contribuente.
In attesa della pubblicazione delle linee guida, attualmente in bozza, si può comunque rilevare che tale sistema, come indicato all’articolo 4, comma 1, D.Lgs. 128/2015, dev’essere in grado di assicurare:
- una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione del contribuente in relazione ai rischi fiscali;
- efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
- efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive;
- una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi.
Il Tcf deve, pertanto, prevedere una serie di elementi obbligatori per garantire la sua efficacia; tra i più importanti ci sono: la strategia fiscale approvata dal CdA in cui siano evidenziati gli obiettivi della pianificazione fiscale e la propensione al rischio dell’impresa, l’individuazione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti coinvolti nella gestione fiscale, un sistema di monitoraggio che conduca ad una relazione agli organi di gestione al fine di consentirne una sua valutazione ed un’eventuale correzione.
Tra i documenti necessari per accedere al regime di adempimento collaborativo di rilevante importanza si richiama la mappa dei rischi e dei controlli fiscali, la quale deve riportare anche i rischi derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente. Infatti, il Tcf dev’essere integrato in conformità ai principi contabili per assicurare la correttezza del controllo interno e dell’informativa finanziaria-contabile che determinano il dato contabile da cui deriva, poi, quello fiscale.
L’adesione al regime comporta diversi effetti premiali di natura fiscale che sono elencati all’articolo 6, D.Lgs 128/2015, tra i quali i più importanti sono:
- l’accesso ad una procedura abbreviata di interpello preventivo, in relazione alla quale l’interpellante ravvisa rischi fiscali;
- procedure per la regolarizzazione della posizione del contribuente in caso di adesione alle indicazioni dell’Agenzia delle entrate, che comportano la necessità di effettuare ravvedimenti operosi, prevedendo un contradditorio preventivo;
- la disapplicazione integrale delle sanzioni amministrative se si comunicano i rischi fiscali in modo tempestivo ed esaudiente, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o del decorso delle relative scadenze fiscali e la riduzione a metà delle sanzioni per le condotte riconducibili ai rischi fiscali non significativi ricompresi nella mappa dei rischi;
- la previsione di non punibilità relativamente alle fattispecie di reato di dichiarazione infedele (articolo 4, D.Lgs. 74/2000) per quelle condotte ricomprese all’interno dei rischi di natura fiscale comunicati tempestivamente prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o del decorso delle relative scadenze fiscali.
A questi vantaggi si aggiungono, poi, anche quelli di natura non fiscale come, ad esempio:
- un miglioramento della reputazione nei confronti di tutti gli stakeholder;
- una maggiore efficienza nei processi aziendali e;
- una riduzione delle incertezze fiscali.
Altro requisito importante del Tcf è la sua certificazione, attraverso le modalità di recente indicate nel Decreto MEF-Giustizia del 12.11.2024. La valutazione del Tcf dev’essere effettuata da un professionista dotato di requisiti di onorabilità ed indipendenza, sussistenti durante l’intero periodo intercorrente tra l’assunzione dell’incarico e il rilascio della certificazione.
Per quanto concerne, invece, al requisito della professionalità, il Regolamento, fa riferimento alla conoscenza nelle materie di: sistemi di controllo interno e gestione dei rischi, principi contabili e diritto tributario.
Questa attività di certificazione è riservata ai soggetti iscritti nell’apposito elenco tenuto dal Consiglio nazionale forense e dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, istituito con un loro apposito Regolamento, ad ogni modo il certificatore d’essere, dunque, un avvocato o un commercialista.
L’attività di valutazione da parte del professionista, si conclude con il rilascio della certificazione con la quale si dichiara se il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali risponde ai requisiti ed è impostato in modo coerente con le linee guida previste dal D.Lgs 128/2015.
L’attività di certificazione, come indicato nel Regolamento, deve valutare il sistema di controllo interno su due livelli: quello dei processi generali di controllo (company level) e quello dei processi volti a mitigare i singoli rischi (activity level). Sarà poi fondamentale individuare le eventuali carenze riscontrate, ai fini dell’affidabilità del sistema integrato di gestione e controllo dei rischi fiscali.
Nel regolamento, infine, si precisa che la certificazione ha durata triennale e dev’essere aggiornata una volta scaduto il triennio.
Nell’iter percorso fino ad oggi e volto a rendere pienamente attuativo il regime dell’adempimento collaborativo, di cui al D.Lgs 128/2015, si segnalano le modifiche apportate dal D.Lgs 221/2023 volte a potenziare il regime. L’emanazione del Codice di condotta, reso effettivo con la pubblicazione del D.M. 29.04.2024 in G.U. del 07.06.2024, e finalizzato ad indicare e definire gli impegni che reciprocamente assumono l’amministrazione finanziaria e i contribuenti aderenti, ex articolo 5, comma 2-bis. L’emanazione del Decreto Mef-Giustizia, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che, a norma dell’articolo 4, comma 1-ter, individua i compiti e i requisiti che devono possedere i professionisti abilitati al rilascio della certificazione del Tfc. La pubblicazione del Regolamento del MEF per disciplinare la procedura per la regolarizzazione della posizione del contribuente attraverso il ravvedimento guidato di cui al Decreto 126/2024.
Mentre sarebbe ancora in attesa, stante a quanto legiferato dal D.Lgs 128/2015: la pubblicazione delle linee guida dell’Agenzia delle entrate relative alla redazione del Tfc, indicate all’articolo 4, comma 1-quater; il decreto MEF relativo alle modalità di applicazione del regime opzionale del sistema di controllo del rischio fiscale ex articolo 7-bis; i protocolli d’intesa tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, ex articolo 7, comma 1, al fine di cooperare e coordinarsi nell’esercizio dei poteri istruttori, agli effetti di cui agli articolo 33, comma 3 e 4, D.P.R. 600/1973 e articolo 63, comma 1 e 2, D.P.R. 633/1972.
Quello che ci si aspetta saranno, con molta probabilità, delle linee guida che garantiscano una standardizzazione del Tcf, al fine di poter rispondere alle esigenze di valutazione e controllo dell’Agenzia e a quelle dei certificatori che dovranno testarlo. Con la controindicazione che dei modelli troppo standardizzati potrebbero comportare l’effetto opposto: ossia un sistema che non sia in grado di intercettare sostanzialmente il rischio fiscale.