Adesione al PVC: alcuni profili critici
di Massimiliano TasiniPatrizia Pellegrini
L’art. 5 bis del D. Lgs. 218/1997 rubricato “Adesione ai Processi Verbali di Constatazione” disciplina uno degli strumenti deflattivi del contenzioso: l’adesione ai verbali contenenti violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto per i quali è prevista l’applicazione della disciplina dell’accertamento parziale.
La norma prevede la possibilità per il contribuente di aderire al contenuto integrale del PVC (e, dunque, relativamente a tutte le annualità verificate, con buona pace dell’autonomia dei periodi di imposta e dei singoli tributi) nel termine di 30 giorni dalla notifica dello stesso ottenendo, al contempo, la riduzione delle sanzioni ad 1/6 del minimo edittale.
Appare opportuno precisare che l’integralità dell’adesione non deve intendersi riferita a tutti i tributi di cui vi è contestazione nel PVC, ma unicamente a quelli afferenti le imposte sui redditi, ivi comprendendo tutte le imposte per le quali trovano applicazione le disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e l’IVA.
Cosa accade nel caso in cui la determinazione dei maggiori ricavi consegua al rilevamento (extracontabile) di costi certi e diretti e, dunque, deducibili ex art. 109, co. 4, lett. b) del TUIR?
O nel diverso caso (ma non troppo) in cui la differente e maggiore determinazione del reddito di un esercizio sia l’effetto dell’errata imputazione a periodo di un costo? In questi casi, è noto, l’Amministrazione Finanziaria ha confermato la possibilità per il contribuente di deduzione di quel costo nell’effettivo esercizio di competenza (circolare 31/E/2013), ed altresì di compensare, in sede di definizione del procedimento di accertamento con adesione, l’imposta dovuta con quella che darebbe diritto al rimborso di quanto indebitamente versato.
La condivisibile impostazione dell’Agenzia è evidente traduzione (finalmente) dei principi di rango costituzionale di capacità contributiva (art. 53) e di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione (art. 97), oltre che del principio di buona fede e leale collaborazione espresso dall’art. 10 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000).
Ebbene, per rispondere alle domande poste, non può che ritenersi, sia nell’uno che nell’altro caso, che sia preclusa al contribuente la possibilità di aderire al PVC, fatta salva la rinuncia al diritto al riconoscimento di costi effettivamente sostenuti, con evidente aggravio di imposte, lesione del principio di uguaglianza e capacità contributiva, posto che l’Agenzia delle Entrate è l’unica titolare del potere autoritativo di rettificare l’imposizione fiscale dei contribuenti.
In tutta evidenza, una siffatta penalizzazione del contribuente non sembra in linea con il sistema, il quale riconosce ed ammette la deducibilità di costi certi e diretti, ancorché non rilevati contabilmente (art. 109 Tuir) ed altresì accorda la possibilità di emendare l’errore di non corretta imputazione temporale.
Nemmeno può dirsi che tale sia l’effetto, pur se indesiderato, voluto dal legislatore con l’introduzione dell’istituto de qua. Sul punto, la stessa Agenzia delle Entrate (circolare 4/E/2009), nell’ultimo capoverso del paragrafo 2.2 (Cause di esclusione) ha ammesso la possibilità che la preclusione di cui al comma 1-quinquies dell’art. 5/218 (definizione dei contenuti degli inviti al contraddittorio preceduti da PVC non aderiti) non operi qualora l’invito si discosti dai contenuti del processo verbale, con specifico riguardo agli imponibili e/o alle imposte oggetto delle violazioni accertate. In concreto, quindi, se l’Ufficio ritiene che la pretesa impositiva debba riguardare imponibili o imposte di entità diversa da quella risultante dal PVC (definibile ex art. 5 bis del D.Lgs. 218/1997), l’invito conseguentemente emesso resterà definibile per adesione ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis (anche ove si tratti di imponibili e/o imposte inferiori a quelle oggetto delle violazioni constatate).
Senza dubbio si tratta di un lodevole tentativo di sopperire alle deficienze del testo dell’art. 5 bis citato. Tuttavia, l’invito al contraddittorio è attività meramente discrezionale dell’Agenzia delle Entrate, né la stessa ha un preciso onere di controllo della piena legittimità del PVC al dettato normativo, ancorché sia comunque obbligata ad entrare nel merito dei rilievi, dovendo valutare la possibile parzialità dell’avviso di accertamento potenzialmente emanabile.
E dunque rimane, come sempre, il richiamo forte alle garanzie costituzionali che non possono (devono) essere lettera morta, ma divenire un preciso dovere dell’Amministrazione Finanziaria, immanente nell’esercizio delle sue funzioni, al fatto che i generali interessi legittimi dei contribuenti trovino sempre adeguata tutela.