Tuttavia, nel caso in cui le parti decidano convenzionalmente di derogare alla previsione di cui all’articolo 2561 comma 2 del codice civile, la titolarità del diritto di deduzione degli ammortamenti torna a poter essere esercitata esclusivamente dal concedente. Si può dunque prevedere nel contratto di affitto, una espressa deroga al codice civile, e stabilire che del deperimento dei beni aziendali si è tenuto conto nella determinazione del canone di affitto, che dunque risulta comprensivo anche delle quote di ammortamento figurativamente determinate sui beni oggetto del trasferimento.
La deroga convenzionale presenta dunque l’indubbio vantaggio di semplificare notevolmente la gestione contabile e fiscale dei cespiti. Essa è tuttavia sconsigliabile laddove il concedente sia un imprenditore individuale (o un ente non commerciale) che affitta l’unica azienda, in tal caso infatti egli non potrà comunque portare in deduzione l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, posto che per effetto di tale operazione perde la qualifica di imprenditore e la titolarità del relativo reddito. In tali circostanze, dunque, una deroga pattizia all’obbligo di mantenimento dell’efficienza dell’azienda produrrebbe la deprecabile conseguenza di rendere definitivamente indeducibile l’ammortamento.
Quando la deducibilità dell’ammortamento sui cespiti compresi nell’azienda affittata compete all’affittuario, quest’ultimo deve determinarne l’ammontare facendo riferimento al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente, utilizzando i coefficienti di ammortamento stabiliti per il settore di appartenenza dell’affittuario. Chiaramente gli ammortamenti potranno essere effettuati dall’affittuario nei limiti del valore dei beni che non risulta esser stato già ammortizzato dal concedente.
Si noti che la normativa non precisa le modalità con cui l’affittuario deve venire a conoscenza del costo ammortizzabile dei beni aziendali e delle quote di ammortamento già dedotte dal concedente. Una soluzione operativa, che potrebbe consentire all’affittuario di mettersi al riparo da eventuali responsabilità tributarie derivanti da un’errata comunicazione dei predetti dati da parte del concedente, potrebbe essere l’allegazione al contratto di affitto di una copia autenticata del registro beni ammortizzabili o delle scritture inerenti i cespiti. In seguito è consigliabile l’istituzione di un proprio registro dove riportare i dati provenienti dalla contabilità del concedente.
È bene precisare a questo punto che la funzione degli ammortamenti accantonati dall’affittuario non è quella di ripartire il costo di acquisto in più esercizi in base al periodo di utilizzazione del bene, quanto piuttosto quella di accantonare annualmente una somma destinata a ripristinare l’efficienza e la produttività aziendale. Il “fondo ammortamento” assume in questo caso la natura non di posta rettificativa dell’attivo, ma di un fondo di accantonamento oneri futuri che si potrebbe denominare ad esempio “fondo reintegro cespiti azienda in affitto”.
In alternativa, come visto sopra, si può prevedere una deroga tra le parti ai normali oneri contrattuali e tenere sollevato l’affittuario dall’obbligo di conservare l’efficienza dei beni aziendali, considerando già compreso l’onere economico connesso a tale adempimento nel canone di affitto stabilito. In questo caso, il concedente continua nella gestione dei cespiti aziendali come impostata prima dell’affitto, portando in deduzione dal proprio reddito di impresa le quote di ammortamento ai sensi dell’articolo 102, comma 8 del TUIR. L’affittuario, invece, iscriverà nella propria contabilità il solo canone passivo stabilito nel contratto.