La formulazione della citata disposizione normativa – articolo 14, D.Lgs. 192/2024 – recepisce nel suo insieme le passate previsioni di affrancamento, seppur con alcune differenze.
Sotto il profilo oggettivo, l’articolo 14 richiama in modo generico “I saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi, in sospensione di imposta (…)”, non prevedendo alcuna specifica esclusione. Considerato che l’Agenzia delle entrate in diverse occasioni, si veda la circolare n. 310/E/1994 e la circolare n. 40/E/2002, ha affermato che sono riconducibili a tale categoria di riserve e fondi “quelli per i quali l’imposizione è rinviata al momento in cui ne avviene la distribuzione ovvero a quello in cui si verifica uno dei presupposti che determinano il venire meno del regime di sospensione” si può affermare che rientrano in tale categoria di riserve tutti quei fondi iscritti a seguito di puntuale previsione normativa, quali ad esempio:
- le leggi di rivalutazione dei beni d’impresa (L. 342/2000 e successive);
- le leggi riferite ai condoni (D.L. 429/1982; D.L. 413/1991);
- le disposizioni per lo sviluppo delle piccole imprese (L. 317/1991).
Ciò che emerge dall’impostazione di cui sopra è la possibilità di affrancamento delle sole riserve che hanno assunto la qualifica di “riserve in sospensione d’imposta”, ossia collegate al pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi o dell’Irap. In altri termini, considerato che le riserve iscritte, ad esempio, per effetto di una rivalutazione esclusivamente civilistica (si veda ad esempio l’articolo 15, D.L. 185/2008 e l’articolo 110, D.L. 104/2020) non possono assumere la qualifica di “riserve in sospensione d’imposta”, le medesime non possono essere oggetto dell’affrancamento in commento.
Ancora, sotto l’aspetto oggettivo, l’articolo 14 non prescrive l’obbligo di procedere con un affrancamento totale; di conseguenza l’ammontare delle riserve oggetto di affrancamento può essere anche parziale. L’unico limite “numerico” di verifica è rappresentato dall’ammontare delle riserve in sospensione d’imposta esistenti al 31.12.2023 e che residuano al 31.12.2024.
Sulla base di tale impostazione nel caso in cui:
- al 31.12.2023 le riserve in sospensione d’imposta siano pari a 100
- e nel corso del 2024 si sia realizzato un loro utilizzo per 30,
l’ammontare massimo affrancabile è dato dall’importo residuo al 31.12.2024, ossia pari a 70, con la possibilità di poter affrancare anche solo in modo parziale tale valore residuo considerato che la disposizione normativa prevede che tali fondi “possono essere affrancati, in tutto o in parte, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive nella misura del 10 per cento”.
Alla medesima conclusione di esclusione si giunge
- nel caso in cui l’impresa alla data del 31.12.2023, in regime di contabilità ordinaria, abbia delle riserve in sospensione d’imposta, ma dall’1.1.2024 adotta il regime della contabilità semplificata. In tale ipotesi, alla data del 31.12.2024 non residua alcuna riserva in sospensione d’imposta da affrancare; Si ricorda che, per effetto del passaggio di regime contabile, da contabilità ordinaria a contabilità semplificata, le riserve in sospensione d’imposta concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile nell’anno in cui il contribuente si avvale del regime di contabilità ordinaria (vedi circolare n. 57/E/2001).
- nell’ipotesi in cui l’impresa nel corso del 2023 abbia adottato il regime di contabilità semplificata e dall’1.1.2024 adotti la contabilità ordinaria. In tal caso, infatti, non sussiste la possibilità di soddisfare la condizione di “verifica” dell’ammontare delle riserve al 31.12.2023.
Con il versamento dell’imposta sostitutiva, nella misura del 10% dell’ammontare affrancato, in 4 quote annuali di pari importo, la riserva assume la qualifica di riserva libera, distribuibile e non imponibile per l’impresa che opera l’affrancamento, ma mantenendo l’originaria natura di riserva di utili o di capitali. Di conseguenza, nel caso di affrancamento di una riserva di utili in sospensione d’imposta la medesima diviene liberamente disponibile, con applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 47, comma 1, Tuir, che prevede l’applicazione della presunzione di prioritaria distribuzione delle riserve di utili rispetto alle riserve di capitali.
Tale impostazione determina effetti differenti in capo al socio, nel caso di distribuzione della ex riserva in sospensione d’imposta oggetto di affrancamento, dipendenti:
- dalla natura della società che opera l’affrancamento;
- dalla natura del socio beneficiario della distribuzione della medesima riserva.
Per i soci di società di capitali l’affrancamento non libera la tassazione in capo ai soci al momento della distribuzione della richiamata riserva, in quanto:
- nel caso di socio persone fisica, che detiene la partecipazione nella sfera privata, trova applicazione la ritenuta a titolo d’imposta del 26%;
- nel caso di socio persone fisica, che detiene la partecipazione nella sfera imprenditoriale, o società di persone trova applicazione l’articolo 59, Tuir, con conseguente imponibilità della riserva distribuita nella misura del 58,14%;
- nel caso di socio società di capitali trova applicazione l’articolo 89, Tuir, con conseguente imponibilità della riserva distribuita nella misura del 5%.
Nel caso di società di persone, invece, l’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta determina un effetto “liberatorio” per i soci, in quanto, secondo le indicazioni dell’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 33/E/2005 “l’affrancamento delle riserve in sospensione mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva produce i medesimi effetti che si sarebbero generati in caso di tassazione ordinaria”; di conseguenza, l’importo affrancato dalla società si considera imputato per trasparenza in capo al socio, senza scontare ulteriore imposizione.