13 Dicembre 2024

Agevolazione prima casa: il rientro esclude l’agevolazione per l’emigrato all’estero

di Francesca Benini
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L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello n. 238/2024, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’ambito di applicazione della c.d. agevolazione “prima casa”, per i soggetti che si trasferiscono all’estero per ragioni di lavoro.

In particolare, l’Agenzia delle entrate è stata chiamata a pronunciarsi in merito al caso di una contribuente che, dopo essere stata residente in Italia per diversi anni e aver prestato la propria attività lavorativa nel nostro Stato, si è trasferita all’estero per motivi di lavoro, iscrivendosi all’Aire.

Successivamente, tuttavia, la contribuente è rientrata temporaneamente in Italia, per collaborare nell’assistenza familiare, e ha iniziato a lavorare nel nostro Stato, con contratti di lavoro a tempo determinato.

Durante il periodo trascorso in Italia, la contribuente ha acquistato un immobile nel nostro Stato, fruendo della c.d. agevolazione “prima casa” e dichiarando in atto che “l’immobile è ubicato nel Comune ove intende stabilire la propria residenza entro diciotto mesi” dall’acquisto.

In un secondo momento, però, la contribuente si era resa conto di voler mantenere la residenza all’estero e l’iscrizione all’Aire e, dunque, si era rivolta all’Agenzia delle entrate per sapere se potesse approfittare delle nuove agevolazioni introdotte dall’articolo 2, D.L. 69/2023, relative ai soggetti che si trasferiscono all’estero per motivi di lavoro, rettificando, quindi, tramite un atto integrativo, la dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto.

La risposta dell’Agenzia delle entrate è stata negativa. Tale risposta non può che essere condivisa. Infatti, ai sensi del citato articolo 2, D.L. 69/2023, il legislatore italiano ha modificato le condizioni agevolative per accedere alle c.d. agevolazioni “prima casa” per i soggetti emigrati all’estero.

In particolare, in base alla nuova formulazione della lett. a), della Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, “se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni”, per l’accesso al beneficio è necessario che l’immobile acquistato sia ubicato “nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento”.

In altre parole, quindi, la novella legislativa prevede che il soggetto trasferito all’estero per ragioni di lavoro possa accedere alla c.d. agevolazione “prima casa”, nel caso in cui acquisti in Italia un’abitazione di categoria catastale diversa da A/1, A/8 o A/9 e rispetti congiuntamente le seguenti condizioni:

  • abbia risieduto o svolto la propria attività lavorativa in Italia per almeno 5 anni;
  • l’immobile acquistato in Italia sia ubicato nel Comune di nascita dell’acquirente, ovvero in quello in cui egli aveva la residenza o svolgeva l’attività prima di trasferirsi all’estero.

La citata novella legislativa, già prima della risposta a istanza di interpello in esame, era stata oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 3/E/2024.

In particolare, in tale documento di prassi, l’Agenzia delle entrate aveva espressamente chiarito che “il beneficio fiscale, in ragione dell’intervento normativo, viene pertanto ancorato a un criterio oggettivo, svincolandolo da quello della cittadinanza”.

L’Agenzia delle entrate, inoltre, in relazione al requisito della residenza/attività lavorativa in Italia per almeno 5 anni, aveva statuito che:

  • con il termine “attività lavorativa” si dovesse intendere ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione;
  • il requisito temporale “quinquennale” non dovesse essere necessariamente inteso in senso continuativo.

Da ultimo, l’Agenzia delle entrate, sempre con la medesima circolare n. 3/E/2024, aveva chiarito che il requisito del trasferimento all’estero per ragioni di lavoro “deve ritenersi riferibile a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro (non necessariamente subordinato) e deve sussistere già al momento dell’acquisto dell’immobile”.

Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, il trasferimento per ragioni di lavoro, verificatosi in un momento successivo all’acquisto dell’immobile, non consente di avvalersi del beneficio fiscale in questione.

Ebbene, sulla base di quest’ultimo chiarimento, l’Agenzia delle entrate, con la risposta a istanza di interpello oggetto di esame, ha ritenuto che, nel caso di specie, al momento dell’atto di acquisto, non sussisteva la condizione del “trasferimento all’estero”, in quanto la contribuente si trovava in Italia e ivi lavorava con contratti a tempo determinato.

A detta dell’Agenzia delle entrate, pertanto, la contribuente non è legittimata a rettificare, tramite un atto integrativo, la dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro il termine di 18 mesi dall’acquisto.