Agevolazioni prima casa: gli strani controlli di un Comune…
di Massimo Conigliaro
Ben “32 sopralluoghi effettuati dalla polizia locale ad ogni ora del giorno e della notte” ed un Comune che discetta sui consumi di acqua per la doccia o per lo sciacquone del water (!) per valutare la sussistenza o meno dei requisiti prima casa. E’ lo strano caso affrontato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, nella sentenza n.69/16/13 del 14 ottobre 2013.
Avrà pensato ad una vera e propria persecuzione la malcapitata contribuente trovatasi di fronte ad un controllo davvero incisivo (ed anche a dir poco invadente) del Comune di Sirmione, al termine del quale si è dovuta arrendere, di fronte a presunzioni che i giudici hanno qualificato come gravi, precise e concordanti.
La controversia verte sulla spettanza o meno delle agevolazioni prima casa ai fini ICI e sulla ripartizione dell’onere della prova. A fronte di una rettifica e conseguente disconoscimento del requisito di abitazione principale una signora proponeva ricorso chiedendo in via principale l’annullamento dell’avviso di accertamento, in via subordinata la conferma dell’aliquota ridotta ICI ed in via ulteriormente subordinata l’applicazione delle sanzioni anche al di sotto del minimo edittale.
Rappresentava la parte contribuente che la casa, nell’anno d’imposta interessato, era stata utilizzata come dimora abituale e produceva una serie di documenti dai quali si sarebbe dovuto evincere un diverso consumo di energia e di acqua rispetto a quelli contestati dal Comune.
L’ente impositore, già nella parte motivazionale dell’atto, rilevava che dalle verifiche dei consumi elettrici e dei consumi idrici vi era uno scostamento sensibile tra quanto consumato dalla contribuente nell’abitazione considerata dalla stessa come abitazione principale, in rapporto ai consumi medi rilevati dall’ISTAT.
Nella successiva costituzione in giudizio il Comune di Sirmione adduceva ulteriori elementi volti a rilevare l’assenza della signora all’interno dell’abitazione. Ma è con le memorie illustrative che le parti hanno dato il meglio di sé stesse, con elementi che la Commissione Tributaria ha definito ora “suggestivi” ora “lodevoli”: il confronto ha visto da una parte l’Amministrazione Comunale attaccare sulla scorta dei consumi di energia elettrica e di acqua desunti da dati Istat, elementi che la CTP ha ritenuto non dirimenti in quanto il consumo del contribuente potrebbe essere minore di quello indicato nella rilevazione ISTAT per svariati motivi (fortunatamente non precisati!). La sentenza riporta quindi – definendolo (sarcasticamente?) lodevole – il raffronto effettuato dalle parti sull’utilizzo della lavatrice, della doccia ed anche dello sciacquone del water (solo per citare alcuni degli elementi utilizzati per valutare i consumi): precisano, però, i giudici che questo paragone non può ritenersi di per sé elemento probante. Circostanza apprezzabile che dovrebbe evitare una nuova invettiva del garante per la privacy e che, dopo il redditometro, potrebbe stroncare una tale metodologia induttiva di accertamento.
La commissione tributaria di Brescia, tuttavia, si avventura ugualmente nella valutazione delle abitudini della contribuente, desumendone spunti decisivi ai fini della sentenza: “tali elementi assumono al contrario ben altra fisionomia qualora esaminati unitamente ad una serie di circostanze che, ancorché certamente desunte nel corso dell’anno 2012 e 2013, possono ben essere riferite anche all’anno 2007 … il comportamento normale della signora P. nel corso di questi anni, a detta della stessa contribuente è sostanzialmente sempre rimasto immutato. Tali circostanze sono quelle rappresentate dai legami che la ricorrente mantiene con il comune di Rezzato. Questo infatti è il luogo di residenza della ricorrente sino al momento in cui si è trasferita a Sirmione, ma sul citofono dell’immobile ove la sig.ra P. aveva la propria residenza vi è ancora il suo nominativo, le bollette per i consumi dell’acqua dell’abitazione di Sirmione sono spedite a Rezzato, i pagamenti delle ridette bollette, oltre a quella della TIA sempre dell’abitazione di Sirmione vengono però domiciliati su un conto corrente di un Istituto Bancario di Rezzato”.
Si legge ancora nella sentenza che “l’insieme di questi elementi, unitamente a quelli relativi ai consumi, riesce così a sostenere la pretesa fiscale, in quanto consente di concludere nel caso di specie, per la presenza di circostanze gravi, precise e concordanti nella ricostruzione operata dal Comune”.
Sappiamo che per poter pagare l’imposta in misura ridotta occorre che il contribuente oltre a detenere l’immobile a titolo di abitazione principale (in proprietà, usufrutto o altro diritto reale), vi dimori abitualmente. Ed in caso di contestazione sarà l’ente impositore a dover indicare gli elementi sui quali fonda le proprie presunzioni. Per il contribuente sarà bene comunque fornire la dimostrazione di abitare effettivamente nel luogo dichiarato, sperando di non dover anche aprire la porta del proprio bagno per dimostrare i consumi di acqua! Con buona pace della tanto declamata privacy.
15 Gennaio 2018 a 12:39
Buongiorno dr. Conigliaro,
in merito all’articolo pubblicato, vorrei chiederle un consiglio.
Mia figlia si trova in una situazione analoga di quella della sig.ra di Rezato, con la differenza che lei ha un’unica abitazione e quindi prima casa ma che abita poco per motivi di lavoro e studio. Il comune di residenza ha fatto un accertamento sui consumi di energia elettrica negli anni ed ha rilevato un consumo molto più basso rispetto alla media del comune capoluogo.
La domanda che sorge spontanea è: se una persona ha effettivamente una sola abitazione e poi per lavoro è costretto a spostarsi sul territorio nazionale, rimanendo assente per lunghi periodi, è normale che tutti i consumi dell’abitazione principale siano ridotti. Esiste qualche sentenza al riguardo; quale legge permette al comune di avanzare tali pretese?
La ringrazio moltissimo per la risposta.